tag:blogger.com,1999:blog-78302891417506213952024-02-07T19:06:22.391-08:00Gruppo di Piombinoblog ufficiale del Gruppo di Piombino (Salvatore Falci, Stefano Fontana, Pino Modica, Cesare Pietroiusti e Domenico Nardone)dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.comBlogger138125tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-28772144898621454572021-05-26T07:19:00.001-07:002021-05-26T07:19:21.249-07:00Salvatore Falci, "Conwith", 2019<p>
</p><p><i><span style="font-style: normal;">SALVATORE FALCI, </span></i><i><i>CONWITH</i></i><i> </i></p><p><i>galleria Casoli-de Luca, Roma, settembre 2019</i></p><p><i> </i>
</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5HEg5iB-OJnSdPUjY6r78fkghAU25WC9JSh1wSU3xIAvzjW-qVf2wpGqR0L2JMrS8cHncrGT8-XnXO9mV74c7GHCX-N3tmqsXIQa7vwiEc0sC1UaDRkWex7FPMECWvpopdRK92INuBbMz/s1024/Salvatore-Falci-1990-2019-Erba-Ponte-SantEufemia_CONWITH_CDL-1024x682.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="682" data-original-width="1024" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh5HEg5iB-OJnSdPUjY6r78fkghAU25WC9JSh1wSU3xIAvzjW-qVf2wpGqR0L2JMrS8cHncrGT8-XnXO9mV74c7GHCX-N3tmqsXIQa7vwiEc0sC1UaDRkWex7FPMECWvpopdRK92INuBbMz/w400-h266/Salvatore-Falci-1990-2019-Erba-Ponte-SantEufemia_CONWITH_CDL-1024x682.jpg" width="400" /> </a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><i>Ponte Sant'Eufemia, 1999-2019 </i><br /></div><p><span style="color: #04ff00;">comunicato stampa</span><br />
</p>
<p><i>CONWITH </i>è un gioco di parole bilingue che incarna il
principio cardine della quarantennale ricerca di Falci nel campo
delle arti visive: la necessità dell’<i>altro </i>nell’atto
della creazione artistica, la <i>con-presenza </i>come elemento
imprescindibile dell’opera d’arte.</p>
<p>“La sua teoria parte dal principio del non intervento diretto
dell'artista nell'opera”, scrive Roberto Pinto nel 1994, nella sua
introduzione all’opera dell’artista. “Studia, e mette in atto,
dei progetti dove interviene solo nella fase di preparazione, in modo
da non essere mai lui stesso da determinante del risultato. Questo è
creato, in modo del tutto spontaneo e naturale, dalla gente comune
durante lo svolgimento delle normali attività. Questo è infatti ciò
che interessa all'artista: raccogliere le testimonianze del
quotidiano, quei piccoli gesti apparentemente insignificanti, ma che
parlano della vera natura dell'individuo, quando è libero e
inconsapevole”. Per Falci è importante rendere visibile l’<i>altro</i>,
assistere all’evento del <i>caso</i>, che prende vita
dall’incontro indesiderato tra soggetto e oggetto. Per questo
motivo, l'artista è obbligato a studiare procedimenti che, a un
primo sguardo, si mostrano asettici, lontani dall’idea comune di
opera d'arte. Solo in un secondo tempo, a seguito dell'intervento
esterno dell’uomo, possono definirsi compiutamente <i>Arte.
</i>Proprio questa intenzione è l’origine della ricerca condivisa
con Pino Modica e Stefano Fontana, ai quali, più tardi, si aggiunge
Cesare Pietroiusti, dando vita nei primi anni Ottanta, al sodalizio
artistico identificato come Gruppo di Piombino. Nel 1983 progettano
insieme un’opera sotto forma di indagine sull’ambiente, che
analizza i rapporti tra persone e oggetti, attraverso gesti
quotidiani. L’esperimento <i>SOSTA 15 MINUTI</i>, successivamente
presentato ai Giardini della Biennale del 1984, invita i passanti a
sedersi su delle sedie, nonostante queste siano al tempo stesso
limite e oggetto da contemplare. Da questo momento comincia una sorta
di “colloquio urbano” in cui gli artisti si immettono nel flusso
della comunicazione degli abitanti della città, nei luoghi comuni di
scambio sociale, registrando le risposte. Non sono i comportamenti
eclatanti il perno dell’interesse di Salvatore Falci; l’artista
non vuole evidenziare ciò che è straordinario, ma si concentra
sull’annotazione dei comportamenti “banali”. Da questo percorso
di ricerca, nel 1984 nascono gli studi sui <i>Vetri, </i>in cui le
lastre, sovrapposte ai tavoli di uso pubblico, sono verniciate di
nero e ne registrano i graffi e le usure. Nel 1986, emerge l’esigenza
di introdurre nella riflessione anche gli arti inferiori: con i suoi
<i>Pavimenti</i>, Falci non utilizza più vetro ma pedane con
strati di vernice. In occasione della mostra alla galleria
CASOLI • DE LUCA, l’artista ha ripensato i luoghi della sua
indagine artistica, installando l’opera <i>Pavimento Oro Liceo
Lorenzo Lotto </i>(2019) in un una scuola di Trescore e il <i>Pavimento
Argento Smerigliatura Stillegno </i>(2019) in una fabbrica: due
spazi che accolgono vite tra loro differenti e raccontano il vissuto
del luogo senza volerne realizzare un recupero, cambiando il punto di
vista per sperimentare nuovi esiti.</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyj7glKbtEhiu1fQY0BXjjd42uTMHdMTNS9D3QsmhUS00fhEO3OkX-on7YeZoHMibnJ0og5LG3_x9TTGv4S5HbFTaKGca94HRWNpYfCP2lcNw9DHiPJfksO56zQBzqtb5xHs-U91iCu4_F/s1280/Falci+1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="853" data-original-width="1280" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyj7glKbtEhiu1fQY0BXjjd42uTMHdMTNS9D3QsmhUS00fhEO3OkX-on7YeZoHMibnJ0og5LG3_x9TTGv4S5HbFTaKGca94HRWNpYfCP2lcNw9DHiPJfksO56zQBzqtb5xHs-U91iCu4_F/w400-h266/Falci+1.jpg" width="400" /> </a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><i>Veduta dell'istallazione </i><br /></div><p></p>
<p>I <i>Pavimenti </i>sono progettati in modo da rilevare per
<i>scratching </i>solo tracce anomale o particolarmente intese
- come l’azione di strusciare, cadere o graffiare - mentre non
vengono rilevate le impronte del normale camminare. Il risultato
rimanda a una forma di espressionismo attivata involontariamente dal
pubblico. Articolano il percorso espositivo anche le <i>Casse
di imballaggio, </i>opere in legno, masonite e cera che
costituiscono una variante dei <i>Pavimenti</i>: 5 elementi che nel
1988 furono utilizzati per imballare i lavori che Stefano Fontana
inviò alla Biennale di Venezia. Da questa linea creativa e
comportamentale, nascono i primi <i>Letti </i>(1988), in
spugna sintetica e velluto, opere sensibili che registrano fedelmente
perfino un’impronta digitale e permettono di aggiungere un’azione
sopra l’altra. Installati in una discoteca, in una <i>garçonniere </i>e
in una palestra, vengono declinati anche nella variante <i>Puff </i>(1989).</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhd3GeS7V5GsqpCjFqK5Y5aDZLpYK7y4NVZUvND1wYYbYuuXGxtg3dZoPIo3-iUWEIkA_hs7cikqWqlVMBWFXy37IyPJ9VfeAblzHm6EpFd-NJCIMVknQg23IBjMMcbag0nE1Sd-Bo_vWqs/s1061/falci+puff+rosso%252C+1988.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1061" data-original-width="1061" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhd3GeS7V5GsqpCjFqK5Y5aDZLpYK7y4NVZUvND1wYYbYuuXGxtg3dZoPIo3-iUWEIkA_hs7cikqWqlVMBWFXy37IyPJ9VfeAblzHm6EpFd-NJCIMVknQg23IBjMMcbag0nE1Sd-Bo_vWqs/s320/falci+puff+rosso%252C+1988.jpg" /></a></div><div style="text-align: left;"> <i>Puff rosso</i>, tecnica mista, 1989<br /></div><div><p></p>
<p>Per <i>CONWITH</i>, l’artista ha deciso di rigenerare l’<i>Erba
del Ponte di Sant’Eufemia, </i>un lavoro presentato alla Biennale
del 1990. La rigenerazione nasce dall’esigenza di coniugare le
esperienze della traccia, al di là della presenza fisica in cui
permane una memoria verificabile.</p>
<p>Questa riflessione trae origine da <i>Ponte di
Venezia </i>(1990), nata dal desiderio di realizzare opere
capaci di visualizzare il processo della disseminazione e della
dispersione. Tavole di forex con una miscela di segatura e semi,
ricoprono il ponte Sant’Eufemia a Venezia per 24 ore. Il composto
viene disseminato e disperso dai passanti e successivamente l’artista
preleva i pannelli cosi connotati, li trasferisce in una serra e li
annaffia fino a quando l’erba non cresce e non realizza una
visualizzazione del vissuto trascorso.</p>
<p>La lunga carriera di Salvatore Falci diventa punto d’osservazione
privilegiato del comportamento umano: le abitudini cambiano da luogo
a luogo, da popolo a popolo. L’artista comincia così ad analizzare
le mutazioni di queste abitudini comuni che presenta nella video
installazione <i>Silent Communication </i>(1998) presente
in mostra a sigillo di una ricerca silenziosa e costante.L’artista
promuove da sempre incontri e seminari dove cerca di coinvolgere lo
spettatore per renderlo consapevole del ruolo attivo che potrebbe
avere nello sviluppo delle teorie artistiche e di conseguenza
nell'evoluzione della società.</p>
<p style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</p>
<p><style type="text/css">P { margin-bottom: 0.21cm; }</style></p></div>dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-47856999771525664192021-03-31T05:10:00.002-07:002021-03-31T10:05:49.532-07:00Simona Antonacci, Mi sono sempre chiesta cosa facciano le opere quando vanno a dormire<div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><span style="color: black;"><span style="font-size: 11pt;"><span><span lang="it-IT"><b>Mi
sono sempre chiesta cosa facciano le opere quando vanno a dormire.<br /></b></span></span></span></span><span style="font-size: 11pt; text-align: left;">di
Simona Antonacci</span></span></div><p align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: times;">pubblicato in catalogo della mostra <i>Salvatore Falci, Conwith</i>, galleria Casoli-de Luca, Roma, 2019</span></p><p align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: times; font-size: 11pt;">Il
prato che ha invaso la “sala grande” della galleria Casoli De
Luca a Roma, in occasione della mostra di Salvatore Falci, ci porta
indietro di quasi trent’anni. È il 1990 quando l’artista
dissemina segatura e semi su una lastra di forex su un ponte di
Venezia per 24 ore. Il passaggio di persone e oggetti modifica,
trasforma e diffonde questa miscela, che viene poi umidificata,
trasferita in serra, innaffiata e riportata su una lastra. Nasce
l’erba.</span></span></p><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><span style="font-size: 11pt; text-align: left;"><span lang="it-IT">Realizzata
in occasione della XLIV Biennale di Venezia, </span></span><span style="font-size: 11pt; text-align: left;"><span lang="it-IT"><i>Aperto
90</i></span></span><span style="font-size: 11pt; text-align: left;"><span lang="fr-FR">,
l</span></span><span style="font-size: 11pt; text-align: left;"><span lang="it-IT">’opera
viene esposta nella sede dell’Arsenale e poi riallestita l’anno
successivo nel nuovo spazio espositivo di Domenico Nardone, la
galleria Alice a via di Monserrato</span></span><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote1sym" name="sdfootnote1anc" style="font-size: 11pt; text-align: left;"><sup>1</sup></a><span style="font-size: 11pt; text-align: left;">.</span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><span style="font-size: 11pt; text-align: left;"><br /></span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFzWp0dqUHANOYUK-b6hZMyXNGp81NhP-DlVDgmbnW5Qq-8APzxp4sUhBEl9N09tqGYhwtKw9wvPbpp_XOSaAyCJJKsQ9W4XHSbuXcKX-CQPYyxgfbWwGgMG_kOLRhP-1gl_Cv0-MRmLnY/s954/Falci+ponte+sant%2527eufemia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="632" data-original-width="954" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFzWp0dqUHANOYUK-b6hZMyXNGp81NhP-DlVDgmbnW5Qq-8APzxp4sUhBEl9N09tqGYhwtKw9wvPbpp_XOSaAyCJJKsQ9W4XHSbuXcKX-CQPYyxgfbWwGgMG_kOLRhP-1gl_Cv0-MRmLnY/w400-h265/Falci+ponte+sant%2527eufemia.jpg" width="400" /></a></div><div style="text-align: center;"> Salvatore Falci, <i>Ponte Sant'Eufemia</i>, galleria Casoli-de Luca, Roma, 2019 </div></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT"><i>Ponte
Sant’</i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="de-DE"><i>Eufemia</i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">
è </span></span><span style="font-size: 11pt;">un</span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">’opera
cardine della fase “piombinese” di Falci e allo stesso tempo
apre, nella riproposizione nella Galleria Casoli-De Luca di Roma,
nuove possibilità di senso.</span></span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">In
linea con i principi di base della proposta piombinese, l’opera si
configura come un esperimento che presuppone un progetto, una
reazione differenziata e una verifica rigorosa</span></span><a class="sdfootnoteanc" href="#sdfootnote2sym" name="sdfootnote2anc" style="font-size: 11pt;"><sup>2</sup></a><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">.
In particolare, come già nei primi lavori esposti nella Galleria
Lascala di Domenico Nardone, Falci propone un arretramento
dell’autore in favore di una creazione condivisa: nella negazione
della propria presenza, l’artista propone una situazione-stimolo di
carattere relazionale. Se nella prima fase della sua produzione
(</span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT"><i>Itaj-doshin,
Pavimenti, Letti, Puff) </i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">gli
oggetti dislocati da Falci accolgono le tracce del corpo umano in
movimento o in posizione statica, con le serie </span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT"><i>Vasch</i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">e
e </span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT"><i>Fiumi</i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">
e con </span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT"><i>Ponte
Sant’</i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="de-DE"><i>Eufemia</i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">
il campo d’indagine si estende: l’attenzione si rivolge a
contesti in cui l’azione dell’uomo si ibrida con quella degli
elementi naturali e con quella degli altri uomini.</span></span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-size: 11pt;"><span style="font-family: times;">Traslitterando
nel campo dell’arte un procedimento che rimanda al metodo
sperimentale scientifico, Falci indaga i principi della dispersione e
dell’entropia, cercando di contraddirli: la realtà si rivela
percorsa da dinamiche invisibili di cui Falci prova a cogliere il
senso ritmico e l’andamento, replicando il metodo dello scienziato
nel tentativo di trovare regole nel caos dell’esistenza.</span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">I
movimenti e i gesti delle persone, così come il soffiare del vento e
la pioggia, sono dunque gli “agenti” involontari che definiscono
una configurazione estetica unica e irripetibile: è questa che, in
un equilibrio unico di caso e caos, viene fissata nel tempo,
dislocata nello spazio discorsivo del sistema dell’arte e resa
potenzialmente imperitura. Un cambio di campo semantico che trasforma
la natura e il valore di questa “</span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="en-US">creatura</span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">”
definitivamente.</span></span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">Ma
poi la mostra finisce e per l’opera, per ogni opera, inizia una
fase che la porta lontana dalle pareti del museo che gli hanno
attribuito </span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT"><i>quel</i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">
valore. Cosa accade quando l’opera entra in quel letargo – lungo
trent’anni in questo caso – in cui non è allestita?</span></span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><span style="font-size: 11pt;">Mi
sono sempre chiesta cosa facciano le opere quando vanno a dormire. Se
sono ancora “vive”, se sono ancora “loro” quando stanno
chiuse in deposito o in una galleria o in uno studio, quando insomma
sono sottratte a quello sguardo che </span><span lang="it-IT">ha
il potere di conferirgli di nuovo significato, di riattivarne il
potere. Le possiamo considerare ancora opere d’</span><span lang="zh-TW">arte?
</span><span lang="it-IT">In
questi anni quale è stata la “natura” dell’erba bruciata di
</span><span lang="it-IT"><i>Ponte
Sant’</i></span><span lang="de-DE"><i>Eufemia</i></span><span lang="zh-TW">?</span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">Per
quanto riguarda tanti interventi “concettuali”, sappiamo che è
il progetto a trattenere la memoria dell’opera “in potenza”,
progetto che riposa nel più evocativo dei casi tra le carte
dell’artista e, più frequentemente oggi, nelle cartelle di un pc.
Ma mi sembra un luogo freddo in cui stare e poi nessuna matrice
“fisica” dell’opera c’è</span></span><span style="font-size: 11pt;">.
C</span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">’è la
memoria del progetto, dell’idea, ma nulla che ne trattenga,
potremmo dire, l’</span></span><span style="font-size: 11pt;">anima.</span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">E
forse anche Falci ha pensato questo quando, invece di scegliere la
soluzione (forse più scontata) di lasciare solo la traccia
immateriale di un progetto da ripetere occasionalmente nel tempo, ha
deciso invece di bruciare i residui dell’erba e di conservarli per
quasi trent’anni. Era importante, infatti, che la nuova
installazione fosse prodotta proprio a partire da quell’erba
sedimentata in </span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT"><i>quel</i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">
momento su </span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT"><i>quel</i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">
ponte di Venezia, in quanto portatrice di una “memoria”
specifica: nell’erba bruciata è la traccia di ciò che è stato,
il principio simbolico e fisico di una continuità nel tempo, della
persistenza di una traccia mnemonica, l’</span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="nl-NL"><i>engramma</i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">
di un evento, potremmo dire.</span></span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-size: 11pt;"><span style="font-family: times;">E
se questa scelta può sembrare secondaria, o addirittura romantica,
svelando un desiderio di eternità per un intervento originariamente
effimero, in realtà questo scarto si rivela cruciale e offre lo
spunto per una comprensione più profonda del lavoro e del ruolo che
Falci immagina per sé e per l’opera.</span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">La
possibilità di “ri-attivare” </span></span><span style="font-size: 11pt;">l</span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">’opera,
infatti, ha a che fare non solo con gli aspetti sottesi alle pratiche
del re-enactment e con il superamento di un’idea di opera sempre
uguale a sé stessa: nella proposta di Falci l’aspetto rilevante è
che il centro non è nel progetto, ma nell’evento. È per questo
che le sue opere (così come quelle realizzate dagli altri artisti
del gruppo di Piombino) sono spesso difficili da definire e
inquadrare: perché scivolano via sia dalle maglie delle pratiche
concettuali, che da quelle dell’arte pubblica tout court e
relazionali o proto-relazionali, pur stando a contatto con tutte
loro. In questo muoversi in modo non convenzionale sulla soglia dei
campi e delle definizioni trovo molto di “piombinese”</span></span><span style="font-size: 11pt;">.</span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">Del
resto è proprio in uno spazio di frontiera che l’esperienza dei
Piombinesi ha sempre agito: lontani dall’idea (peraltro
predominante in quei controversi anni Ottanta in cui nasce il gruppo)
di un’opera d’arte definita e chiusa, autoreferenziale; lontani
dall’approccio personalistico dell’artista come “autore” </span></span><span style="font-size: 11pt;">e
</span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">“creatore”
e lontani anche da un modello organizzativo statico e gerarchico,
propongono invece una interpretazione collettiva e mobile dei modelli
di gruppo e di galleria (che, non a caso, tenta di andare “fuori da
sé”, nello spazio del quotidiano)</span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">.
E, soprattutto, testardamente intenzionati a situare la pratica
artistica in uno spazio liminale e anarchico di “non piena
consapevolezza”, di ambiguità dell’intervento, che è definito
infatti </span></span><span style="font-size: 11pt;"><i>subliminale</i></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">,
perché finalizzato a determinare una reazione spontanea e non
convenzionale.</span></span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: times;"><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">Oltre
a tutto questo </span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT"><i>Ponte
Sant’</i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="de-DE"><i>Eufemia</i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">
nella sua versione del 2019 offre una ulteriore indicazione sulla
figura dell’artista: non solo attivatore ma anche e soprattutto
</span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT"><i>custode</i></span></span><span style="font-size: 11pt;">.
C</span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">’è
qualcosa di molto intimo nell’atto di raccogliere e preservare le
tracce di quell’evento di trent’anni fa, che avvicina la figura
dell’artista più a quella del curatore che a quella del creatore. </span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">Che
in fondo mi fa pensare a quella di un padre affettuoso che rimbocca
le coperte all’opera-</span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT"><i>evento</i></span></span><span style="font-size: 11pt;"><span lang="it-IT">
per custodirla nel tempo. Anche quando dorme.</span></span></span></div><div style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-inside: auto; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
<div id="sdfootnote1">
<p align="LEFT" lang="it-IT" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; break-after: auto; break-before: page; break-inside: auto; line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: times;"><i><u><br /></u></i></span></p><p align="LEFT" lang="it-IT" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; break-after: auto; break-before: page; break-inside: auto; line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: times;"><i><u>Note</u></i>:</span></p>
</div></div><div id="sdfootnote1">
<p align="LEFT" lang="it-IT" style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-before: page; break-inside: auto; line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: times; font-size: x-small;"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote1anc" name="sdfootnote1sym">1</a><sup><b> </b></sup><span style="font-size: 9pt;"><span lang="it-IT">
</span></span><span style="font-size: 9pt;"><span lang="it-IT"><i>Salvatore
Falci</i></span></span><span style="font-size: 9pt;"><span lang="it-IT">.
</span></span><span style="font-size: 9pt;"><span lang="it-IT"><i>Ponte
Sant'Eufemia,</i></span></span><span style="font-size: 9pt;"><span lang="it-IT">
aprile 1991. La galleria Alice viene aperta dopo l’esperienza
milanese in cui il gruppo di Piombino collabora con il gallerista
Sergio Casoli.</span></span></span></span></p>
</div><p>
</p><div id="sdfootnote2">
<p align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="background: rgb(255, 255, 255); break-after: auto; break-before: page; break-inside: auto; line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: times; font-size: x-small;"><a class="sdfootnotesym" href="#sdfootnote2anc" name="sdfootnote2sym">2</a><sup> </sup><span style="font-size: 9pt;"><span lang="it-IT">
«Il nocciolo della teoria che andavo elaborando verteva sulla
possibilità di produrre un’arte sperimentale, la cui efficacia
fosse cioè verificabile, analogamente a quanto avviene per le
ipotesi scientifiche, attraverso specifiche procedure» D. Nardone
in </span></span><span style="color: black;"><span style="font-size: 9pt;"><span lang="it-IT"><i>Ritorno
a Piombino. Salvatore Falci, Stefano Fontana, Pino Modica, Domenico
Nardone, Cesare Pietroiusti</i></span></span></span><span style="font-size: 9pt;"><span lang="it-IT">,
a cura di Domenico Nardone, catalogo della mostra presso galleria
Primo Piano, gennaio-febbraio 1999, Roma, pag. 4.</span></span></span></span></p>
</div><p align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="background: #ffffff; font-style: normal; font-weight: normal; line-height: 150%; margin-bottom: 0cm; orphans: 2; page-break-after: auto; page-break-inside: auto; text-decoration: none; widows: 2;"><br /></p>dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-61642877624710624862021-03-26T23:35:00.000-07:002021-03-26T23:35:26.534-07:00In morte di Massimo Trotta<p><br /></p><p style="margin-bottom: 0cm;">Il 25 marzo è morto di covid Massimo
Trotta. Conobbi Massimo sul finire degli anni '80, quando, assieme a
Pierfrancesco Pompei e Marco Rossi Lecce, stava per aprire la
galleria “Il Campo”. Iniziammo quasi da subito una frequentazione
quotidiana – andavamo a pranzare da <i>Armando</i>, vicino a piazza
del Pantheon dove si trovava la loro galleria – e Massimo si
appassionò entusiasticamente al lavoro del gruppo di Piombino che
volle invitare al completo nella collettiva d'apertura della
galleria. La sua ancorché breve esperienza di gallerista (conclusasi
nel 1992) rimase da quel momento sempre fortemente legata al Gruppo
di Piombino nell'ottica militante dei nostri “anni buoni”. Fu tra
gli organizzatori della fondamentale mostra “Storie” (1991) e
ospitò nella sua galleria le mostre personali di Pino Modica (<i>Buono
di prenotazione d'acquisto</i>, 1992) ed Henry Bond (1992). Con lui
se ne va un amico sincero con cui ho condiviso le battaglie e gli
anni migliori della mia vita. Che la terra ti sia lieve, Massimo.</p>dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-27813363688981428242021-03-15T10:33:00.002-07:002021-03-25T00:07:29.482-07:00Giulia de Santis, Il Gruppo di Piombino e l’arte relazionale dagli anni sessanta ad oggi, tesi di diploma, Accademia Albertina di Belle Arti Torino, 2021.<b>Giulia de Santis, <i>Il Gruppo di Piombino e l’arte relazionale dagli anni sessanta
ad oggi</i>, tesi di diploma, Accademia Albertina di Belle Arti, Torino, 2021.</b><div><br /></div><div><b> Introduzione </b></div><div><br /></div><div>Con l’elaborazione della tesi dal titolo<i> Il Gruppo di Piombino e
l’arte relazionale dagli anni sessanta ad oggi</i> si è voluto esaminare,
approfondire e valorizzare l’esperienza del Gruppo dalla metà degli anni Ottanta
fino agli inizi anni Novanta, permettendomi di ripensare a come sono riusciti,
in maniera soddisfacente, a ragionare sui problemi legati alla realtà che li
circondava. L’esperienza piombinese fu il risultato della convergenza di due
contesti operativi: il Gruppo 5 a Piombino e il critico d’arte Domenico Nardone
a Roma, affacciatosi dapprima al Centro di Studi Jartrakor, fondato da Sergio
Lombardo, per poi - necessitando di portare la sperimentazione artistica fuori
dai luoghi deputati all’arte, in spazi in cui le convenzioni d’uso e di
contemplazione stereotipata dell’oggetto non possano inibire i comportamenti
individuali – allontanarsi dal Gruppo di Jartrakor e fondare la galleria Lascala
a Roma nel 1983. Nell’elaborato di tesi si vuole inoltre ricostruire un ante e
un post Gruppo di Piombino, analizzando gli esordi dell’arte pubblica in Italia
nei decenni Sessanta e Settanta con i modelli delle prime mostre e happening
nello spazio urbano, come <i>Parole sui muri </i>(1967-1968), <i>Arte Povera + azioni
Povere</i> (1968),<i> Al di là della pittura </i>(1969), <i>Campo urbano. Interventi estetici
nella dimensione collettiva urbana</i> (1969) ed infine <i>Volterra ’73</i> (1973). Ho
trattato delle posizioni militanti tra arte e politica che animarono gli anni
Settanta e della stagione dei collettivi, tutti formatici per condivisione di
ideali politici: Il Collettivo Autonomo di Porta Ticinese, Gli Ambulanti, Il
Gruppo Salerno 75 e il Laboratorio di Comunicazione Militante. Questi
risultarono i gruppi più attivi, la cui volontà comune fu di riesaminare le
logiche dell’autorialità, di dare sostanza alla parola società, di estendere la
creatività ad una collettività chiaramente identificata nei soggetti sociali, di
criticare la cultura istituzionale e di inventarsi luoghi alternativi di
produzione (1). Dall’esperienza di Maria Lai ad Ulassai nel 1981 con <i>Legarsi
alla montagna</i> venne rimesso in gioco l’assunto del coinvolgimento attivo di un
pubblico percepito come “soggetto”, dopo la transizione spartiacque incarnata
dalla crisi di ideologie e dai vari ritorni alla pittura ed al privato (2);
compaiono riscritture dei nessi tra artista, pubblico e contesti territoriali.
Queste esperienze “relazionali” – di cui fanno parte la sopracitata Maria Lai,
il Gruppo di Piombino e Wurmkos - possono essere considerate dei “ponti” che
traghettano dagli anni Settanta agli anni Novanta, nei quali avviene la
diffusione di pratiche relazionali ed urbane, con personalità come Umbaca,
Progetto Casina, Premiata Ditta, Artway of Thinking, Emilio Fantin, Eva
Marisaldi, Cesare Viel, Marco Vaglieri, Annalisa Cattani, Marianne Heier, Nicola
Pellegrini, Ottonella Mocellin, il gruppo Stalker, la curatela del collettivo
a.titolo e molti altri. Si ridesta l’interesse per lo spazio cittadino in
concomitanza con i cambiamenti sociopolitici su scala nazionale ed
internazionale e si ritrovano affinità e discontinuità con le esperienze degli
anni Sessanta e Settanta. L’elaborazione arriva fino agli anni più recenti in
cui vi è un “ritorno” di azioni partecipative ed urbane (3). Ho voluto procedere
per ordine cronologico per poter osservare i mutamenti in base alle esigenze
storiche, attraverso i passaggi generazionali degli artisti, focalizzandomi su
alcuni casi studio scelti in base alla loro rilevanza storica. Ho reperito
diverso materiale fotografico messo a disposizione da diversi autori citati
nell’elaborato, ringraziando in particolar modo Salvatore Falci, Stefano
Fontana, Pino Modica, Cesare Pietroiusti e Domenico Nardone nella ricostruzione
della loro esperienza piombinese. <div><br /></div><div><u><i>Note</i></u>: </div><div>(1) Alessandra Pioselli, L’arte nello
spazio urbano. L’esperienza italiana dal 1968 ad oggi, Johan & Levi editore,
2015, p 59</div><div>(2) Alessandra Pioselli, Arte e scena urbana. Modelli di intervento e
politiche culturali pubbliche in Italia tra il 1968 e il 1981, in L’arte
pubblica nello spazio urbano, a cura di Carlo Birrozzi e Martina Pugliese, Bruno
Mondadori, 2007, p.31 </div><div>(3) Alessandra Pioselli, L’arte nello spazio urbano.
L’esperienza italiana dal 1968 ad oggi, Johan & Levi editore, 2015
</div></div><div><br /></div><div>
<p align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="color: black;"><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="font-size: small;"><b> SOMMARIO</b></span></span></span></span></span></p>
<p align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm; text-decoration: none;"><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><b>INTRODUZIONE..........................................................................4</b></span></span></span></p>
<p align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm; text-decoration: none;"><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><b>CAPITOLO
I...................................................................................7</b></span></span></span></p>
<p align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><span style="font-weight: normal;">1.2
Modelli di mostre e di happening nello spazio urbano</span></span></span><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><b>...............10</b></span></span></span></span></span></p>
<p align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><span style="font-weight: normal;">1.3
La militanza tra arte e politica: la stagione dei
collettivi</span></span></span><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><b>............23</b></span></span></span></span></span></p>
<p align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm; text-decoration: none;"><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><b>CAPITOLO
II..................................................................................37</b></span></span></span></p>
<p align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><span style="font-weight: normal;">2.2
Non c’è arte senza politica: Maria Lai, </span></span></span><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><i><span style="font-weight: normal;">Legarsi
alla montagna</span></i></span></span><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><span style="font-style: normal;"><b>..39
</b></span></span></span></span></span></span>
</p>
<p align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">2.3
Le esperienze del Gruppo di
Piombino</span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><span style="font-style: normal;"><b>.......................................44</b></span></span></span></span></span></span></p>
<p align="LEFT" style="font-style: normal; margin-bottom: 0cm; text-decoration: none;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><b>CAPITOLO
III................................................................................81</b></span></span></span></p>
<p align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">3.2
Gli esordi di
Wurmkos</span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><span style="font-style: normal;"><b>................................................................82
</b></span></span></span></span></span></span>
</p>
<p align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">3.3
Relazioni, deambulazioni ed identità nella città postindustriale</span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><span style="font-style: normal;"><b>.85</b></span></span></span></span></span></span></p>
<p align="LEFT" style="font-style: normal; margin-bottom: 0cm; text-decoration: none;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><b>CONCLUSIONE.............................................................................112</b></span></span></span></p>
<p align="LEFT" style="font-style: normal; margin-bottom: 0cm; text-decoration: none;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><b>BIBLIOGRAFIA.............................................................................114</b></span></span></span></p>
<p align="LEFT" style="font-style: normal; margin-bottom: 0cm; text-decoration: none;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><b>SITOGRAFIA..................................................................................116</b></span></span></span></p>
<p align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="color: black;"><span style="text-decoration: none;"><span style="font-style: normal;"><b>APPENDICE....................................................................................117</b></span></span></span></span></span></span></p><br /></div>dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-55305569188146231372020-02-06T10:38:00.000-08:002020-02-06T10:38:01.873-08:00Alessandra Pioselli, La partecipazione involontaria. Inizi e lasciti del Gruppo di Piombino.<span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><b>La
part</b></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><b>ecipazione
involontaria. Inizi e lasciti del Gruppo di Piombino </b></span><br />
<div style="margin-bottom: 0cm; page-break-before: always;">
<span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">di <span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">Alessandra
Pioselli</span></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; page-break-before: always;">
<span style="font-family: Microsoft PhagsPa;"></span> </div>
<div style="margin-bottom: 0cm; page-break-before: always;">
<span style="font-family: Microsoft PhagsPa;"><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif;">Relazione per il convegno “L'Arte Relazionale prima di Nicolas Bourriaud. Gli anni '80 e '90 in Italia: Gruppo di Piombino – Progetto Oreste -Stalker”, Macro Asilo, Roma 16 marzo 2019.</span><br /><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif;">Pubblicato negli </span><i style="background-color: white; color: #222222; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif;">Atti del Convegno</i><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif;">, a cura di Francesca Franco, Macro Asilo Diario, fasc. 16/03, Roma 2019.</span></span></div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<span style="color: black;"><span style="font-family: Cambria, serif;"><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">«Negli
anni sessanta e settanta chi puntava su elementi di partecipazione e
sugli aspetti cognitivi dell’opera lo faceva per mutare il
contesto: Falci, Modica, Pietroiusti e Fontana si accontentano di
rilevarlo»</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote1sym" name="sdfootnote1anc"><sup>1</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">.
Nonostante il “coinvolgimento delle persone” rimanga focale nella
genesi del lavoro dei Piombinesi, per comprendere la misura di tale
distanza tra le pratiche artistiche nella stagione della
“partecipazione popolare” e l’approccio dei quattro artisti,
che si presentano per la prima volta assieme come gruppo nel 1987</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote2sym" name="sdfootnote2anc"><sup>2</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">,
bisogna fare un passo indietro fino alla realizzazione della prima e
unica opera collettiva di Salvatore Falci, Stefano Fontana e Pino
Modica. Si tratta delle cinque sedie di colori diversi collocate in
strada a Populonia nel 1983, con un cartello che ne indica l’uso,
</span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><i>Sosta
15 minuti</i></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">,
e portate abusivamente l’anno dopo alla Biennale di Venezia, nei
giardini. Nell’autunno del 1984 alla galleria Lascala di Roma,
aperta da Domenico Nardone con Daniela De Dominicis e Antonio
Lombardi, le sedie sono esposte assieme a grafici statistici sul
genere e il numero di persone che le hanno utilizzate in base al
colore. Come le sedie, anche gli oggetti d’uso comune alla base di
altre opere come i </span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><i>Contenitori
ideologici</i></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">
(1985) di Fontana, il </span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><i>Rilevatore
estetico</i></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">
(1985) di Modica o di </span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><i>Itaj-Doshin
</i></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">(1984-85)</span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><i>
</i></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">di
Falci,</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote3sym" name="sdfootnote3anc"><sup>3</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">
dichiarano una funzione quotidiana. Le persone li adoperano con
facilità senza avere del tutto contezza, tuttavia, che questi
oggetti possiedono una “doppia personalità”, come scrive
Nardone</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote4sym" name="sdfootnote4anc"><sup>4</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">.
Per quanto quotidiani, essi servono a stimolare e a registrare gesti
spesso involontari, comportamenti inconsapevolmente creativi compiuti
dalle persone. Nardone innesta sulla storia dei Piombinesi
l’esperienza del Centro Studi Jartrakor da cui si distacca nel
1983, ritenendo che “la produzione di eventi” andasse testata in
contesti fuori dalla galleria e con pubblici non allertati</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote5sym" name="sdfootnote5anc"><sup>5</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">.
Nardone legge nel lavoro di Falci, Modica e Fontana, la possibilità
di trasferire il discorso in una dimensione più aperta e urbana.
L’esperienza di Jarkatror è condivisa da Cesare Pietrouisti.</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote6sym" name="sdfootnote6anc"><sup>6</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">
Con </span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><i>N
Titoli</i></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">
(1987), l’artista si sposta fuori dal contesto della galleria con
una processualità vicina a quella dei tre Piombinesi: nel bar </span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><i>Il
desiderio preso per la coda</i></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">
di Roma, dove Nardone trasferisce l’attività espositiva alla fine
del 1985, l’artista lascia sui tavolini tovagliette di carta per
poi esporle come erano state scribacchiate dagli avventori. Se le
differenze tra i quattro Piombinesi non sono affrontabili in questo
breve testo, sia sufficiente considerare che nelle operazioni di
questo breve giro d’anni la partecipazione delle persone avviene
involontariamente. L’involontarietà garantisce che il gesto sia
spontaneo. L’artista registra. L’opera è concepita come un
esperimento, la cui efficacia è pertanto «verificabile,
analogamente a quanto avviene per le ipotesi scientifiche, attraverso
specifiche procedure»</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote7sym" name="sdfootnote7anc"><sup>7</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">.
Le operazioni sociali degli anni settanta rimanevano spesso fuori
dalla cornice espositiva e perseguivano una partecipazione
consapevole, con finalità spesso pedagogiche o politiche: le energie
che si sarebbero liberate coscientemente avrebbero trasformato
l’individuo riverberando sul corpo sociale, con prospettive di
cambiamento. Le azioni mimetiche dei Piombinesi puntano a rilevare
dati più che proporre mutamenti sociali: annotano comportamenti,
sollecitano meccanismi non volontari, slittamenti della coscienza.
«La trasformazione dell’esperienza quotidiana […] è ottenuta a
mezzo di strategie morbide» e la “modificazione subliminale” è
preferita al modello dell’</span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><i>agit-prop</i></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">,
chiarisce Nardone</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote8sym" name="sdfootnote8anc"><sup>8</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">.
Per il critico l’arte conserva una funzione sociale nel provocare
«trasformazioni in ambiti volutamente circoscritti e locali
dell’esperienza»</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote9sym" name="sdfootnote9anc"><sup>9</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">.
Il soggetto sostituisce la classe sociale, la valenza psicologica
quella sociologica. Enrico Crispolti lo nota prontamente nel 1985,
cogliendo l’ “azione partecipata” di Falci, Fontana e Modica in
un momento in cui l’attenzione per questo tipo di operatività
cooperativa è del tutto storicamente calato, sottolineando che nel
caso dei tre autori “la partecipazione è comportamento,
psicologica”</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote10sym" name="sdfootnote10anc"><sup>10</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">.
</span></span></span><br />
<br />
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; orphans: 2; widows: 2;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: Cambria, serif;"><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">I
Piombinesi calibrano la distanza anche dalle coeve tendenze
neo-espressioniste, post-astrattiste e citazioniste che postulano in
vari modi, tra gli altri aspetti, il ritorno all’immagine. Falci
ricorda il bisogno di andare nella direzione contraria
all’affermazione dell’autorialità dell’artista, identificata
nei cosiddetti “ritorni alla pittura”, verso una dimensione più
aperta e non competitiva, verso l’altro</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote11sym" name="sdfootnote11anc"><sup>11</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">.
Pietroiusti domanda come misurarsi con i ritorni all’immagine
pittorica</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote12sym" name="sdfootnote12anc"><sup>12</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">.
Gli artisti del Gruppo di Piombino non rinunciano all’immagine ma
provano che può essere il risultato della gestualità quotidiana. La
processualità diventa di nuovo centrale. Le operazioni dei
Piombinesi si svolgono in luoghi extra-artistici. In galleria si
verificano i dati ottenuti e i materiali manipolati dalle persone.
L’artista è artefice del prelievo del dato. Falci lo chiama
</span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><i>ready-made</i></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">
esperienziale</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote13sym" name="sdfootnote13anc"><sup>13</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">.
L’opera è frutto di una serie di parametri e il caso gioca un
ruolo rilevante. La matrice è nel Situazionismo e altrettanto nelle
pratiche concettuali. Questo modo di procedere torna a mettere in
dubbio lo statuto dell’autore, dell’opera e della cornice
espositiva, come fa </span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><i>Sosta
15 minuti</i></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">,
operazione “illecita” all’interno della cornice istituzionale.
Alla metà degli anni ottanta sono diverse le voci che si allontanano
dai postmodernismi pittorici e affini. Tra il 1985 e il 1988 diventa
più evidente. Nardone difende il progetto moderno dell’avanguardia:
una presa di posizione militante sul ruolo dell’opera e dell’autore
contraria alle formulazioni citazioniste e transavanguardiste, che si
esercita attraverso una strategia di coesione tra artisti, critico e
gallerista. Gli artisti del Gruppo di Piombino partono a una data
precoce e con le peculiarità di cui si è detto. Nella prima metà
degli anni ottanta essi sono tra i pochi, se non gli unici, a testare
in modo programmatico la pratica nello spazio urbano. Il lascito
dell’esperienza dei Piombinesi sta nel considerare l’artista
colui che sollecita comportamenti prima che produrre oggetti e
l’opera un processo relazionale, nella messa in crisi
dell’autosufficienza dell’opera, nella creazione di
micro-situazioni, nel valore dato agli elementi del vissuto e del
quotidiano. La dimensione relazionale delle pratiche diventa evidente
in Italia tra gli ultimi anni ottanta e la prima metà dei novanta,
ma la definizione di “arte relazionale” non tiene conto della
pluralità delle interpretazioni. Le esperienze italiane esprimono,
oltre a ciò, caratteristiche distintive rispetto alla nota
argomentazione di Nicolas Bourriaud</span><sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif; font-size: small;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote14sym" name="sdfootnote14anc"><sup>14</sup></a></span></sup><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;">.
Ancora la “relazionalità” diventa qualcosa di diverso rispetto
alla visione del Gruppo di Piombino. Comunque, non si sentirà più
la necessità di ribadire la distanza dagli anni settanta.</span></span></span></div>
<br />
<br />
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; orphans: 2; widows: 2;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><u>Note</u></span><br />
</div>
<div id="sdfootnote1">
<div align="JUSTIFY" class="sdfootnote">
<a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote1anc" name="sdfootnote1sym">1</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
A. Vettese, </span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><i>Falci,
Fontana, Modica, Pietroiusti</i></span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">,
in “Flash Art”, Milano, n. 188, gennaio-febbraio 1988,
recensione della prima collettiva dei quattro artisti in galleria
presso lo Studio Casoli e Il Milione di Milano. </span></span>
</div>
</div>
<br />
<div id="sdfootnote2">
<div align="JUSTIFY" class="sdfootnote">
<a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote2anc" name="sdfootnote2sym">2</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
Pietroiusti si unisce a Falci, Fontana e Modica nel 1987, in
occasione della mostra presso lo stand di Sergio Casoli alla </span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><i>II
Internazionale d’Arte Contemporanea</i></span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
di Milano, quando i quattro artisti sono presentati per la prima
volta come Gruppo di Piombino.</span></span></div>
</div>
<br />
<div id="sdfootnote3">
<div align="JUSTIFY" class="sdfootnote">
<a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote3anc" name="sdfootnote3sym">3</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
Nel 1985 Nardone propone le prime mostre personali in galleria dei
tre di Piombino, con questi lavori. </span></span>
</div>
</div>
<br />
<div id="sdfootnote4">
<div align="JUSTIFY" class="sdfootnote">
<a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote4anc" name="sdfootnote4sym">4</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
D. Nardone, </span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><i>Ritorno
a Piombino </i></span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">(Roma,
Galleria Primo Piano, </span></span><strong><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="font-weight: normal;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">gennaio-febbraio</span></span></span></span></strong><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
1999), Galleria Primo Piano, Roma 1999, s.p.</span></span></div>
</div>
<br />
<div id="sdfootnote5">
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; orphans: 2; widows: 2;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: Cambria, serif;"><span style="font-size: small;"><a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote5anc" name="sdfootnote5sym">5</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
Il Centro Studi Jarkator è fondato da Sergio Lombardo a Roma nel
1977 con l’aiuto di Cesare Pietroiusti e di Anna Homberg. Lombardo
fissa i principi dell’Eventualismo cui Nardone dà un fondamentale
apporto sulle pagine della </span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><i>Rivista
di Psicologia dell’Arte</i></span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">,
dopo aver avvicinato il Centro nel 1979. </span></span></span></span></span>
</div>
</div>
<br />
<div id="sdfootnote6">
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; orphans: 2; widows: 2;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: Cambria, serif;"><span style="font-size: small;"><a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote6anc" name="sdfootnote6sym">6</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
Cesare Pietroiusti vi partecipa fino al 1985.</span></span></span></span></span></div>
</div>
<br />
<div id="sdfootnote7">
<div align="JUSTIFY" class="sdfootnote">
<a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote7anc" name="sdfootnote7sym">7</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
D. Nardone, </span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><i>Ritorno
a Piombino</i></span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">,
op. cit., s.p.</span></span></div>
</div>
<br />
<div id="sdfootnote8">
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; orphans: 2; widows: 2;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: Cambria, serif;"><span style="font-size: small;"><a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote8anc" name="sdfootnote8sym">8</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
D. Nardone (a cura di), </span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><i>Salvatore
Falci Stefano Fontana Pino Modica Cesare Pietroiusti </i></span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">(Firenze,
Galleria Vivita - Milano, </span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);"> </span></span></span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">Studio
Casoli, </span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">6
febbraio - 2 aprile</span></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Arial, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">
</span></span></span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">1988),
Galleria Vivita-Studio Casoli, Firenze-Milano 1988, p. 8. </span></span></span></span></span>
</div>
</div>
<br />
<div id="sdfootnote9">
<div align="JUSTIFY" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; orphans: 2; widows: 2;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: Cambria, serif;"><span style="font-size: small;"><a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote9anc" name="sdfootnote9sym">9</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
Ivi, p. 9. </span></span></span></span></span>
</div>
</div>
<br />
<div id="sdfootnote10">
<div align="JUSTIFY" class="sdfootnote">
<a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote10anc" name="sdfootnote10sym">10</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
E. Crispolti (a cura di), </span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><i>Una
nuovissima generazione nell’arte italiana</i></span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
(Siena, Fortezza Medicea, agosto 1985), Edizioni Periccioli, Siena
1985, s.p. Crispolti avvertì la necessità di creare in mostra la
sezione </span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><i>Azione
partecipata</i></span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
apposta per i tre artisti.</span></span></div>
</div>
<br />
<div id="sdfootnote11">
<div align="JUSTIFY" class="sdfootnote">
<a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote11anc" name="sdfootnote11sym">11</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
Salvatore Falci, testimonianza rilasciata a chi scrive, 2013, in A.
Pioselli, </span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><i>L’arte
nello spazio urbano. L’esperienza italiana dal 1968 a oggi</i></span></span><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">,
Johan&Levi, Monza 2015, p. 106.</span></span></div>
</div>
<br />
<div id="sdfootnote12">
<div align="JUSTIFY" class="sdfootnote">
<a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote12anc" name="sdfootnote12sym">12</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
Pietroiusti, testimonianza rilasciata a chi scrive, 2013.</span></span></div>
</div>
<br />
<div id="sdfootnote13">
<div align="JUSTIFY" class="sdfootnote">
<a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote13anc" name="sdfootnote13sym">13</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
Falci, testimonianza rilasciata a chi scrive, 2013, in A. Pioselli,
op. cit., p. 109.</span></span></div>
</div>
<br />
<div id="sdfootnote14">
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/editor/static_files/blank_quirks.html#sdfootnote14anc" name="sdfootnote14sym">14</a><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">
N. Bourriaud, </span></span><em class="western"><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;">Esthétique
relationnelle, </span></span></em><span style="font-family: Microsoft PhagsPa, sans-serif;"><span style="font-size: x-small;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">Les
presses du réel, Paris 1998.</span></span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="background: rgb(255, 255, 255); margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" class="sdfootnote">
<br />
</div>
</div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-18022200240087716132020-02-02T03:00:00.000-08:002020-02-04T09:34:15.962-08:00Lucilla Meloni, Il Gruppo di Piombino: processualità, partecipazione involontaria e persistenza dell’opera<br />
<div align="JUSTIFY" style="line-height: 115%; margin-bottom: 0cm; page-break-before: always;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;"><b>Il
Gruppo di Piombino: processualità, partecipazione involontaria e
persistenza dell’opera</b></span></div>
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">di Lucilla Meloni</span><br />
<br />
<span style="background-color: white; color: #222222; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13.2px;">Relazione per il convegno “L'Arte Relazionale prima di Nicolas Bourriaud. Gli anni '80 e '90 in Italia: Gruppo di Piombino – Progetto Oreste -Stalker”, Macro Asilo, Roma 16 marzo 2019.</span><br />
<span style="background-color: white; color: #222222; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13.2px;">Pubblicato negli </span><i style="background-color: white; color: #222222; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.2px;">Atti del Convegno</i><span style="background-color: white; color: #222222; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13.2px;">, a cura di Francesca Franco, Macro Asilo Diario, fasc. 16/03, Roma 2019.</span><br />
<br />
<br />
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"> Che
questa giornata di studio e di testimonianze avvenga dopo l’
“</span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i>Underground</i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">
eventualista” – gli incontri che hanno ripercorso la storia del
Centro Studi Jartrakor, fondato da Sergio Lombardo a Roma nel 1977,
nel quale si sono formati tanto Domenico Nardone che Cesare
Pietroiusti, concorrendo allo sviluppo della Teoria eventualista
formulata da Lombardo – è una fortunata coincidenza</span><sup><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/u/1/blogger.g?blogID=7830289141750621395#sdfootnote1sym" name="sdfootnote1anc"><sup>1</sup></a></span></sup><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Infatti
proprio la necessità di una rivisitazione dei presupposti
dell’Eventualismo porta Nardone, nel corso del 1982, a ipotizzarne
un diverso sviluppo: a quel punto per il critico l’ “opera-stimolo”
doveva varcare i confini del laboratorio, cioè di Jartrakor, per
disseminarsi nello spazio pubblico. Decide dunque di fondare con
Daniela De Dominicis e Antonio Lombardi la galleria militante
Lascala, che sarà la sede in cui alla fine del 1984 il Gruppo di
Piombino presenterà </span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i>Sosta
quindici minuti</i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">La
mia riflessione ruoterà intorno alla singolare esperienza del Gruppo
di Piombino, che negli anni ottanta ha sviluppato una ricerca
completamente in controtendenza rispetto a una </span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i>koiné</i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">
incentrata sul primato dell’individualità e dell’autorialità. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">In
quel decennio infatti emerge nella pratica dell’arte l’urgenza di
riappropriarsi dei linguaggi tradizionali e, concettualmente, il
rifiuto della intenzionalità politica che aveva caratterizzato in
molta parte il decennio precedente. Viene così riaffermata l’idea
dell’opera d’arte intesa quale luogo auratico, portatrice di una
distanza che recideva il filo, più o meno evidente, che aveva
collegato le molteplici declinazioni dell’opera “partecipata”:
in cui l’intervento del pubblico dell’arte o della gente comune
portava a compimento, sempre in maniera consapevole, il progetto
dell’artista. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">In
quel momento le pratiche di matrice collettiva diventano
improvvisamente obsolete, legate al clima contestatario degli anni
sessanta e settanta e anche per questa sua “solitudine”, la
formazione del gruppo di Piombino è significativa. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Nato
dall’incontro tra Salvatore Falci, Stefano Fontana, Pino Modica e
Domenico Nardone, cui si deve l’impianto teorico, ad esso si unisce
poco dopo Cesare Pietroiusti. La sua storia, seppur breve, ha
rappresentato infatti un originale intervento nella realtà, ha
ricollegato arte e vita quotidiana, e ha comportato la ri-definizione
dell’oggetto d’arte. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Se
il gruppo eredita, dall’avanguardia e dalla neoavanguardia, la
messa in campo della processualità come momento centrale del lavoro,
rielabora poi questo passaggio in maniera del tutto inedita nella
successiva formalizzazione dell’opera. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">La
prima novità rispetto alle formazioni collettive del decennio
precedente, di cui proprio qui al Macro Asilo abbiamo parlato nel
convegno di novembre</span><sup><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/u/1/blogger.g?blogID=7830289141750621395#sdfootnote2sym" name="sdfootnote2anc"><sup>2</sup></a></span></sup><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">,
è la presenza costitutiva della critica militante e la messa a punto
di una teoria dell’arte che si sostituisce agli aspetti politici e
ideologici. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Gli
esiti formali del gruppo possono essere senz’altro inclusi in una
storia dell’ ”arte partecipata”, nel senso di un’opera d’arte
alla cui realizzazione abbia concorso, oltre all’artista, un altro
o altri soggetti. Ma ciò che rende singolare il tipo di
partecipazione messa in atto dagli interventi dei piombinesi, è la
sua natura involontaria, come spiega bene Nardone, che nel 1988
scrive: «[...] In primo luogo spicca l’assoluta involontarietà
con cui le azioni della gente entrano a far parte integrante
dell’opera: in linea di massima, coloro che camminano sui pavimenti
di Falci, manipolano i materiali di Fontana, scarabocchiano o
deformano gli oggetti che poi Pietroiusti ingigantisce o giocano al
calciobalilla di Modica, ignorano la predisposizione che gli oggetti
hanno»</span><sup><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><a class="sdfootnoteanc" href="https://www.blogger.com/u/1/blogger.g?blogID=7830289141750621395#sdfootnote3sym" name="sdfootnote3anc"><sup>3</sup></a></span></sup><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Tale
peculiarità degli oggetti messi a disposizione e il principio di
involontarietà distinguono nettamente la pratica del gruppo dalle
intrusioni nella realtà svoltesi nel decennio precedente, che si
avveravano per lo più in luoghi socialmente e politicamente
connotati e avevano una finalità chiaramente ideologica. Al
contrario, gli oggetti e i contesti scelti dai piombinesi appaiono
banali nella loro quotidianità. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Infatti
i dispositivi predisposti, oggetti comuni lievemente modificati che
l’autore ha sottratto al circuito della funzionalità, sono
inseriti nei luoghi della vita: bar, cabine telefoniche, negozi,
spazi urbani. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Se
l’artista è colui che predispone uno stimolo, come le “prove
materiali” di Fontana, come le tovaglie di Pietroiusti (</span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i>N
Titoli</i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">,
1987), come il </span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i>Rilevatore
estetico</i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">
di Modica, o che fissa lo svolgersi di atti quotidiani, come accade
nei </span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i>Pavimenti</i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">
o nei </span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i>Letti</i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">
di Falci, l’opera è compiuta solo se il dispositivo inserito nel
contesto è stato agito entro un certo lasso di tempo; pertanto, dal
punto di vista concettuale, la sua riuscita è ipotetica perché
soggiace all’intervento, o meno, di un pubblico.</span><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrMdgnnoxTx2KmmJmgFdDQc6KhSR4IxCetAsTLvNwl1_z5597bqDT1rEIBIpdTaSKX_bKaEf38XdC_THQwRbwHFc4yN0zcwGlOTNlMdj9zA2nDpcjZ7Wuim7pMLpLkTWHzeBnXK4l41VR_/s1600/Falci+Conwith.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="852" data-original-width="1280" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrMdgnnoxTx2KmmJmgFdDQc6KhSR4IxCetAsTLvNwl1_z5597bqDT1rEIBIpdTaSKX_bKaEf38XdC_THQwRbwHFc4yN0zcwGlOTNlMdj9zA2nDpcjZ7Wuim7pMLpLkTWHzeBnXK4l41VR_/s400/Falci+Conwith.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">I <em>Letti</em> di Salvatore Falci (1989) esposti nella mostra <em>Conwith</em> alla galleria Casoli-de Luca, Roma, 2019</span></div>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Ad
ogni modo, c’è la</span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i><b>
</b></i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">persistenza
dell’opera d’arte</span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i><b>,
</b></i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">che
è ancora un oggetto: non è più l’ “evento” instabile,
soggetto a decadenza e a saturazione dell’Eventualismo e non si è
ancora rarefatta nelle trame della realtà, come avverrà di lì a
breve nell’arte relazionale, come nei </span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i>Pensieri
non funzionali</i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">
di Pietroiusti, o nelle camminate degli Stalker.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Immersa
nel presente, l’opera include sempre una doppia temporalità:
quella del processo e quella dell’artista che lo blocca.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Fissa
nel suo supporto, presenta i gesti automatici, le attitudini
comportamentali, le tracce lasciate da differenti soggetti in
altrettanti ambiti e mette in luce il rapporto, più o meno
subliminale, con gli oggetti d’uso e di consumo. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">C’è
poi la sperimentazione sulle materie e l’emergere di nuclei di
significato altrimenti sconosciuti; viene svelata la differenza,
nella risposta allo stimolo, fra l’atteggiamento consapevole e
quello involontario. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Alla
fine del processo l’opera può essere esposta nella galleria e nel
museo e dunque entra a far parte a pieno titolo del sistema
dell’arte; i titoli per lo più descrivono semplicemente l’oggetto
che accompagnano e a volte, come in alcune opere di Pietroiusti,
coincidono con la giornata in cui si compie l’azione.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">In
questo percorso come si definisce il ruolo del coautore inconsapevole
che “partecipa” al progetto? Che si trova di fronte ad oggetti
“traditi”? </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">In
quella che è stata definita come “opera partecipata”, colui che
interagisce ha una fisionomia ben precisa e in alcuni casi arriva ad
orientare il lavoro o in un modo o nell’altro; ma qui, dove
l’artista, ossia l’oggetto modificato, sembra anzi in certi casi
beffarsi del suo utente? Nardone intitola, non a caso, una mostra del
gruppo: </span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i>L’arte
di ingannare</i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">
(Galleria Il Prisma, Siena 1986).</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Concludo
su questo titolo perché mi piace e sembra che bene sintetizzi una
poetica: la messa in atto di una strategia “morbida”, come aveva
scritto Nardone in un testo di presentazione, suffragata da una
teoria dell’arte e da una metodologia creativa che hanno permesso a
queste opere di diventare oggetti strani, a volte un po’ ludici,
liberati dalla catena della funzionalità, ambigui e perciò più
interessanti, o di presentarsi come il palcoscenico di un teatro su
cui gli attori hanno lasciato le tracce delle loro azioni. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Terminata
l’esperienza del Gruppo, la cui ultima mostra collettiva risale al
1991, Cesare Pietroiusti e Salvatore Falci saranno protagonisti
dell’arte relazionale, in cui il gruppo si fa comunità fluida e
provvisoria, in cui la figura dell’autore si stempera nella
orizzontalità dei ruoli, in cui la messa in pratica di differenti
strategie operative renderà infine marginale il ruolo della critica.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div id="sdfootnote1">
<div align="JUSTIFY" class="sdfootnote">
<a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/u/1/blogger.g?blogID=7830289141750621395#sdfootnote1anc" name="sdfootnote1sym">1</a><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">
Cfr. M. Mirolla (a cura di), </span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i>Underground
eventualista</i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">,
Macro Asilo, Roma 8-15-23-30 gennaio 2018; 7-13-20 febbraio 2019.
</span>
</div>
</div>
<div id="sdfootnote2">
<div align="JUSTIFY" class="sdfootnote">
<a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/u/1/blogger.g?blogID=7830289141750621395#sdfootnote2anc" name="sdfootnote2sym">2</a><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">
Cfr. L. Meloni (a cura di), </span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i>Italia
anni Settanta: gruppi, collettivi d’artista, spazi autogestiti nel
decennio della contestazione</i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">,
Macro Asilo, Roma 8-9-10 novembre 2018.</span></div>
</div>
<div id="sdfootnote3">
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<a class="sdfootnotesym" href="https://www.blogger.com/u/1/blogger.g?blogID=7830289141750621395#sdfootnote3anc" name="sdfootnote3sym">3</a><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">
D. Nardone (a cura di), </span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><i>Salvatore
Falci Stefano Fontana Pino Modica Cesare Pietroiusti </i></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">(Firenze,
Galleria Vivita - Milano, </span><span style="color: black;"><span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);"> </span></span></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">Studio
Casoli, </span><span style="color: black;"><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">6
febbraio - 2 aprile</span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: "arial" , sans-serif;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">
</span></span></span><span style="font-family: "microsoft phagspa" , sans-serif;">1988),
Galleria Vivita-Studio Casoli, Firenze-Milano 1988, p.8.</span></div>
<div align="JUSTIFY" class="sdfootnote">
<br /></div>
</div>
<br />
<br />dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-16196865818353684642020-01-25T04:24:00.003-08:002020-01-25T04:24:53.792-08:00Il Gruppo di Piombino e l'Arte Relazionale: analogie e differenze<b>Il Gruppo di Piombino e l'Arte
Relazionale: analogie e differenze</b>.<br />
di Domenico Nardone<br />
<br />
Relazione per il convegno “L'Arte
Relazionale prima di Nicolas Bourriaud. Gli anni '80 e '90 in Italia:
Gruppo di Piombino – Progetto Oreste -Stalker”, Macro Asilo, Roma
16 marzo 2019.<br />
Pubblicato negli <i>Atti del Convegno</i>,
a cura di Francesca Franco, Macro Asilo Diario, fasc. 16/03, Roma
2019.<br />
<br />
<br />
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Da qualche anno a questa parte –
soprattutto da quando curo il blog del Gruppo di Piombino – mi
sento rivolgere la domanda sui rapporti che intercorrono tra la
teoria e la pratica dell'arte del Gruppo di Piombino e l'Arte
Relazionale di cui a molti la nostra esperienza sembra costituire un
antecedente.</div>
Come è noto Nicolas Borriaud
formalizza e da spessore teorico al concetto di Arte Relazionale nel
saggio <i>Estetica Relazionale</i> che pubblica nel 1998, mentre la
prima mostra da lui curata dove questa si profila come tendenza è
<i>Traffic</i>, per il Museo di Arte Contemporanea di Bordeaux che
risale 1996.<br />
Per una scelta operata di comune
accordo, per quanto ci riguarda, abbiamo invece stabilito di
racchiudere l'esperienza di Piombino tra la fine del 1984, quando
Falci, Fontana e Modica espongono per la prima volta l'opera a firma
collettiva <i>Sosta Quindici Minuti</i>, ed il 1992, anno in cui
Falci, Fontana, Modica e Pietroiusti si presentano per l'ultima volta
come gruppo nella mostra curata da Catherine Arthus Bertrand per il
Museo d'arte contemporanea di Guirigny nel cui catalogo compare un
testo di presentazione da me scritto.<br />
E' però vero che il concetto di Arte
Relazionale viene elaborato e formalizzato da Borriaud a partire dal
lavoro di molti artisti, come lo scomparso Felix Gonzalez-Torres, la
cui esperienza si allunga verso il decennio precedente quasi in
contiguità, dunque, con quella di Piombino.
<br />
<br />
Una prima idea dei rapporti che
intercorrono tra l'impostazione teorica del gruppo di Piombino e
quella dell'Arte Relazionale si può cogliere dal raffronto di due
passi, il primo tratto da una conferenza tenuta da Borriaud alla
Fondazione Ratti nel luglio 1995 e l'altro dal mio <i>Alice nel Paese
della Realtà</i>, pubblicato come testo di presentazione della
mostra del Gruppo alla galleria Vivita di Firenze nel 1988.<br />
<br />
<i>Il mio primo caposaldo è
che credo fermamente sia difficile, oggi, rappresentare la realtà.
In un certo senso, penso che noi abbiamo oltrepassato la
rappresentazione della realtà: noi dovremmo produrla, la realtà.
Ovviamente un artista può continuare a rappresentarla, ma il
risultato dipenderà dalla maniera in cui intende questa operazione:
la rappresentazione non deve essere un fine in se stessa, ma uno
strumento all'interno di un meccanismo molto più complesso. Per
definire questo approccio, dovremmo usare la locuzione </i><span style="font-style: normal;">"realismo
operazionale"</span><i>: </i><span style="font-style: normal;">"realismo"
</span><i>perché si tratta, comunque, di un atto volto verso la
realtà che è diretto a penetrarla, ma </i><span style="font-style: normal;">"operazionale"</span><i>
perché la maggior parte delle opere d'arte oggi sono orientate a una
fuga dal mondo dell'arte in quanto tale e verso l'inserimento
all'interno di processi reali.</i> (N.Borriaud, conferenza presso la
Fondazione Ratti, luglio 1995)<br />
<br />
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<i>La trasformazione
dell'esperienza quotidiana che realizzano queste opere, nella misura
in cui rendono nuovamente problematiche le nostre relazioni con
oggetti e situazioni di largo consumo, è ottenuta a mezzo di
strategie 'morbide', che alla chiassosità effimera e un po'
carnevalesca dell'</i><span style="font-style: normal;">agit-prop</span><i>
prediligono la meno rumorosa ma più sostanziale modificazione
subliminale. </i></div>
<i>In precedenti occasioni
ho definito questo passaggio come la transizione da un'arte politica
ad un'arte fatta in</i><span style="font-style: normal;"> maniera
politica</span><i>, vale a dire di un'arte che, pur orientandosi
decisamente verso la trasformazione delle realtà e delle pratiche
sociali, nondimeno conserva la propria autonomia, rendendosi
indisponibile ed inservibile a qualsivoglia strumentalizzazione o
azione di propaganda.</i> (D.Nardone, <i>Alice nel paese della
Realtà</i>, Firenze 1988)<br />
<br />
Dal raffronto di queste
dichiarazioni teoriche emerge la possibilità di definire un campo
d'azione comune – il reale – in cui sia L'Arte relazionale sia
quella di Piombino tendono a dislocare la loro operatività.
<br />
Entrambe le posizioni
partono dal considerare superata l'arte come rappresentazione della
realtà e respingono questa funzione ai margini del suo orizzonte
teleologico a favore di una performatività del reale di cui l'arte
rivendica il suo far parte integrante.
<br />
Stante questo presupposto
comune, nella pratica gli artisti di Piombino e quelli cosiddetti
"relazionali" imboccano strade alquanto diverse. Il gruppo di Piombino si
struttura infatti come un'avanguardia. Chi entra a farne parte, a
prescindere dal ruolo che svolge, viene a trovarsi all'interno di una
sorta di cerchio magico che moltiplica le energie. Gli artisti vivono
a stretto contatto di gomito, si studiano, si annusano, l'idea
sviluppata dal lavoro di uno è immediatamente approfondita e
rilanciata dal lavoro dell'altro.
<br />
Per quanto mi riguarda,
avendo giocato per un periodo nella storia del gruppo il ruolo di
gallerista, ho già detto altre volte come vivessi il momento di
commercializzazione delle opere più che altro come divulgazione,
ogni vendita di un opera del gruppo rappresentava in realtà per me
un allargamento del consenso.
<br />
Quella che avevo definito -
mutuando il concetto da Godard che aveva detto "non bisogna più
fare film politici ma fare film in <i>maniera</i> politica" –
una maniera politica di fare arte, si traduceva a livello pubblico in
prese di posizione da parte del gruppo che un tempo si sarebbero
definite "militanti", come rifiutare le mostre a cui era
invitata solo una parte degli artisti del gruppo o, come nel caso
della Biennale di Venezia del 1990, dove era stato invitato il solo
Stefano Fontana, nell'esporre nello spazio a lui riservato anche le
casse d'imballaggio delle sue opere che – anche se realmente
utilizzate come tali - dopo il trasporto erano diventate altrettante
opere di Salvatore Falci.<br />
Dell'essere avanguardia il
Gruppo di Piombino presenta ovviamente anche i difetti: la coesione
interna di un'avanguardia si proietta infatti all'esterno come
intransigenza ideologica, in un crescendo paranoide che finisce per
determinarne l'autodistruzione per implosione. Pensate ad esempio
alle espulsioni dal movimento surrealista decretate a raffica da
Breton.
<br />
<br />
Il termine Arte Relazionale,
invece, indica più che altro una tendenza, un <i>modus operandi</i>
che si riscontra e ricorre nel lavoro di alcuni artisti. Borriaud, in
particolare, l'unica volta che nel suo saggio usa il termine
avanguardia lo fa per sottolineare il carattere obsoleto dell'utopia
radicale e universalista implicata da questo termine.<br />
Qualcosa dell'utopia
radicale delle avanguardie storiche e degli anni Sessanta persiste
invece ancora, a mio avviso, nella teoria e nella pratica del Gruppo
di Piombino, che piuttosto avvertono la modernità come progetto
incompiuto – per dirla con Habermas - anziché definitivamente
insterilito – e che sottendono in definitiva un progetto di
trasformazione del mondo attraverso la diffusione dei nuovi modelli
di comportamento a cui esse danno luogo.
<br />
<br />
Osserviamo adesso più in
dettaglio per quali aspetti un'opera classificata come "arte
relazionale" somiglia ad un opera piombinese e per quali ne
differisce attraverso il raffronto di <i>Turkish jokes</i>, un'opera
dell'artista relazionale danese Jens Hanning, realizzata per la prima
volta nel 1994 e <i>Buono di prenotazione d'acquisto</i>, un'opera di
Pino Modica del 1991.
<br />
Metto a raffronto proprio
queste due opere perchè entrambe affrontano la stessa tematica, vale
a dire l'integrazione delle minoranze etniche provenienti da paesi
poveri nelle società a capitalismo avanzato.
<br />
Nel 1994 Jens Haaning ha
diffuso per mezzo di un altoparlante una serie di storielle buffe in
lingua turca su una piazza di Copenhaghen particolarmente frequentata
da immigrati di questa etnia (<i>Turkish jokes</i>). Successivamente
diverse versioni di questo lavoro sono state riproposte nel corso
degli anni in altre città (Oslo, Berlino, Mosca). Le storielle
diffuse dall'altoparlante erano sempre nella lingua madre di un
gruppo etnico presente in quota minoritaria nel tessuto sociale in
oggetto.
<br />
Come osservato da Borriaud,
ascoltare una storiella di cui possono comprendere il significato
modifica i modelli di relazione che intercorrono tra coloro che
parlano quella lingua e che si trovano in quel momento a passare
nella piazza. La particolare natura di queste storielle, viene da
aggiungere, tutte atte a suscitare il riso in chi le comprende,
determina una sorta di visualizzazione della rete di relazioni che si
viene a formare e a cui si connettono tutte le persone che in quel
momento sorridono.<br />
Il formarsi di questa rete
di relazioni sottrae – anche se solo provvisoriamente –
l'emigrante all'isolamento della sua condizione di straniero in terra
straniera rendendolo nuovamente partecipe di una comunità
lasciandogli con ciò intravedere un nuovo modello esistenziale.
<br />
<br />
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<span lang="it-IT">Nel 1991 – in
collaborazione con la Confesercenti e la CGIL Immigrazione di
Piombino – Pino Modica aveva finanziato 6 buoni di prenotazione
d'acquisto del valore di lit.250.000 l'uno. Questi buoni erano stati
distribuiti ad altrettanti cittadini extracomunitari tramite una
sorta di lotteria svoltasi presso i locali della sezione della CGIL.
I sei immigrati avevano potuto spendere i buoni in prenotazioni
d'acquisto presso un qualunque esercizio cittadino da loro scelto.
Successivamente, nel 1992, l'artista presentò in una mostra presso
le gallerie Alice e Il Campo di Roma, sei basi che raccoglievano
ognuna le merci scelte da ciascuno dei sei acquirenti
extracomunitari. Nel corso dello stesso anno, </span><span lang="it-IT"><i>Buono
di prenotazione d'acquisto</i></span><span lang="it-IT"> fu anche
selezionata per la grande mostra internazionale, </span><span lang="it-IT"><i>Molteplici
Culture – </i></span><span lang="it-IT"><span style="font-style: normal;">60
artisti invitati tra i quali figuravano Damien Hirst, Alfredo Jaar,
Marcel Odenbach, Henry Bond, Michelangelo Pistoletto e Alighiero
Boetti -</span></span><span lang="it-IT"><i> </i></span><span lang="zxx">curata
da Carolyn Christov Bagarkiev e Ludovico Pratesi al Museo del
Folklore di Roma, dove fu presentata con un diverso allestimento.</span></div>
Con questa operazione
Modica andava ad alterare il modello percettivo che il commerciante
ha per solito dell'immigrato che, anzichè nelle più consuete vesti
di questuante, gli si presentava invece sotto il profilo
dell'acquirente. Contrasto reso più stridente dal fatto che gli
immigrati, lungi dall'orientare i propri acquisti verso generi di
prima necessità li orientarono decisamente verso generi di lusso
(scarpe Reebock, stereo portatile, etc.), i cosiddetti status symbol
del benessere nelle società occidentali. Fenomeno comunque del tutto
analogo a quello che si verificava nel corso degli “espropri
proletari” compiuti dal proletariato giovanile del movimento del
'77 a testimonianza dell'emergere nelle classi escluse di un bisogno
d'inclusione attraverso il possesso di oggetti e beni in qualche modo
superflui, cioè non strettamente legati al soddisfacimento di
bisogni primari.
<br />
<br />
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span lang="it-IT"><i>Buono
di prenotazione d'acquisto </i></span><span lang="it-IT">è
probabilmente il primo caso in cui, nella pratica di Piombino, la
mostra si profila e appare come una ridondanza. Secondo la teoria
dell'arte di Piombino, infatti, la mostra in galleria non è altro
che il momento in cui i risultati di una pratica sperimentale
condotta al di fuori del campo istituzionale del sistema dell'arte,
vengono introdotti in questo sistema sotto forma di "comunicazione
congressuale" rivolta agli specialisti, al fine di operarvi una
modificazione culturale. </span></div>
In un primo tempo, cioè,
l'operazione piombinese si svolge in un contesto del tutto normale in
cui nulla la connota esplicitamente come “artistica”,
coinvolgendo un pubblico eterogeneo di cui altera gli schemi
d'interazione abituali a livello subliminale, inserendo degli
elementi incongrui in situazioni apparentemente simili a quelle già
esperite innumerevoli volte e rispetto alle quali tale pubblico ha
sviluppato risposte automatiche e standardizzate.
<br />
La mostra in galleria non
fa altro che rievocare o se preferite narrare o riferire i risultati
ad un pubblico formato di specialisti di un evento che ha avuto luogo
in precedenza.<br />
Questo, a ben vedere,
avviene anche nel caso dei <i>Turkish Jokes</i> di Haaning. Vediamo
infatti poste a confronto le diverse modalità con cui l'operazione
di Modica e quella dell'artista danese vengono presentate al pubblico
dell'arte nel contesto di una mostra.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLi7Jcr8FSWZq4tcE4a7EMstNinM68QB80EVZpFDS8aekeEwtUQUX7VukkU-WOmlLNfFAsO1kSKbTA1i_QRDd1ao92VVVkq98jdAdoDkKEHVP1AnF-rN4INzZbkJ5S8Rr6ucLvsr8iXkrf/s1600/2+-+Haaning%252C+Turkish+jokes.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="428" data-original-width="570" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLi7Jcr8FSWZq4tcE4a7EMstNinM68QB80EVZpFDS8aekeEwtUQUX7VukkU-WOmlLNfFAsO1kSKbTA1i_QRDd1ao92VVVkq98jdAdoDkKEHVP1AnF-rN4INzZbkJ5S8Rr6ucLvsr8iXkrf/s400/2+-+Haaning%252C+Turkish+jokes.jpg" width="400" /></a></div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
Jens Haaning,
<i>Turkish Jokes</i>, 1994</div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
La presentazione di
Haaning come potete vedere è molto scarna: c'è la fotografia della
piazza in cui è stato istallato l'altoparlante accompagnata da un
testo che descrive l'operazione. Quasi in disparte, lasciato lì con
noncuranza l'altoparlante con arrotolato il suo lungo cavo. E' una
modalità di presentazione di tipo tardo concettuale volta ad
accentuare e sottolineare la smaterializzazione dell'opera d'arte.</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBnKHOmqBB9V6RwU8hNRI26pL2vGgCphHHqgbCklJi84ojbqfboNfYLkOucCRURjNiplyD8jK4G8BhoDjTKSp_AIdyfWqQPoQDAsGM0OfVTznsyn-rlk_hVOgzkWEB24JiLs3drZ9KmIkr/s1600/4+-+Modica.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1507" data-original-width="1600" height="376" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBnKHOmqBB9V6RwU8hNRI26pL2vGgCphHHqgbCklJi84ojbqfboNfYLkOucCRURjNiplyD8jK4G8BhoDjTKSp_AIdyfWqQPoQDAsGM0OfVTznsyn-rlk_hVOgzkWEB24JiLs3drZ9KmIkr/s400/4+-+Modica.jpg" width="400" /></a></div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
Pino Modica,
<i>Buono di prenotazione d'acquisto</i> (particolare), 1992</div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
Nella presentazione di
Modica, gli oggetti appaiono invece evidenziati e disposti
ordinatamente quasi come in un display di Steimbach, solo che qui
concorrono a definire i termini psicologici e socioculturali del
soggetto che li ha scelti e che non è l'artista. <br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEip8jxcoHjRuju3on4_MUZuRLJoXzj_dkWTCK6akGBbqfLO5J5yQTgaGuSUPcfTMPyU_rayJ-OFdSmZ-moN1yLRqYWfR8LKAOgRqh5vQkC5JFtYjOByRw75nxbf9UI1YxHJtLMcKDkRQHdj/s1600/Steimbach%252C+Supremely+black%252C+1985.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1249" data-original-width="1600" height="311" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEip8jxcoHjRuju3on4_MUZuRLJoXzj_dkWTCK6akGBbqfLO5J5yQTgaGuSUPcfTMPyU_rayJ-OFdSmZ-moN1yLRqYWfR8LKAOgRqh5vQkC5JFtYjOByRw75nxbf9UI1YxHJtLMcKDkRQHdj/s400/Steimbach%252C+Supremely+black%252C+1985.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
H.Steimbach, <em>Supremely black</em>, 1995</div>
<br />
Nella pratica di
Piombino infatti l'oggetto non esce del tutto di scena come spesso
avviene nell' Arte Relazionale (penso in ad esempio ad alcune opere
di Gonzalez-Torres come le pile di manifesti o i cumuli di caramelle
che il pubblico è invitato a prelevare determinando così la
progressiva scomparsa dell'oggetto) ma vi persiste ricaricato di
senso – o di una nuova aura come scrisse Carolyn Christov –
dall'uso che ne è stato fatto. Nella fattispecie questo uso consiste
nella semplice “scelta di acquisto” da parte di uno dei vincitori
della lotteria e che da queste scelte si trova ad essere ridefinito
come soggetto.
</div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
A proposito degli arazzi
di Boetti, Bourriaud osserva come l'artista “facendo lavorare
cinquecento operai tessitori (in realtà erano quasi tutte donne) a
Peshawar ha rappresentato/ripresentato il processo di lavoro delle
imprese multinazionali in maniera ben più efficace che non se si
fosse accontentato di raffigurarli o di descriverne i funzionamenti”.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
<span lang="it-IT">Le ricamatrici
afghane retribuite dall'artista per realizzare gli arazzi, svolgono
in effetti un lavoro salariato </span><span lang="zxx">che presenta
in maniera quasi paradigmatica tutte le caratteristiche che la
critica marxiana attribuisce al lavoro alienato. Le ricamatrici non
sono infatti proprietarie di quanto producono (che rimane di
proprietà dell'artista committente) ed eseguono in maniera
ripetitiva e coatta il compito loro assegnato, richieste di attenersi
a regole di cui ignorano il significato (ad esempio, nella maggior
parte dei casi, non sono neppure in grado di intendere il senso della
frase che ricamano a telaio). </span></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
Apparentemente,
intrattengono con il manufatto che producono con il loro lavoro – e
di cui ignorano l'alto valore di scambio - lo stesso rapporto di
estraneità che intratterrebbero con una scarpa Nike, se lavorassero
in una delle tante fabbriche che nel terzo mondo lavorano per questa
multinazionale.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
Il processo di produzione
messo a punto da Boetti non si limita però alla mera critica
sociale, che pure esprime ripresentando – come osservato da
Bourriaud - all'interno del sistema dell'arte, il processo di
produzione delle multinazionali delle società a capitalismo
avanzato. Nel momento in cui gli oggetti così prodotti vengono
immessi nel mercato come arte, avviene una sorta di catarsi che
riscatta l'alienazione del lavoro svolto da chi li ha materialmente
realizzati.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
Se infatti gli oggetti
prodotti di norma dai sistemi di produzione globale raggiungono il
massimo del valore di scambio quanto più sono aderenti e meno si
discostano dal prototipo ideale, nel caso degli oggetti d'arte
avviene esattamente l'inverso: raggiungono il massimo valore di
scambio quanto più è apprezzabile la loro unicità, quanto più
cioè si discostano dalla morfologia del prototipo di cui però
mantengono le caratteristiche essenziali. L'arazzo che contiene un
errore di lettera, involontariamente commesso da chi lo ha eseguito,
in altre parole, ha sul mercato un valore di scambio più alto del
suo omologo che non presenta questo errore. Lo stesso oggetto,
viceversa, se avesse dovuto essere inserito in un circuito di
mercificazione diverso dall'arte, sarebbe stato invece scartato o
venduto sotto prezzo in quanto difettoso. Tutte le deviazioni dalla
norma ed i piccoli errori - dalle disomogeneità e piccole
irregolarità di tessitura fino al più eclatante salto o errore di
lettera - che l'esecutore introduce suo malgrado nella realizzazione
dell'oggetto, emancipano quest'ultimo dalla condizione di oggetto
seriale determinandone quell'unicità che ne incrementa il valore di
scambio. Attraverso questa deserializzazione dell'oggetto,
l'esecutore riscatta il suo lavoro dall'alienazione, rivendicando con
forza la peculiarità del suo apporto al processo di produzione e con
essa la sua soggettività. Il sistema di produzione messo a punto da
Boetti per gli arazzi funziona quindi a tutti gli effetti come una
macchina di ri-sogettivazione per usare un'espressione di Guattari,
autore per altro molto caro a Borriaud.<br />
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
Ma torniamo alla modalità
operazionale messa in luce da Borriaud a proposito degli arazzi e
cioè quella di rappresentare/ripresentare all'interno del sistema
dell'arte linguaggi e modelli relazionali tipici di altri settori di
attività del macrosistema sociale deprivandoli delle finalità (non
necessariamente di lucro) per cui sono sorti sottoponendoli
attraverso questa sorta di parodia che ne deriva ad una critica
serrata.</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
Tra gli artisti riferibili
all'area dell'Arte Relazionale che sfruttano questa modalità
operazionale Borriaud cita la Premiata Ditta e Ingold Airlines.
</div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
Nel 1990 Vincenzo
Chiarandà e Anna Stuart Tovini – per quanto usino il nome già dal
1984 – registrano la Premiata Ditta come società in accomandita
semplice. Almeno fino al 1995 i fini societari sono rivolti alla
promozione della ditta attraverso una serie di “autopresentazioni”
- con tutto il corredo di grafici, sondaggi presso il pubblico,
diffusione di gadget, etc. - che accompagna solitamente l'attività
di promozione d'impresa. In una stretta circolarità autoreferenziale
l'unica finalità della Premiata Ditta è quella di promuovere se
stessa e le sue attività coincidono con l'esistenza stessa dei due
soci.
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
“<i>Fin dai primi tempi
il nostro modo di porci, impersonale perché con un marchio, e di
esprimerci era una reazione alla comoda vaghezza del sistema
dell'arte (...). Quello aziendale non appariva il solo </i><span style="font-style: normal;">linguaggio
dell’avversario</span><i> perché quello poetico degli artisti che
decoravano il presente non era per noi meno fastidioso. Usare
nell’arte certe parole e definire chiaramente certi meccanismi era
un po’ come scoperchiare la pentola. Contemporaneamente vestire i
panni del </i><span style="font-style: normal;">mostro</span><em>
rendeva evidente una realtà che nell’ambiente artistico e
culturale sembrava non toccare nessuno. L’aspetto pervasivo
dell’economia era, in buona o cattiva fede, ignorato. Il virus
assume i connotati della cellula che lo ospita, ma non fa finta,
diversamente non porterebbe nessuna modifica”. (</em>da<em> P.P.P. Premiata Ditta s.a.s. </em>in<em> Juliet, </em>anno XXVI, n.127, 2006)</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
In
questa intervista del 1995, Chiarandà e la Tovini, esplicitano i
termini della critica serrata a cui l'operazione Premiata Ditta
sottopone i modelli di comportamento e di relazione della
sociocultura dell'economia postfordiana mediante la loro semplice
trasposizione all'interno del sistema dell'arte e deprivandoli di una
finalità. In altre parole, costringendo questi meccanismi a girare
fuori contesto e a vuoto ne viene messa a nudo la pervasività e
invadenza.</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
<div lang="it-IT" style="font-style: normal; margin-bottom: 0cm;">
Nel
1995 la scoperta della rete e l'incontro con Emanuele Vecchia, un
esperto d'informatica, porteranno la Premiata Ditta alla creazione di
Undo.Net. Questo network è un <em>data base</em> che raccoglie esperienze
artistiche e testimonianze sull'arte da tutto il mondo mettendole in
contatto ed in relazione tra loro. Se la Premiata Ditta esisteva
grazie alla rete di relazioni che riusciva a stabilire, Undo.Net “è”
esso stesso una rete di relazioni senza più alcuna mediazione.
L'opera si smaterializza completamente e si risolve esplicitamente in
una rete relazionale. E' comunque vero che, con la coerenza che lo
contraddistingue, Chiarandà da qualche anno non definisce più il
suo ruolo come quello di artista anche se vi aggiunge l'aggettivo
“riconoscibile”.</div>
<div lang="it-IT" style="font-style: normal; margin-bottom: 0cm;">
</div>
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
<div lang="it-IT" style="font-style: normal; margin-bottom: 0cm;">
Questa
possibilità di esercitare una critica sociale e politica sottraendo
ai modelli di comportamento standardizzati la loro apparente
finalità, è stata sfruttata anche dal Gruppo di Piombino ed in
particolare da Stefano Fontana.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'Unione Depauperati Consapevoli di
Stefano Fontana appare per la prima volta nel 1996, con
l'installazione all'aperto di un banco per la raccolta di adesioni,
nel contesto della mostra <em>Arte instabile</em> a Bologna.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'UN.DE.CO, nelle intenzioni
dell'artista, doveva essere una sorta di movimento politico virtuale,
la riproduzione fedele dell'aspetto esterno della forma partito,
realizzata mettendo in scena tutte le pratiche che ne caratterizzano
l'esistenza nella sfera sociale: tesseramento, manifesti di
propaganda, sito internet, spot pubblicitari, etc.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il primo e unico punto del programma
dell'UN.DE.CO è però quello di non avere assolutamente nessun
programma.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Anche in questo caso l'artista
inserisce nella realtà una struttura formale – a cui corrispondono
i modelli comportamentali che definiscono la militanza politica –
svuotata del suo contenuto ideologico. Ciononostante questa struttura
si trova ad essere agita: le adesioni vengono realmente raccolte e
compaiono i primi militanti.
<br />
Dal 26 gennaio 2001, e per
tutto il mese successivo, la galleria Alice&Altrilavoriincorso di
Roma viene trasformata in una 'sezione distaccata' dell'Unione
Depauperati, in cui vengono svolte attività di tesseramento,
propaganda - attraverso la distribuzione di depliant, portachiavi con
il simbolo dell'Unione, spillette, adesivi, etc. - e raccolta fondi.
In concomitanza con il periodo di apertura di questa sezione
distaccata, l'Unione aveva anche realizzato uno <a href="https://www.youtube.com/watch?v=Z8cvbe852Cc"><span style="color: blue;">spot promozionale</span></a>
della durata di circa 3 minuti che venne mandato in onda
integralmente dalla trasmissione televisiva Blob (RAI 3, 9-2-2001 ).
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
La galleria non viene più
utilizzata, come avveniva in precedenza nella pratica piombinese, per
esporre i risultati o narrare un evento che aveva avuto luogo altrove
e in un tempo antecedente ma viene piuttosto coinvolta nel processo
di produzione e trasformata essa stessa a tutti gli effetti in
sezione del partito.</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
Successivamente l'Unione
Depauperati lancerà una vera e propria campagna di protesta contro
l'edificazione di una diga lungo il corso del Cornia, che avrebbe
provocato la sommersione di alcuni comuni. Nonostante che questo
progetto non fosse stato in realtà mai avanzato da nessuno vennero
raccolte numerosissime firme in calce alla petizione di protesta. Con l'Unione Depauperati Consapevoli, Stefano Fontana esprime una critica radicale alla trasformazione della politica in una serie di comportamenti automatici e rituali che si attivano anche in totale assenza di contenuto e che conducono al suo risolversi in giudizi di gradevolezza televisiva. Le adesioni che questa organizzazione partitica priva di programmi reali pure riesce a raccogliere, rivela altresì - in maniera drammatica - il bisogno sociale di politica, intesa nel senso più autentico di confronto sui contenuti e non sulle maschere. </div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHv41GWi5atKiK3Jai49PJllcT_D86mVfZpkUIZA_BLvzEUAgdC1OWXlmexrCn7IqmlNV1ohpkxT84pgb1TGwOH693kJGO6V747NMXe_mK7HxG75wLxaFZ2RyM5jNc7BoVTM5dh6A44-h0/s1600/Unione+Depauperati+Consapevoli%252C+un+momento+della+raccolta+di+firme+contro+la+diga+sul+Cornia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHv41GWi5atKiK3Jai49PJllcT_D86mVfZpkUIZA_BLvzEUAgdC1OWXlmexrCn7IqmlNV1ohpkxT84pgb1TGwOH693kJGO6V747NMXe_mK7HxG75wLxaFZ2RyM5jNc7BoVTM5dh6A44-h0/s400/Unione+Depauperati+Consapevoli%252C+un+momento+della+raccolta+di+firme+contro+la+diga+sul+Cornia.jpg" width="400" /></a></div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Unione
Depauperati Consapevoli</i> </div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
(un momento della
raccolta di firme contro la diga sul Cornia)</div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
</div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
</div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div align="CENTER" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-73921914467611230592019-07-11T02:26:00.000-07:002019-07-11T02:28:04.982-07:00Agnese Lovecchio, Arte di gruppo: una selezione dei movimenti artistici in Italia dal 1980 ad oggi<div style="font-family: 'Times New Roman'; line-height: normal; margin-bottom: 8px;">
<span style="font-size: large;"><span style="letter-spacing: 0px;"><i style="font-weight: bold;">Agnese Lovecchio, Arte di gruppo: una selezione dei movimenti artistici in Italia dagli anni Ottanta ad oggi, </i>t</span><span style="letter-spacing: 0px;">esi di specializzazione in Storia dell’arte contemporanea presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, Venezia, 2017 </span></span></div>
<div style="font-family: 'Times New Roman'; line-height: normal; margin-bottom: 8px; min-height: 12px;">
<span style="font-size: large;"><span style="letter-spacing: 0.0px;"></span><br /></span></div>
<div style="font-family: 'Times New Roman'; line-height: normal; margin-bottom: 8px;">
<span style="font-size: large; letter-spacing: 0.0px;"> Il presente lavoro mira a ricostruire dal punto di vista storico-artistico le vicende che hanno interessato alcuni movimenti artistici in Italia, dagli anni Ottanta ad oggi. Ad animare la ricerca spingono l'interesse per la contemporaneità e il desiderio di studiare le componenti che determinano il vivace e recente momento storico, elementi che hanno consentito di mettere a fuoco uno degli innumerevoli aspetti del presente.</span></div>
<div style="font-family: 'Times New Roman'; line-height: normal; margin-bottom: 8px; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; letter-spacing: 0.0px;">[…] Alla metà degli anni Ottanta, i poli artistici del centro e del nord Italia sono differenti: nel primo capitolo del presente lavoro si analizza il panorama artistico romano, in cui il ruolo dell'artista viene percepito come romanticamente eroico, un creatore multiforme e una figura con un certo appeal per la materia. Il singolo si unisce ad altre personalità, in quanto alcune vocazioni si uniscono sotto una medesima teorizzazione. Oltre all'Anacronismo che viene a definirsi come una corrente, una tendenza artistica in cui gli artisti si riconoscono, nascono delle forme sperimentali d'arte che, in comunione con teorie scientifiche, come l'Eventualismo, riuniscono un coro di voci molto differenti tra loro. Attorno al Centro Studi Jartrakor, ruotano anche gli artisti del Gruppo di Piombino, coetanei del gruppo dell'Astrazione povera, questi ultimi guidati dal critico-fondatore Filiberto Menna. </span></div>
<div style="font-family: 'Times New Roman'; line-height: normal; margin-bottom: 8px; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; letter-spacing: 0.0px;">Nel secondo capitolo si analizza il caso di Milano: rispetto alla capitale, essa si mostra meno tradizionalista e più eterogenea: il movimento dell'Arte Debole che da Torino arriva in città non incontra in alcun modo le istanze dei Nuovi Futuristi, così come questi non condividono alcuna iniziativa con i giovani dell'Accademia di Brera, quanto piuttosto l'esuberanza con i colleghi bolognesi Enfatisti. </span></div>
<div style="font-family: 'Times New Roman'; line-height: normal; margin-bottom: 8px; text-align: justify;">
<span style="font-size: large; letter-spacing: 0.0px;">Nel terzo capitolo ci si concentra sulla situazione artistica negli anni Novanta: l'arte in questi anni, si fa meno definibile dal punto di vista collettivo, poiché risente dell'oscillazione tra istanze mediali e richiami più tradizionali nei territori dell'arte. La perdita da parte degli Stati Uniti dell'egemonia culturale che dal dopoguerra aveva tenuto le redini anche di quella europea, spinge per una progressiva ed inarrestabile globalizzazione culturale che travalica i confini statali. La multiculturalità apre le porte ad una serie di situazioni che non possono essere propriamente definite artistiche, anzi, sfuggono ad una chiara definizione. Si pensi, per esempio, all'arte cosiddetta relazionale, che tenta di interpretare i nuovi modelli di socialità della popolazione occidentale: meeting, incontri, manifestazioni non sono né pittura, né scultura, né happening, né performance, eppure contraddistinguono le recenti aggregazioni artistiche, come nel caso italiano del Progetto Oreste.</span></div>
<div style="font-family: 'Times New Roman'; line-height: normal; margin-bottom: 8px;">
<span style="font-size: large; letter-spacing: 0.0px;">L'atmosfera che si respira negli anni Duemila è più indipendente, nasce silenziosamente ma cresce in maniera diffusa, alimentata dal desiderio di partecipazione, come nel caso degli street artist Guerrilla Spam. Guardando al panorama delle esperienze artistiche italiane, tuttavia sono pochi i volti riconoscibili e pochi i nomi noti ai più, per esempio, il Laboratorio Saccardi, conosciuto per la sua irriverenza o, a Venezia, per chi li ha seguiti, i Blauer Hase. Rispetto ad altri Paesi europei, le giovani tendenze più rilevanti spesso non sono sostenute da mostre o pubblicazioni o collezioni pubbliche, capaci di fornire anche solo in estemporanea una visione sul forum dei coinvolti. L'ultimo capitolo ha, perciò, l'intenzione di fornire alcuni elementi utili all'identificazione di alcuni gruppi artistici che, come è avvenuto per i decenni precedenti, non hanno vicendevolmente aspetti in comune. Essi sono l'evidente risultato di una compagine che per assurdo è totalmente frammentaria. Probabilmente, la causa è da ricercarsi nella difficoltà ad affrontare lucidamente un periodo storico così prossimo alla contemporaneità, allergico a facili storicizzazioni. Il tema resta così aperto ad ulteriori ricerche ed interpretazioni.</span></div>
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<br />
<div style="font-family: 'Times New Roman'; line-height: normal; margin-bottom: 8px;">
<span style="font-size: large; letter-spacing: 0px;"><i>La tesi contiene un capitolo esaustivo e molto dettagliato dedicato alla teoria e alla pratica dell’arte del Gruppo di Piombino, corredato da una vasta ed aggiornata bibliografia. E' consultabile <a href="http://dspace.unive.it/handle/10579/10500"><span style="color: blue;">qui</span></a>.</i></span></div>
<div style="font-family: 'Times New Roman'; line-height: normal; margin-bottom: 8px;">
<span style="letter-spacing: 0px;"><i><br /></i></span></div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-22734805686790710702019-03-18T10:58:00.000-07:002020-01-24T05:23:31.359-08:00Stefano Fontana, Unione Depauperati Consapevoli, 2019<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-oLpbMzZSW2YAyQ4Uma24rp5ndExo4hwNLTyxPlqIm2JZT3gh5o523drmJLd1cuXnx81YFoSomC3LJIf38UCdIGzGRGN9cjlHzjwYK17mzNaiFV3aUcx0zhySuWUK90snHLZCQc9uV75P/s1600/Understanding.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="410" data-original-width="591" height="276" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-oLpbMzZSW2YAyQ4Uma24rp5ndExo4hwNLTyxPlqIm2JZT3gh5o523drmJLd1cuXnx81YFoSomC3LJIf38UCdIGzGRGN9cjlHzjwYK17mzNaiFV3aUcx0zhySuWUK90snHLZCQc9uV75P/s400/Understanding.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<em>In occasione del convegno</em>
L’arte relazionale prima di Nicolas Bourriaud. Gli anni ’80 e ’90
in Italia. Dal Gruppo di Piombino al Progetto Oreste, a Stalker<em>,
organizzato da Francesca Franco e svoltosi presso la Sala Cinema del
MACRO di Roma sabato 16 marzo 2019, Stefano Fontana ha inviato questo
contributo che è stato letto da Francesca Franco mentre sullo
schermo era proiettata l'immagine sopra riprodotta. </em><br />
<br />
<em><br /></em></div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
‘Unione Depauperati consapevoli’:
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
ci mancavano loro, un altro gruppetto,
chissà questi cosa. Si lamenteranno anche loro di qualche cosa, come
tutti in questo paese. Depauperati di cosa? Cosa gli hanno portato
via questa volta? Cosa rimpiangono? Le file alla posta? I bei tempi
andati? Quando c’era il muro? Quando si facevano le assemblee?
Quando si scendeva in piazza?
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Eccoli ritratti tutti insieme. Dietro
sullo sfondo si vedono foto di operai, forse in una manifestazione.
Sì, la lotta, si richiamano ai valori dell’intramontabile
movimento operaio. Loro però non sono operai, sembrano più
borghesi, medici, funzionari, qualche ex figlio dei fiori, sono i
peggiori, chissà cosa vogliono fare, se ne accorgano ora che tutto
sta andando a rotoli?
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Per cosa poi si indignano? Per i
privilegi della casta? Per la legge Fornero? Forse non vogliono la
fatturazione elettronica. Saranno contro le case farmaceutiche e
contro la soia transgenica, contro le multinazionali che ci
avvelenano tutti. La società civile, ecco loro sono i rappresentanti
della società civile, loro si indignano, forse un tempo facevano i
girotondi e nessuno gli ha detto che sono anche quelli finiti.
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
E’ ora di dire basta, sembrano dire,
che così non si può andare avanti. Abbiamo sopportato anche troppo,
ora dobbiamo agire, dobbiamo ripartire, non possiamo più aspettare,
né demandare, dobbiamo riappropriarci del nostro presente, dobbiamo
costruire il nostro futuro. Dobbiamo, dobbiamo. Non domani, ma oggi,
prima che sia troppo tardi, prima che non si possa più farlo, che la
porta sia irreversibilmente chiusa. Ora o mai più. Perché domani si
possa ancora dire domani, perché si possa ancora. Perché.
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Parole, altre parole, quante parole!
Non dette, forse pensate, forse immaginate.
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Colti, inventati, dipinti nel momento
dove tutto nasce, l’incipit di ogni cosa: la creazione artistica,
l’afflato rivoluzionario. Dove alla tesi si è appena contrapposta
l’antitesi, in quel momento fecondo, immediato ed eterno prima che
la pulsazione dialettica si chiuda inesorabilmente, si ricomponga,
prima che il fuoco si spenga, prima che diventi storia.
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Loro c’erano. Loro avevano capito.
L’atto fondante, il momento della consapevolezza raggiunta, del
senso stesso di esserci, di essere pronti. ‘Understanding’ come
‘Yes we can’ ma molti anni prima. La forma della rivoluzione, di
ogni rivoluzione, la sua architettura, i suoi colori.
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Un’altra epoca. Adesso è troppo
tardi, ormai sono ombre del passato, sono come i ‘non-visti’ di
Bill Viola, come un nuovo quarto stato. Non sono più, erano.
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Ed in fondo è meglio così. Con i
tempi che corrono magari ora sarebbero stati tutti in Parlamento.
Invece al massimo questa foto finirà appesa su qualche muro. Forse a
qualcuno diranno anche qualcosa, vai a sapere, con la gente strana
che c’è in giro.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
<br />
<em> Un amico</em></div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div align="RIGHT" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-1756610143966077192019-01-13T07:59:00.002-08:002019-01-13T07:59:41.939-08:00Da piazza del Popolo a Piombino. Passando per via dei Pianellari.<strong>Da piazza del Popolo a Piombino. Passando per via dei Pianellari.</strong><br />
di Domenico Nardone<br />
<br />
relazione per il convegno
<em>Underground eventualista. La ricerca estetica in Italia 1972-2019</em>, a
cura di Miriam Mirolla, MACRO-Auditorium, Roma, gennaio 2019<br />
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Sono arrivato a Jartrakor –
il centro studi fondato da Sergio Lombardo nella seconda metà degli
anni '70 che aveva sede in via dei Pianellari 20– nel 1978, quando
avevo da poco compiuto i vent'anni. E l'ho frequentato assiduamente
per circa quattro anni, più o meno fino al 1982. Come Cesare
Pietroiusti e Anna Homberg, che comunque avevano qualche anno più di
me, ero iscritto alla Facoltà di Medicina.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Sergio Lombardo aveva
vissuto da protagonista il cosiddetto <i>clima felice degli anni
Sessanta</i>, era stato uno degli artisti di punta della cosiddetta
scuola di Piazza del Popolo, di quella strabiliante esperienza, al
tempo stesso tragica ed eroica, che a tutt'oggi considero l'ultima
grande stagione della pittura e che conobbi allora attraverso la sua
mediazione.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
L'avventura degli artisti di
Piazza del Popolo, che inizia sul finire degli anni Cinquanta ed è
chiusa dall'irrompere del '68, è l'esperienza a noi più vicina nel
tempo in cui possiamo riconoscere i tratti fondamentali di ciò che
significa in arte <i>essere avanguardia</i>.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Il clima felice degli
anni Sessanta</i> è il titolo di un quadro di Tano Festa – una
superficie bianca ripartita in sei rettangoli uguali da profilature
nere, al centro dei quali campeggiano i nomi di Schifano, Angeli,
Castellani, Festa, Manzoni e Lo Savio – che peraltro, per la data
in cui è realizzato (1969) e per l'aspetto formale che ricorda
vagamente gli annunci funebri, suona un po' come una campana a morto
per la scuola di Piazza del Popolo. All'origine di un'avanguardia c'è
infatti un <i>clima</i>, una situazione, il formarsi di
un'aggregazione spontanea che da luogo, per usare un termine più
moderno, ad una <i>comunità del sentire</i>.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Quando un sistema culturale
procede verso il suo punto di catastrofe, in cui si rompe e si
dissolve drammaticamente un paradigma di convenzioni accettate, e
faticosamente, per tentativi ed errori, si avvia la gestazione di un
nuovo paradigma, lì sono il tempo ed il luogo eccellenti
dell'avanguardia, nell'accelerazione del processo di dissoluzione del
vecchio e nella levazione del nuovo.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Gli artisti vivono e
lavorano a stretto contatto di gomito, si annusano, si studiano, si
stanno addosso, l'idea che vediamo appena delinearsi nel quadro dell'
uno oggi, è immediatamente sviluppata e rilanciata l'indomani dal
quadro di un altro. </div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqw2AV3KP7tVoO50MqtgvY65Wg_AWaZIp_KAJX27TkWeCQFnH7jL0ccM9wPMQYrndcBlICjp4L_91fyPmeXKogBCz1vxDVENe7yvL8bTkp_yFSuP7Xk4e2U_PkiSJd9KfPGz6rOCjW316d/s1600/Lombardo%252C+Piazza+Navona%252C+cm.180x230%252C+1963.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="534" data-original-width="700" height="305" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqw2AV3KP7tVoO50MqtgvY65Wg_AWaZIp_KAJX27TkWeCQFnH7jL0ccM9wPMQYrndcBlICjp4L_91fyPmeXKogBCz1vxDVENe7yvL8bTkp_yFSuP7Xk4e2U_PkiSJd9KfPGz6rOCjW316d/s400/Lombardo%252C+Piazza+Navona%252C+cm.180x230%252C+1963.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Sergio Lombardo, <em>Piazza Navona</em>, smalto su tela, cm.180x230, 1963</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Così è ad esempio per le sagome, le linee di
profilo di volti, corpi e oggetti che si trasferiscono dai quadri di
Lombardo a quelli di Tacchi, da quelli di Mambor a quelli di Schifano
e Ettore Innocente fino alle sagome tridimensionali di Pascali e
Ceroli, frantumando il paradigma rappresentato dalla dialettica
astratto/figurativo – ormai divenuto sterile e stantio – in una
sintesi geniale, giacchè la sagoma è al tempo stesso figura,
giacchè rimanda ancora ad un determinato soggetto/oggetto reale, e
rappresentazione astratta di questo soggetto/oggetto, giacchè ne
mostra soltanto i caratteri essenziali.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_5nLgec_M1TAdX7fU9nE8UI0KjcUgt50TAm1RXM3Pz7VziBLhtik49lNVaBzhTapg4NRWCwq7RgeKbUoOYu8CoFbT4HOgdW2ljAy893lrscJ4aBLA61whzmKHXkSS7nQ4kLkYU3B_b362/s1600/Cesare+Tacchi%252C+Renato+e+poltrona%252C+tecnica+mista+su+tela+imbottita%252C+cm.160x140x8%252C+1965.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1378" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_5nLgec_M1TAdX7fU9nE8UI0KjcUgt50TAm1RXM3Pz7VziBLhtik49lNVaBzhTapg4NRWCwq7RgeKbUoOYu8CoFbT4HOgdW2ljAy893lrscJ4aBLA61whzmKHXkSS7nQ4kLkYU3B_b362/s400/Cesare+Tacchi%252C+Renato+e+poltrona%252C+tecnica+mista+su+tela+imbottita%252C+cm.160x140x8%252C+1965.jpg" width="343" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Cesare Tacchi,<em> Renato e poltrona</em>, tecnica mista su tela imbottita, cm.160x140x8, 1965</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidYbU6u5fDjAG24CDBaLVmoZyh8D-xbuZvqsG-sehdIZ3YBEXlK6x6cPmneNgEFJ7veoIit7zjbrr9DTPYq8uYXp7o_j76f8EJb-Nc3HA2Al5yqigW8TGu_PRNJxM_6O-wvY8QUwg_ggzG/s1600/R.Mambor+40+uomini+timbro+di+profilo%252C+1963.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="543" data-original-width="800" height="271" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidYbU6u5fDjAG24CDBaLVmoZyh8D-xbuZvqsG-sehdIZ3YBEXlK6x6cPmneNgEFJ7veoIit7zjbrr9DTPYq8uYXp7o_j76f8EJb-Nc3HA2Al5yqigW8TGu_PRNJxM_6O-wvY8QUwg_ggzG/s400/R.Mambor+40+uomini+timbro+di+profilo%252C+1963.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Renato Mambor, <em>40 Uomini Timbro di Profilo</em>, tecnica mista su cartoncino, 70x100, 1963</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEDT-So9od1TraIDTU9qEN8QzVxc672vp4v2OXKB44FYoxIOBQY1IQ1VXz1f2wN7BEhrfMhyjucd46A_Xku9qGSVKHCRFFqrBOpD70cm2EizBoXkgJEgz-v_2z2ziSJVSiOoqTppvV5ivR/s1600/Angeli%252C+Corteo%252C+1968%252C+cm.300x212.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="802" data-original-width="555" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEDT-So9od1TraIDTU9qEN8QzVxc672vp4v2OXKB44FYoxIOBQY1IQ1VXz1f2wN7BEhrfMhyjucd46A_Xku9qGSVKHCRFFqrBOpD70cm2EizBoXkgJEgz-v_2z2ziSJVSiOoqTppvV5ivR/s400/Angeli%252C+Corteo%252C+1968%252C+cm.300x212.jpg" width="276" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Franco Angeli, <em>Corteo</em>, smalto su carta intelata, cm.300x212, 1968</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhld0pT7stT3VeJyi-QZlW87xd9PTOmrjRsfe-0bnf-0jZoUGt9KbSaTY6RiR5rh9o8_vOKhZzXFCmsRszx0XarQfPUzUD9fKv7gxuRZ952ZXW5t5orv8xJ27XUz91kkuGrZXZCzg_daBoQ/s1600/Mario+Schifano%252C+1965.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="388" data-original-width="756" height="205" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhld0pT7stT3VeJyi-QZlW87xd9PTOmrjRsfe-0bnf-0jZoUGt9KbSaTY6RiR5rh9o8_vOKhZzXFCmsRszx0XarQfPUzUD9fKv7gxuRZ952ZXW5t5orv8xJ27XUz91kkuGrZXZCzg_daBoQ/s400/Mario+Schifano%252C+1965.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Mario Schifano, <em>Futurismo rivisitato</em>, smalto e spray su tela, 1965</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSOsaRLu0aM-y-f29EFN-g36bovh2BG6GSpciC1kmXvXTTN2sXcTx4opQ53I-JBlEmG5VV5gdTZzOliP2yjq0sG0Ptjt_p8HQuCPZCT0BEZsN8fGKL13506AI7fhyMhGxOgQ0XQwbdNo84/s1600/Innocente%252C+Slalom.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1387" data-original-width="1500" height="368" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSOsaRLu0aM-y-f29EFN-g36bovh2BG6GSpciC1kmXvXTTN2sXcTx4opQ53I-JBlEmG5VV5gdTZzOliP2yjq0sG0Ptjt_p8HQuCPZCT0BEZsN8fGKL13506AI7fhyMhGxOgQ0XQwbdNo84/s400/Innocente%252C+Slalom.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Ettore Innocente,<em> Slalom</em>, materiali vari, cm.180x190x30, 1966</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Il "clima felice"
di cui parla Tano Festa, quello che all'epoca noi chiamavamo lo
"stato nascente di un movimento" (1), l'essere avanguardia
è quindi uno stato di grazia al cui formarsi concorrono una serie di
personalità disparate, le cui esistenze si trovano ad essere a
stretto contatto nel momento in cui un sistema di convenzioni, un
paradigma culturale - come ho detto prima - si avvicina al suo punto
di catastrofe. Ed è in questo momento, quando le regole
precedentemente vigenti si dissolvono, che alla creatività si aprono
spazi impraticati e sterminati, è in questa temperie segnata da un
procedere quasi a tentoni, per tentativi e errori, senza più punti
di ancoraggio che chiunque - anche il meno dotato – venga a
trovarsi all'interno di questa sorta di cerchio magico, chiunque,
come era solito dire Lombardo, può fare un quadro.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
<br />
Io credo che la Teoria
dell'Evento e dell'Arte Eventuale, e più in generale un approccio al
problema dell'arte ed una sensibilità eventualista, che presero
forma e si svilupparono in quegli anni sulle pagine della Rivista di
psicologia dell'Arte, derivino <i>ab origine</i> da un ripensamento e
da un'analisi approfondita di quella che era stata l'esperienza di
piazza del Popolo che. Nelle lunghe serate a Jartrakor discutevamo
infatti prevalentemente del lavoro di questi artisti, mentre ad
esempio il lavoro di un artista come Boetti, che sicuramente è stato
importante per la mia elaborazione teorica successiva al distacco dal
gruppo di Jartrakor, l'ho scoperto soltanto successivamente,
probabilmente proprio perchè questo artista non fece parte di
quell'esperienza.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
E' infatti soltanto in un
mio scritto del 2002 – il testo di presentazione della mostra di
Sergio Lombardo "dai Monocromi ai Gesti Tipici" allo Studio
Soligo di Roma – che osservo come l'impianto teorico e metodologico
dei <i>Monocromi</i> di Lombardo presenti delle forti affinità con i
lavori a biro di Boetti.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
L'impianto teorico dei
Monocromi che Sergio Lombardo realizza alla fine degli anni '50,
rispondeva all'esigenza, citando le sue stesse parole, <i>di
eliminare dal quadro ogni abilità tecnica sostituendola con
l'esecuzione di un compito non qualitativamente rilevante (verniciare
una superficie data con colori dati), sostituendo ogni fantasia con
l'uso logico di elementi dati (composizioni uniformi, colori di
campionario, regole esecutive, etc.)</i>. </div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgF-eW1BErNliv8aQ8-Z3CENoug0keWUoB0dIXzal92rgtzPuozCs3ocFoR_TKpdxYck81jfzS3hjLnUL-wNcCwhegWNd34lrlVi8ANRgSbdTIsEOiJnuhwgOs__OsaAJZtzl-bU5za3eIM/s1600/Lombardo+Azzurro+81.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="690" data-original-width="700" height="393" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgF-eW1BErNliv8aQ8-Z3CENoug0keWUoB0dIXzal92rgtzPuozCs3ocFoR_TKpdxYck81jfzS3hjLnUL-wNcCwhegWNd34lrlVi8ANRgSbdTIsEOiJnuhwgOs__OsaAJZtzl-bU5za3eIM/s400/Lombardo+Azzurro+81.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Sergio Lombardo, <em>Azzurro 81</em>, collage e smalto su tela, cm.200x200, 1960</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
In pratica l'artista
ritagliava una serie di foglietti di carta quadrangolari dello stesso
formato che disponeva ad intervalli regolari a ricoprire la
superficie, che poi verniciava nella maniera più uniforme possibile.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
L'esigenza d'impersonalità
nella realizzazione di un'opera che si avverte nel progetto di
Lombardo, rappresenta peraltro un istanza fortemente sentita da tutti
gli artisti di piazza del Popolo: <i>levare l'io dal quadro</i>,
scriverà esplicitamente Renato Mambor. Il soggetto, cacciato dalla
porta, rientra però di soppiatto dalla finestra e trova espressione
negli scarti minimi e nelle irregolarità più o meno appariscenti
che l'esecuzione presenta - in maniera non volontaria e fuori dal
controllo della coscienza - rispetto al progetto: impreviste
scolature di colore, irregolarità di contorno, errori nella
profilatura dei foglietti di carta. </div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEil0lTWRS6veqWiRvEJW4RdlqtClVew4nfLGNJsePsOZUFHPUN4gVsHfIRwMz6k6JVHxb-vluFvxB-HAoaCMOU1nUCg86yc3tCbUIsZQD_JAEcbnBg8u-VPE1_tKFz_D-aC7bC-Z3B3glcD/s1600/Boetti.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="718" data-original-width="1600" height="178" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEil0lTWRS6veqWiRvEJW4RdlqtClVew4nfLGNJsePsOZUFHPUN4gVsHfIRwMz6k6JVHxb-vluFvxB-HAoaCMOU1nUCg86yc3tCbUIsZQD_JAEcbnBg8u-VPE1_tKFz_D-aC7bC-Z3B3glcD/s400/Boetti.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Alighiero Boetti, <em>Mettere al mondo il mondo</em>, penna biro su carta intelata, cm.160x147, 1975</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Le cosiddette "biro"
che Boetti comincia a realizzare a partire dai primi anni '70, sono
invece opere composte dalla giustapposizione di diversi elementi
cartacei dello stesso formato che l'artista affida ognuno ad un
diverso esecutore con il compito di campirli uniformemente con la
penna a biro.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Ogni foglio di carta
contiene delle parti che non devono essere ricoperte.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Al termine dell'operazione,
a sinistra le parti non campite delineano le lettere dell'alfabeto
disposte lungo una verticale; procedendo verso destra, nel senso
della lettura, compaiono delle virgole che corrispondono alle lettere
dell'alfabeto allineate sulla sinistra e che compongono in questo
modo una frase.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Una delle prime frasi fatte
realizzare da Boetti secondo questa procedura è "mettere al
mondo il mondo", composta da otto fogli 70x100 la cui
realizzazione venne affidata dall'artista alternando un esecutore di
sesso maschile ad uno di sesso femminile.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
La forma e la struttura più
adatte a coprire uniformemente un'ampia superficie consistono in un
fitto e coprente tratteggio verticale, dall'alto in basso, nondimeno,
pur mantenendosi all'interno della regola esecutiva stabilita
dall'artista, spiccano ed emergono, non solo le differenze di
tratteggio tra un esecutore ed un altro, ma anche quelle realizzate
dalla stessa mano in giorni diversi. Il processo di produzione messo
a punto da Boetti per la realizzazione di questi lavori a biro,
funziona quindi anche come una sorta di sismografo capace di rilevare
i diversi stati d'animo di un singolo esecutore che si ritrovano ad
essere espressi dalle differenze ed irregolarità del tracciato di
campitura del foglio di carta. Come nei Monocromi di Lombardo,
l'esecutore/realizzatore si trova ad esprimere la sua individualità
<i>malgré lui-meme</i>, in tutte quelle alterazioni, involontarie e
più o meno vistosamente percettibili, che subentrano nella
ripetizione reiterata dello stesso gesto in funzione di alcune
variabili, alcune delle quali – come la noia o il calo di
attenzione – prevedibili, altre – come il trillo del telefono che
mi fa sobbalzare all'improvviso – assolutamente no.<br />
E proprio l'insieme di
queste tracce minimali di sè che il soggetto dissemina
involontariamente ed inconsapevolmente durante l'esecuzione di un
compito, di un gesto o di un'azione ordinaria che si ripetono
apparentemente identici a se stessi nella routine della vita
quotidiana e le costellazioni di segni che queste tracce generano,
diventeranno il campo d'azione privilegiato della ricerca del <i>Gruppo
di Piombino</i>.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Rispetto a quanto osservato
nei lavori di Lombardo e Boetti – che ho citato come antecedenti e
punti di partenza necessari in quanto a mio avviso particolarmente
rigorosi ma ovviamente un'attenzione per il fenomeno del cosiddetto
"espressionismo involontario" si riscontra anche nel lavoro
di altri artisti – la teoria e la pratica dell'arte del Gruppo di
Piombino introducono come istanza primaria la necessità di abbassare
il più possibile il livello di consapevolezza dei soggetti implicati
nei processi di realizzazione/esecuzione, questo al fine di meglio
garantire l'autenticità e l'involontarietà del loro comportamento.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
E' peraltro vero che già in
Boetti, nel passaggio dai lavori a biro ai ricami, si assiste ad un
abbassamento del livello di consapevolezza dell'esecutore. Le
ricamatrici di Kabul e di Peshawar a cui l'artista affida il compito
di tessere al telaio gli arazzi da lui progettati, infatti, sono
delle semplici lavoratrici salariate che non hanno alcuna coscienza
di star confezionando un oggetto che sarà poi distribuito e
mercificato come arte, addirittura spesso neppure sono in grado di
leggere la frase che ricamano a telaio.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Osserviamo adesso alcuni
esempi della metodologia adottata dagli artisti del Gruppo di
Piombino.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoUFfSeX3yGxkf72Uv15NBfnsw8h_52Kp3fzC6HPvDv7yYsIht3mQEc8I_zr3GPiNVura6-Zjb9melnOD80LCm7US3jpK2Q1v2FcoTBquqAyU9ixcxhrKQMw3SqzG0WnBCFpzE3njuWF24/s1600/falci%252C+Azioni+costanti%252C+1987.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1206" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoUFfSeX3yGxkf72Uv15NBfnsw8h_52Kp3fzC6HPvDv7yYsIht3mQEc8I_zr3GPiNVura6-Zjb9melnOD80LCm7US3jpK2Q1v2FcoTBquqAyU9ixcxhrKQMw3SqzG0WnBCFpzE3njuWF24/s400/falci%252C+Azioni+costanti%252C+1987.jpg" width="301" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Fig.1 Salvatore Falci, <em>ATM</em>, cera e smalto su masonite, cm. 140x200, 1987</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Questa fotografia riproduce
un "pavimento" di Salvatore Falci (fig.1). L'artista aveva
dipinto uniformemente di nero delle lastre di masonite bianca che,
nel caso in oggetto, aveva disposto sotto una pensilina dove la gente
attendeva l'autobus, sì che si confondessero con una normale
pavimentazione a linoleum (fig.1a). </div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFHDdPEN3SaA8EUTqosp3TnSDpdjifTr4fi6g0-JC3Zem7WixxW3oA8cF3CoN7iUU1rQlptS8020VIaCEc8S3BXEglFw4qqqzt2SPoevxcSZweELmId_ywo2kZoOdl0bHD77rtAYolGfOC/s1600/Clipboard01.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="318" data-original-width="600" height="211" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFHDdPEN3SaA8EUTqosp3TnSDpdjifTr4fi6g0-JC3Zem7WixxW3oA8cF3CoN7iUU1rQlptS8020VIaCEc8S3BXEglFw4qqqzt2SPoevxcSZweELmId_ywo2kZoOdl0bHD77rtAYolGfOC/s400/Clipboard01.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Fig. 1a</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
I segni che vedete nel quadro
sono quindi il prodotto di una giornata di calpestio da parte di
persone del tutto inconsapevoli di partecipare alla realizzazione di
un quadro.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2Et06CbbsXk6bdHtyLtymOQA_9bSP23UNEPgqpwHRECF55qhDuAxlPeQYFUQBX78NXh6IsXKJnnnU4sH5699ibtMcbXF2htJzwoXcn-OAYpc5JyEQF-ol1cPEpJ0-dVqgOUi_J9hVTmgq/s1600/Modica%252C+Vetreria+Petri%252C+cm.+124x144%252C+plexiglas+e+impianto+luc%252C+2004i.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="365" data-original-width="435" height="335" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2Et06CbbsXk6bdHtyLtymOQA_9bSP23UNEPgqpwHRECF55qhDuAxlPeQYFUQBX78NXh6IsXKJnnnU4sH5699ibtMcbXF2htJzwoXcn-OAYpc5JyEQF-ol1cPEpJ0-dVqgOUi_J9hVTmgq/s400/Modica%252C+Vetreria+Petri%252C+cm.+124x144%252C+plexiglas+e+impianto+luc%252C+2004i.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Fig.3 Pino Modica, <em>Vetreria Petri</em>, plexiglas e impianto luci, cm.124x144, 2004 </div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Questo è invece un "piano
di lavoro" di Pino Modica (fig.3), realizzato con un metodo
analogo. La superficie di plexiglas è infatti stata sovrapposta al
normale piano di lavoro di una vetreria ed è stato ritirato al
termine della giornata. I segni che si vedono sul piano, soltanto
accentuati dall'impianto di retroilluminazione con cui l'artista l'ha
successivamente impaginato, sono frutto dell'ordinaria attività
degli artigiani che vi hanno lavorato sopra.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjYSJ7P91eswOcKPb_P3gUGp4vY88eW74wZOH7PhGC4QY8EUpznC2OD20pmhfwZs2BYfb-TpPO9-cupDrugTuPorPNsPKbXxjiUq1lmN3F-_h4PqQzs_y-JhD34bd9k9R1IRLbMmPIFakx_/s1600/Clipboard01.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="826" data-original-width="591" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjYSJ7P91eswOcKPb_P3gUGp4vY88eW74wZOH7PhGC4QY8EUpznC2OD20pmhfwZs2BYfb-TpPO9-cupDrugTuPorPNsPKbXxjiUq1lmN3F-_h4PqQzs_y-JhD34bd9k9R1IRLbMmPIFakx_/s400/Clipboard01.jpg" width="285" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Fig.4</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Qui abbiamo una "prova
resistenza" di Stefano Fontana (fig.4). All'interno di queste
strutture si osserva teso uno scampolo di tessuto racchiuso tra due
lastre di plexiglass traforate. Al di sotto si nota un cassetto che
contiene una serie di asticelle di rame. Cinque di queste strutture –
realizzate con colori di tessuto diversi (giallo, rosso, blu, bianco
e nero) – dono state collocate nel reparto tessuti di una grande
magazzino. La clientela era indotta a credere che si trattasse di un
modo per testare la resistenza dei tessuti - che erano regolarmente
in vendita - mediante l'introduzione delle barrette nei fori. </div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhznLlIwQtzpfZ-IhQ_i4Le4SL6mw_IhpnomEbXuHHZDCcE8I_6RJtvd4ozbYbIfaHWl1ZFJdUoI9TtDoC0fGkAdtO4CpGFKDoemOqnttG8Bwo-mEj1lKUZqEC-G9IBU_tMkQbgEtHlIZHc/s1600/Biennale+1988.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="254" data-original-width="400" height="253" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhznLlIwQtzpfZ-IhQ_i4Le4SL6mw_IhpnomEbXuHHZDCcE8I_6RJtvd4ozbYbIfaHWl1ZFJdUoI9TtDoC0fGkAdtO4CpGFKDoemOqnttG8Bwo-mEj1lKUZqEC-G9IBU_tMkQbgEtHlIZHc/s400/Biennale+1988.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Fig.5 Stefano Fontana, <em>Prova resistenza</em>, materiali vari, dimensioni variabili, 1988</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Nella
fig.5, le cinque strutture come vennero esposte da Fontana nella
Biennale del 1988, dopo che l'artista le aveva bloccate nella
configurazione assunta dopo una giornata d'interazione con la
clientela del grande magazzino.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTKrMQus9vlkNdKihLSdoRbmDOHpHHV3qs3HtAsYfTiXPHM7ntSNmqPP4B5sE0vOr90CtuOnH9A371yJH8Jv8YvCdvTqiCGgtg9Cwwe0EtAYI5eapa1SuN3mdX00rIMpeRPaYTPaYFy0wM/s1600/Cesare+Pietroiusti+Hackerbrau+d+125+1988.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="588" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTKrMQus9vlkNdKihLSdoRbmDOHpHHV3qs3HtAsYfTiXPHM7ntSNmqPP4B5sE0vOr90CtuOnH9A371yJH8Jv8YvCdvTqiCGgtg9Cwwe0EtAYI5eapa1SuN3mdX00rIMpeRPaYTPaYFy0wM/s400/Cesare+Pietroiusti+Hackerbrau+d+125+1988.jpg" width="391" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Fig.6 Cesare Pietroiusti, <em>Hackerbrau</em>, stampa cibachrome su compensato, diam. cm.125, 1988</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Questo è infine uno dei
<i>photo-object </i>realizzati all'epoca da Cesare Pietroiusti
(Fig.6). Si tratta di un sottobicchiere ritrovato dall'artista e
riprodotto senza apportarvi alcuna modifica su scala gigante (125 cm.
di diametro).</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Volevo adesso prendere in
considerazione un punto che mi riguarda più da vicino. Vale a dire
l'accezione che ho dato al ruolo di critico militante e il modo in
cui l'ho interpretato.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
In apertura del catalogo
della prima mostra del gruppo di Piombino – galleria Lascala, Roma,
1984 – dove usualmente è collocato il testo di presentazione
scritto da un critico, si legge questo brevissimo testo a firma del
sottoscritto e di Daniela De Dominicis:</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
"Da tempo abbiamo
trasferito il nostro lavoro di critici militanti all'interno del
processo di produzione dell'arte, anzichè relegarlo in un tempo ad
essa postumo. Le nostre argomentazioni teoriche e critiche danno e
prendono vita dalla pratica sperimentale da cui a volte, non possono
essere estrapolate. Per questo abbiamo rinunciato a scrivere una
'presentazione critica' che non avrebbe avuto ai nostri occhi alcun
significato."</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Con questa dichiarazione
volevamo esplicitare il fatto che, nel caso di un'arte sperimentale
come quella con cui avevamo a che fare, il lavoro del critico
consisteva soprattutto nella verifica della correttezza della
procedura e del metodo impiegati nel realizzare l'esperimento. Nel
caso di Sosta Quindici Minuti, che è appunto l'opera prima del
gruppo di Piombino, pur essendo del tutto estranei all'idea
originaria degli artisti, nondimeno sia io che Daniela De Dominicis
avevamo contribuito con le critiche espresse in lunghe discussioni
con gli artisti, a determinarne la formulazione finale. Oltracciò,
per la semplice ragione che avevamo una maggiore confidenza con la
scrittura, il resoconto dell'esperimento che figurava in catalogo a
firma del gruppo, era stato materialmente scritto da noi.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Del resto nello stato
nascente di un'avanguardia le singole personalità sono più sfumate
e meno definite e rendono la questione del chi abbia fatto cosa o
l'abbia fatto prima del tutto secondaria, se non addirittura priva di
senso: in questa fase infatti tutti quelli che si trovano all'interno
del cerchio magico concorrono in qualche modo al realizzarsi di ogni
singola opera.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Emblematica in questa chiave
è, ad esempio, l'opera di Renato Mambor <i>Diario per gli amici</i>
realizzata la prima volta nel 1967. L'opera è costituita infatti da
una serie di pannelli di legno dello stesso formato 50x140 cm.)
ognuno dei quali Mambor aveva affidato ad un amico artista perchè lo
trattasse secondo la propria tecnica d'esecuzione.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
E su questo punto mi piace
ricordare anche una frase di Lombardo: "l'artista – o se
preferite l'uomo creativo – non ha paura di essere copiato, perchè
ha talmente tante idee che il suo timore è piuttosto quello che non
vengano realizzate".<br />
Ma adesso voltiamo pagina.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Mi ero fatta l'idea che
l'insuccesso della scuola di piazza del Popolo, che aveva finito per
essere oscurata dalla Pop Art americana, non fosse dipeso dalla
qualità delle opere nè dall'essere <i>maudit</i> o "cacciatori
di contesse" – come qualcuno ebbe a definirli – degli
artisti, ma piuttosto dall'inadeguatezza dei galleristi e dei
mercanti – segnatamente Plinio de Martiis e Gian Tomaso Liverani –
che avrebbero dovuto sostenerli. Non erano mancati infatti i critici
fiancheggiatori – ricordo soltanto figure dello spessore di Emilio
Villa e Cesare Vivaldi ma potrei citarne molti altri – e inoltre,
forse per l'ultima volta in Italia, c'era stato anche il sostegno
istituzionale. Palma Bucarelli, la <i>regina di quadri</i>, come
recita il titolo di una sua biografia di recente pubblicazione (2),
che aveva trasformato la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di valle
Giulia nel primo museo d'arte contemporanea dirigendolo come una
corazzata per 35 anni, era stata infatti pronta a cogliere
l'importanza della situazione che si andava formando e a sostenerla
con le mostre e gli acquisti. A tutt'oggi gran parte delle opere di
questi artisti che possiamo vedere in questo museo sono frutto degli
acquisti della Bucarelli, e sottolineo la parola "acquisti",
non donazioni o comodati come invece diventerà pratica comune dei
sovrintendenti che le succederanno.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Quello che probabilmente è
invece mancato alla scuola di piazza del Popolo è la figura di un
personaggio capace di tirare le fila e catalizzare quel processo di
trasformazione di un'avanguardia in movimento diffuso che soltanto ne
può decretare il successo. Agli artisti di piazza del Popolo, in
altre parole, è mancato quello che Marinetti è stato per il
Futurismo o Breton per il Surrealismo. Entrambe figure in cui,
all'alto profilo intellettuale e alle indubbie capacità di
elaborazione teorica si coniugavano altrettanto indubbie capacità
organizzative e di gestione economico-mercantile. A sottolineare -
qualora ce ne fosse bisogno - l'importanza di quest'ultimo aspetto,
vale la pena ricordare come, ad esempio, il contrasto tra Breton e de
Chirico che portò al suo feroce ostracismo da parte del gruppo
surrealista che pure in precedenza lo aveva eletto a proprio nume
tutelare, al di là della motivazione ideologica addotta – lo
sguardo che la pittura di de Chirico negli anni Venti comincia a
rivolgere verso la classicità, distogliendolo dalla rappresentazione
dei sogni che interessava ai surrealisti – ha anche, se non
soprattutto, ragioni per così dire di mercato. Era infatti accaduto
che Breton aveva acquistato dall'artista una<i> Piazza d'Italia </i>che
aveva poi provato a vendere ad un collezionista ma non si era messo
daccordo sul prezzo. Il collezionista era quindi andato da de Chirico
e gliene aveva commissionata una simile per un prezzo minore di
quello richiesto da Breton. De Chirico, della cui scarsa fedeltà si
lamenteranno quasi tutti i mercanti che ebbero a che fare con lui,
aveva accettato senza porsi troppi problemi.<br />
Per quanto riguarda il
mercato dell'arte, va comunque detto che nell'ultimo decennio ha
subito una profonda trasformazione. Il suo allargamento ha infatti
modificato il profilo socioculturale dell'acquirente tipo. Se infatti
da un lato l'acquisto di opere d'arte si è esteso a settori sempre
più ampi dell'alta borghesia coinvolgendo quei grandi capitali che
hanno determinato l'aumento del volume d'affari; dall'altra la
recessione economica ha tagliato fuori dalla possibilità d'acquisto
quei piccoli collezionisti che pagavano magari a rate, potendosi
privare senza difficoltà di quei 500-1000 euro al mese che oggi
invece gli servono per sopravvivere.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Questo per dire che i
collezionisti – peraltro molto pochi – che ho incontrato nel
periodo di Jartrakor, ma anche parte di quelli che ho conosciuto fin
quando ho avuto una galleria militante, erano realmente dei compagni
di strada che sostenevano e finanziavano la causa di artisti di cui
condividevano appieno il progetto. Questo non significa che fossero
privi dell'intenzione di realizzare dei profitti attraverso la
compravendita di opere d'arte, ma soltanto che pensavano di poterlo
ottenere attraverso la promozione di un valore culturale in cui si
riconoscevano. Personalmente, ricordo che ogni volta che riuscivo a
vendere un lavoro di un artista a cui ero legato da sodalizio, avevo
l'impressione di aver in realtà guadagnato un altro sostenitore alla
causa.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Oggi, questo tipo di figura,
che potremmo definire del collezionista-militante, o è praticamente
scomparsa o è una mosca bianca.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Oggi chi entra in galleria –
ammesso che ci entri - lo fa nella maggior parte dei casi armato di
uno smartphone su cui ha registrato tutte le ultime battute d'asta
delle opere degli artisti che intende acquistare.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Ho detto "ammesso che
ci entri", in galleria...perchè la galleria, come struttura di
distribuzione dell'arte, era molto legata ad un rapporto più intimo
tra collezionista e gallerista, al carisma culturale che il
gallerista sapeva esercitare e quindi alla fiducia che i suoi clienti
potevano riporre nelle capacità del suo sguardo d'intuire le cose
in anticipo sui tempi, lasciandosi guidare negli acquisti dalle sue
premonizioni. Nel momento in cui la l'istanza primaria che muove
all'acquisto diviene il profitto, tutto questo viene meno e l'unico
carisma che viene riconosciuto al gallerista è la sua potenza
economica. Vale a dire la sua capacità d'imporre sul mercato un
prodotto con la forza del capitale. Il mercato dell'arte non sfugge
infatti alla legge della domanda e dell'offerta, quindi, se posso
disporre di un capitale adeguato, è sufficiente rastrellare le opere
di un determinato artista – in alcuni casi si tratta inoltre solo
di determinate opere della sua produzione – per farne salire le
quotazioni. Ottenuto questo rialzo, si comincia a vendere con il
contagoccie, e si portano a casa gli utili.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
La possibilità di condurre
in porto con successo operazioni speculative di questo tipo, che cioè
possono prescindere almeno in parte dalla qualità del prodotto,
altera la potenziale imparzialità di giudizio del mercato,
screditando il suo ruolo di arbitro che decreta il successo o
l'insuccesso di una forma d'arte. Questo però soltanto sul breve
termine. A medio e lungo termine abbiamo potuto constatare, anche
recentemente, come bolle speculative anche molto pompate si siano
sgonfiate poi altrettanto rapidamente a come si erano formate. Se non
è sostenuta dalla qualità, infatti, l'operazione speculativa tende
a perdere la sua spinta via via che decresce il numero di merci
accantonate dal capitale che l'ha avviata.<br />
Tutto questo, in ogni caso,
concorre a ridurre il ruolo del gallerista, e conseguentemente della
galleria come struttura di distribuzione, a favore di altri canali
che mostrano una maggiore e più diffusa capacità di penetrazione
nel mercato come le case d'aste o le televendite. In pratica il
gallerista o si trasforma nel gestore di capitali che gli vengono
affidati per essere investiti nelle operazioni speculative oppure, se
tutto va bene, si ritrova relegato in una piccola nicchia alla
periferia del mercato.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
Ad ogni modo, come stavo
accennando prima di aprire questa digressione, agli inizi del 1987
ritenni che fosse giunto il momento di uscire dalla riserva indiana
degli "spazi sperimentali", nei quali avevo fino a quel
momento portato avanti la mia ricerca, e giocare la partita
all'interno del sistema dell'arte ufficiale, rappresentato dal
circuito delle gallerie e dal mercato.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Ciò detto, convinto che un
intellettuale non dovesse avere timore di sporcarsi le mani con il
denaro, conobbi e strinsi un accordo a nome di tutto il gruppo con
Sergio Casoli, un mercante milanese che aveva da poco aperto una
galleria, per promuovere il lavoro del gruppo di Piombino.</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Mi trasferii quindi a Milano
ed entrai a lavorare in galleria con il compito di curare le mostre e
coordinare le attività del gruppo. In qualche modo inventai la
figura del critico che anzichè scrivere per una rivista
specializzata od un quotidiano – anche se sporadicamente scrivevo
anche articoli o recensioni – lavorava ufficialmente per una
galleria privata, con il compito, potremmo dire, di curarne il
settore di ricerca.
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
Poi, come ha detto Cesare
Pietroiusti prima, <i>è andata come è andata...</i></div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<u></u> </div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<u>Note</u>:<br />
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
(1) cfr. F. Alberoni,
<i>Innamoramento e amore</i>, Milano 1979</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
(2) R.Ferrario, <i>Regina di
quadri. Vita e passioni di Palma Bucarelli</i>, Milano 2010</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-11980579750493716342017-08-25T03:07:00.000-07:002017-08-25T03:07:04.642-07:00Premiata Ditta, Arte e Industria, 1989<strong>Premiata Ditta, Arte e Industria, 1989</strong><br />
<strong></strong><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2PQcL-maSdDCyDOnMZyQ4MsebZajcQH_31hGRjKBKG08NUO8fnaoYkD9wd-9T8NmoHdyZJ_XPPUfcUZDc32Ej4xBWuJ46xhhiIjZDNgSW8F7APDX91qUYpLmxNzDkYz59YQhdRO6TUobo/s1600/Premiata+Ditta+invito.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1089" data-original-width="1600" height="271" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2PQcL-maSdDCyDOnMZyQ4MsebZajcQH_31hGRjKBKG08NUO8fnaoYkD9wd-9T8NmoHdyZJ_XPPUfcUZDc32Ej4xBWuJ46xhhiIjZDNgSW8F7APDX91qUYpLmxNzDkYz59YQhdRO6TUobo/s400/Premiata+Ditta+invito.jpg" width="400" /></a></div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-77979952019615524242017-08-25T01:52:00.000-07:002017-08-25T01:52:14.532-07:00Ernesto Fedi, Il Gruppo di Piombino: dall'Eventuale al Relazionale, 2017<strong><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;">Ernesto
Fedi, </span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><i>Il
Gruppo di Piombino: dall'Eventuale al Relazionale</i></span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="font-style: normal;">,
in </span></span></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><i>Prometeo</i></span></span></strong><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="font-style: normal;"><strong>,
n.138, pagg. 101-108, giugno 2017</strong> </span></span></span><br />
<span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="font-style: normal;"></span></span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLHCHUbli2cOFOp5l1SXc0yGKGH79ufz8KAqEuC1LxjK5bPEMSH2fR5Lbn_PmoKkpppv3UgR4oej1hJDjFHQhYThO8U1S31IjsM39mLgLAwkkoNM5eHAWfsz7HqCSYXsz4pgGFMZzW2C5z/s1600/EnricoFedi+1+%25285%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1552" data-original-width="1091" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLHCHUbli2cOFOp5l1SXc0yGKGH79ufz8KAqEuC1LxjK5bPEMSH2fR5Lbn_PmoKkpppv3UgR4oej1hJDjFHQhYThO8U1S31IjsM39mLgLAwkkoNM5eHAWfsz7HqCSYXsz4pgGFMZzW2C5z/s400/EnricoFedi+1+%25285%2529.jpg" width="280" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8OvkQ0d0Qh-IyD4d0ERQyre_6r59B6VUVxJtbWqzOO9YHZWxI_7p6_wyrTCscFbMLY60lqk3vvR0GK9o47UxuC1wrGsmp1ejHbwmb1yG-9muUMaekeIqRQxe7eNMn8UbyIGbAYc_lcivR/s1600/EnricoFedi2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1478" data-original-width="1141" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8OvkQ0d0Qh-IyD4d0ERQyre_6r59B6VUVxJtbWqzOO9YHZWxI_7p6_wyrTCscFbMLY60lqk3vvR0GK9o47UxuC1wrGsmp1ejHbwmb1yG-9muUMaekeIqRQxe7eNMn8UbyIGbAYc_lcivR/s400/EnricoFedi2.jpg" width="308" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiaY5ugVtxNjeOd_fKMaGYGF7UyApeivE-jfASl38q6d5VwLucBKqfTxujVkeUrGyVkOywFy5D52KyMTpJ46X3Bo57VvchZw2Be3BGl1pZFYV9Nk6tNjnEzpMCq306GSqzZ67yHhO2Kltb/s1600/EnricoFedi3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1520" data-original-width="1106" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiaY5ugVtxNjeOd_fKMaGYGF7UyApeivE-jfASl38q6d5VwLucBKqfTxujVkeUrGyVkOywFy5D52KyMTpJ46X3Bo57VvchZw2Be3BGl1pZFYV9Nk6tNjnEzpMCq306GSqzZ67yHhO2Kltb/s400/EnricoFedi3.jpg" width="290" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTmaepoOul2Cao5dlZuSRcrbOlWKMVsFWiUxB2DG0DAlnJxcSNVHk7DsEqIM2_Klx0mbc7pdBPK9eNlgZqWD2PpqSWYE-BpHkjXNLzGABd-9UnXxoQ2R8XfPEfiM9Uz9R5dMikp6P7TP-1/s1600/EnricoFedi4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1494" data-original-width="1124" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTmaepoOul2Cao5dlZuSRcrbOlWKMVsFWiUxB2DG0DAlnJxcSNVHk7DsEqIM2_Klx0mbc7pdBPK9eNlgZqWD2PpqSWYE-BpHkjXNLzGABd-9UnXxoQ2R8XfPEfiM9Uz9R5dMikp6P7TP-1/s400/EnricoFedi4.jpg" width="300" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1VHcUhk4UDMo9y84NTruKlYNZdeDeWGY3GruD7hO2V8YC2C-uTiPMgZrgYe_URs5gSEk4kmPJJEIlH2zC8EjAfLGvfe2LDHjlgBtbxOeqDF0m6a_LnxAyJUpcgzMxypCGWhchJVBAdYtZ/s1600/EnricoFedi5.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1476" data-original-width="1115" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg1VHcUhk4UDMo9y84NTruKlYNZdeDeWGY3GruD7hO2V8YC2C-uTiPMgZrgYe_URs5gSEk4kmPJJEIlH2zC8EjAfLGvfe2LDHjlgBtbxOeqDF0m6a_LnxAyJUpcgzMxypCGWhchJVBAdYtZ/s400/EnricoFedi5.jpg" width="301" /></a></div>
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</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvy-zU23-jDDv9kVDgRqSt_qe2DVTcR7bawvt6DiccMPKOL1luM9jM0IkQ8RW-rs5KREXxJAytmB1hr3aeKx09py0my6SCPcAhAjfvHTcCbXbdHjDgrl-zHmV1peacxcM6lR0Z_FaFHhhN/s1600/EnricoFedi6.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1489" data-original-width="1136" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvy-zU23-jDDv9kVDgRqSt_qe2DVTcR7bawvt6DiccMPKOL1luM9jM0IkQ8RW-rs5KREXxJAytmB1hr3aeKx09py0my6SCPcAhAjfvHTcCbXbdHjDgrl-zHmV1peacxcM6lR0Z_FaFHhhN/s400/EnricoFedi6.jpg" width="305" /></a></div>
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</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiaIAdJWuOpLrf8rVRLiWE1f7naYlreS1cslSG0f_21Lsbvx9e1NA1HJuev41wE8C3ABbUtreJmpCkUi1Yyu_4OxjcQ41sM8r_R_O3rOqxMJ9eAbEOGEXordFTnV9qKeLp2JfdH67uijvCT/s1600/EnricoFedi7.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1484" data-original-width="1073" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiaIAdJWuOpLrf8rVRLiWE1f7naYlreS1cslSG0f_21Lsbvx9e1NA1HJuev41wE8C3ABbUtreJmpCkUi1Yyu_4OxjcQ41sM8r_R_O3rOqxMJ9eAbEOGEXordFTnV9qKeLp2JfdH67uijvCT/s400/EnricoFedi7.jpg" width="288" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMCBVHr6jQwR6hV1Ep7z1hhI9bbIKsWT87Jjz1MvsCi7UDJB5tuuny_-SJ2D4-CrE6M5o0FJtNwOkCPrzS5VKtDNkWQGpaVHHv6oS6D2uT-kKhExbBU7ODuq57G_euLWtOBTVv5B90Ditv/s1600/EnricoFedi8+%25281%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1507" data-original-width="1122" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjMCBVHr6jQwR6hV1Ep7z1hhI9bbIKsWT87Jjz1MvsCi7UDJB5tuuny_-SJ2D4-CrE6M5o0FJtNwOkCPrzS5VKtDNkWQGpaVHHv6oS6D2uT-kKhExbBU7ODuq57G_euLWtOBTVv5B90Ditv/s400/EnricoFedi8+%25281%2529.jpg" width="297" /></a></div>
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</div>
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</div>
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</div>
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</div>
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</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><span style="font-style: normal;"></span></span></span><br />
<br />
<div lang="" style="font-style: normal; line-height: 115%; margin-bottom: 0.35cm;">
<br /><br />
</div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-46470802206902024252017-04-26T19:14:00.000-07:002017-04-27T09:04:58.175-07:00Lo sguardo di Ettore: ipotesi di lettura<strong>Lo sguardo di Ettore: ipotesi di lettura</strong><br />
di Domenico Nardone<br />
<br />
Una versione leggermente ridotta di questo testo è pubblicata in ...<em>ma l'amor mio non muore: opere dalla collezione Ettore Alloggia</em>, Casa Museo Ivan Bruschi, Arezzo, 2016<br />
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La figura del collezionista non è di
solito inquadrata tra le categorie professionali proprie del sistema
dell'arte alla stessa stregua di quella dell'artista, del critico e
del gallerista. Fare il collezionista non sembra infatti, almeno
apparentemente, un mestiere nel senso stretto del termine, quanto una
condizione esistenziale, un modo di essere: non si<i> fa</i> il
collezionista ma si<i> è </i>un collezionista.
</div>
Eppure è fin troppo facile osservare
che se non esistessero collezionisti di opere d'arte sicuramente non
esisterebbe alcun sistema dell'arte e, forse, nessuna produzione di
arte o quantomeno di ciò che noi attualmente definiamo come tale.
L'insieme dei <i>desiderata</i> dei collezionisti rappresenta infatti
la domanda di mercato che nelle società liberali costituisce gran
parte della committenza (l'altra parte - in Italia, in particolare,
davvero esigua - è rappresentata dalla committenza pubblica).
<br />
L'arte risponde a questa domanda con
due ordini di produzione: con la produzione di un'arte che chiameremo
“tradizionale” e che soddisfa il profilo estetico esplicito della
domanda – il gusto corrente – e con la produzione di un'arte
detta di avanguardia nella misura in cui anticipa e induce essa
stessa l'esplicitazione di una domanda ancora allo stato latente nel
corpo sociale.
<br />
Al suo sorgere l'arte d'avanguardia si
scontra con una reazione di rigetto più o meno violenta da parte del
gusto corrente che si esprime anche, se non soprattutto, con una
sorta di censura di mercato e la critica e le gallerie che si
schierano al suo fianco vengono dette “militanti”. Con una
metafora molto suggestiva, anche se forse un po' troppo romantica,
Bonito Oliva ha scritto una volta che “il critico militante è un
po' come il paladino antico che scende nell'agone e si batte in onore
dei colori della sua dama” (l'arte per cui ha scelto di
parteggiare). Nello scontro dialettico con le forze che esprimono il
gusto corrente, l'arte d'avanguardia si gioca la sua sorte: se ne
esce vincitrice sovverte i canoni estetici vigenti e soppianta l'arte
tradizionale emarginandone i fenomeni di epigonia. Nelle società
liberali, governate dalle leggi del libero scambio, questa partita si
gioca principalmente sul fronte del mercato dell'arte, è qui infatti
che si decide della vittoria o della sconfitta di un'avanguardia.
<br />
Un percorso del genere appena delineato
è stato compiuto in epoca recente dal movimento dell'Arte Povera che
da arte di avanguardia si è trasformata in arte ufficiale,
universalmente riconosciuta ed apprezzata dai mercati.
Significativamente la celebrazione di questo rito di passaggio non è
avvenuta attraverso una grande mostra internazionale – come avvenne
ad esempio con la Pop Art la cui egemonia venne sancita dalla
Biennale di Venezia del 1964 che premiò Robert Rauschenberg come
migliore artista – ma attraverso una grande asta internazionale.
<br />
L'11 febbraio del 2014 si tenne infatti
nella sede londinese della Christie's un'asta intitolata <i>Eyes Wide
Open: An Italian Vision</i> di 109 lotti tutti provenienti dalla
stessa collezione messa insieme nell'arco di 25 anni e
classificabili, per la gran parte, come <i>must</i> dell' Arte
Povera. Il catalogo dell'asta, per struttura e spessore, somigliava
molto ad un manuale di storia dell'arte, in cui il <i>gotha</i> della
critica internazionale era stato invitato a scrivere schede e
articoli celebrativi del movimento. L'asta era stata inoltre
preceduta da una serie di conferenze di presentazione tenute in
Europa ed in America e da una mostra itinerante delle opere
principali. Come risultato i valori di aggiudicazione di quasi tutte
le opere hanno superato di due o tre volte quelli correnti di
mercato.<br />
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Tra il 1965 ed il 1966, nel pieno
periodo di stato nascente del movimento dell'Arte Povera,
Michelangelo Pistoletto – che può forse essere considerato il <i>guru</i>
del movimento - rispondeva alla crescente richiesta di mercato per i
suoi quadri specchianti (1) con gli<i> Oggetti in meno</i>:
</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLv4ehXX1Q1KtkcOGlBj17eOH-6M89U36HP3Icwv5DCn5UaDaQojFKIHh3K2LSVivG0BR4TegSi4rXhSoKCcmUgxKP_2cxtVdtm89yHGhN2L7cR-h7Xyqr5Mat53Fiddg5d6Bj_eWKHK-D/s1600/Pistoletto+Oggetti.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="295" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLv4ehXX1Q1KtkcOGlBj17eOH-6M89U36HP3Icwv5DCn5UaDaQojFKIHh3K2LSVivG0BR4TegSi4rXhSoKCcmUgxKP_2cxtVdtm89yHGhN2L7cR-h7Xyqr5Mat53Fiddg5d6Bj_eWKHK-D/s400/Pistoletto+Oggetti.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Michelangelo Pistoletto, <em>Oggetti in meno</em>, studio dell'artista, 1966</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“Con questi lavori, ognuno diverso
dall'altro, come se si trattasse di una mostra collettiva, viene
infranto quel dogma per cui ogni opera di un artista deve essere
stilisticamente riconoscibile, come un marchio commerciale
standardizzato. Gli <em>Oggetti in meno</em> sono infatti accolti molto
freddamente dalla critica, tanto che determinano un congelamento del
valore di mercato dei precedenti quadri specchianti che avevano
ottenuto grande successo in Europa e negli USA.”</div>
Gli <em>Oggetti in meno</em> nascono dunque
esplicitamente come anti-merce, <i>oggetti in meno</i>, anche in
quanto sottratti al processo di mercificazione, che con la
trasformazione dell'Arte Povera da avanguardia a regime raggiungono
quotazioni di mercato iperboliche. Una volta vittoriosa, l'arte
d'avanguardia perde infatti di norma gran parte della sua spinta
rivoluzionaria e gli artisti del nucleo storico ripiegano su una
produzione di maniera, mentre proliferano e si diffondono i fenomeni
di imitazione e di epigonia. Di norma, ma non sempre.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixjhBkY1penp-mIIhmWcLTR0koUDMzHOTogLhJO72sNvouoXZY-UbusjDe87CWNFZX5woVgrIk4a1e99qD60hvxt-oxJjaq3yIyyrqUoBxuWQ_LlnCFXJKwpXvF7rN_A6EWlLbwqVQUcft/s1600/Pistoletto+ritratto.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="391" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixjhBkY1penp-mIIhmWcLTR0koUDMzHOTogLhJO72sNvouoXZY-UbusjDe87CWNFZX5woVgrIk4a1e99qD60hvxt-oxJjaq3yIyyrqUoBxuWQ_LlnCFXJKwpXvF7rN_A6EWlLbwqVQUcft/s400/Pistoletto+ritratto.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Michelangelo Pistoletto, <em>Ritratti al Tavolo del Terzo Paradiso</em>, serigrafia su acciaio inox lucidato a specchio, cm. 150x150, 2015</div>
<br />
L’11 giugno 2015 nelle sale della
Galleria Mucciaccia di Roma, Pistoletto ha fatto realizzare un grande
tavolo rivestito da una tovaglia decorata con il simbolo del Terzo
Paradiso, intorno al quale ha riunito a convivio 10 coppie di
collezionisti che sommate a quelle costituite dal gallerista e dalla
moglie e dal mercante d'arte Mario Pieroni con Dora Stiffelmayer
formavano un totale di dodici coppie. Durante la serata sono state
scattate le fotografie successivamente utilizzate per realizzare
altrettanti ritratti su superficie specchiante delle dodici coppie
che si erano preventivamente impegnate ad acquistarli. Qualche mese
dopo queste opere sono state esposte nella galleria in una mostra dal
titolo <i>Ritratti al Tavolo del Terzo Paradiso</i>. <br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
La visione
d'insieme di questi quadri specchianti è davvero impressionante: la
borghesia è ritratta come ingessata nelle stesse pose e negli stessi
atteggiamenti stereotipati che si ripetono nelle sue rappresentazioni
ufficiali dalla ritrattistica fiamminga del XVII secolo fino ad oggi.
Attraverso una neppure troppo velata allusione all'Ultima Cena
(dodici coppie come dodici erano gli apostoli) l'artista mette quindi
in scena una critica del vivere borghese che ricorda quella feroce
del Bunuel del <i>Fantasma della libertà,</i> in cui li mostra
compunti sedere tutti insieme a tavola per defecare e rinchiudere da
soli in uno stanzino per mangiare. </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioDGdvWF9gUoEhv_QIlVj7emm45MSqJLoQRYzANn52jinE6baUqb2zBBvHomjYj1SntIF7RT_g1_pgI8ynmoRVhJ-672OfKPc4fD8lTiGOR8iS0fiMPl1rNk_xBBmwUcPyyJ76UP7CwuDK/s1600/Bunuel.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="233" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEioDGdvWF9gUoEhv_QIlVj7emm45MSqJLoQRYzANn52jinE6baUqb2zBBvHomjYj1SntIF7RT_g1_pgI8ynmoRVhJ-672OfKPc4fD8lTiGOR8iS0fiMPl1rNk_xBBmwUcPyyJ76UP7CwuDK/s400/Bunuel.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
da Luis Bunuel, <em>Il Fantasma della Libertà</em>, 1975</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
E questa è veramente una
<i>veronica</i><span style="font-style: normal;">, il “</span><i>passo
del torero</i><span style="font-style: normal;"> organico/obliquo al
reale” di cui parla Bonito Oliva nel suo testo in catalogo, con
cui l'artista mette alla berlina ciò che apparentemente sembra voler
celebrare.</span></div>
<span style="font-style: normal;"></span><div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-style: normal;"> </span></div>
<span style="font-style: normal;">
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Sulla base delle
considerazioni sin qui svolte, la figura del collezionista appare
sotto una luce diversa: lungi dall'essere <i>il ricco scemo</i> (come
un tempo venivano considerati i presidenti delle squadre di calcio) e
scialacquatore è piuttosto una parte attiva del sistema dell'arte,
capace di condizionarne e orientarne la produzione. I collezionisti
che prendono partito per un'arte d'avanguardia e cominciano ad
acquistarla schierandosi al suo fianco, divengono infatti determinanti
nel decretarne il successo nello
scontro dialettico con l'arte di regime del momento. Così come
esistono critici e galleristi “militanti” esistono quindi anche –
e non sono assolutamente meno decisivi - collezionisti che divengono
tali e rimangono anch'essi indissolubilmente associati nella memoria
al movimento che hanno sostenuto. Rimanendo in ambito italiano, basti
pensare al barone Giorgio Franchetti, la cui figura di collezionista
è strettamente legata alla cosiddetta scuola di Piazza del Popolo, o
al conte Giuseppe Panza di Biumo e la scuola californiana. Queste due
figure di collezionisti – non del tutto casualmente entrambi di
estrazione aristocratica – appaiono inoltre particolarmente
significative perchè precorrono e avviano quel processo di
transizione del collezionismo d'arte contemporanea dal puro
mecenatismo all'imprenditoria culturale che oggi condiziona
fortemente il sistema dell'arte. Attualmente infatti le collezioni
d'arte contemporanea sono sempre meno mere accumulazioni come
tendevano ad essere nel passato e sempre più strutture dinamiche che
cambiano e si trasformano nel tempo per mezzo di permutazioni e
meccanismi di compravendita che generano comunque degli utili, anche
se questi vengono, nella maggior parte dei casi, reinvestiti nella
collezione stessa (per questa ragione molti collezionisti di un
certo livello possono operare infatti sul mercato attraverso lo
strumento giuridico delle fondazioni no profit).
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
In linea di massima queste collezioni,
intese come imprese culturali, investono parte del capitale in valori
più o meno consolidati - le cosiddette opere <i>storiche</i> che già
figurano nei musei e nei manuali di storia dell'arte – e parte in
opere più sperimentali e d'avanguardia che rappresentano
l'equivalente degli investimenti nella ricerca di un qualunque altro
tipo d'impresa.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Presentare al pubblico la collezione
d'arte contemporanea di un collezionista ancora attivo, come è il
caso di Ettore Alloggia, significa quindi mostrare il risultato
provvisorio di un percorso, fissando in un'istantanea un momento di
un processo di formazione ancora in fieri.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'analisi delle opere che formano il
nucleo storico della collezione ci dice inoltre qualcosa della
visione dell'arte che ha il suo autore, delle istanze che guidano le
sue scelte quando si muove nel campo accidentato
dell'ipercontemporaneità. Si parte quindi da Giacomo Balla – il
“grande vecchio” del Futurismo – alla cui ricerca si richiamano
negli anni '50 gli astrattisti del gruppo di <i>Forma 1</i>, qui
rappresentato dalle opere della Accardi, di Dorazio e Sanfilippo, che
esplicitamente lo assumono a proprio nume tutelare. Nei <i>formidabili</i>
anni '60 lo sguardo del collezionista si appunta dapprima sulla
scuola romana di Piazza del Popolo – presente con i suoi pilastri
Schifano, Festa e Angeli – per seguire poi una sottile linea
minimalista che dai monocromi di Castellani e Lombardo si connette,
passando attraverso il minimalismo concettuale di Giulio Paolini,
alle opere di Piacentino e Mochetti che introducono agli anni '70 e
prosegue nel decennio successivo con il lavoro di Ettore Spalletti.
Nel mezzo, la rivoluzione di Boetti, punto di catastrofe del sistema,
da cui prendono le mosse sia un movimento di riflusso come la
Transavanguardia – qui rappresentata da Enzo Cucchi (<i>Sì, perché
noi dobbiamo andare solo indietro. Andare avanti non vuol dir niente
in pittura</i>) (2) – che ne radicalizza l'istanza libertaria, sia
la cosiddetta ultraprogressista Arte relazionale che ne sviluppa
l'apertura al ruolo del pubblico nel processo di produzione
dell'arte.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
<u>Note</u>:</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
(1) “<span lang="zxx">Arrivato alla
fine del 1964, Leo Castelli mi dice: sbrigati a fare quadri perché
sono stati tutti venduti e piazzati nei musei, voglio fare una tua
mostra subito.” (Germano Celant,</span><span lang="zxx"><i> Intervista
con Michelangelo Pistoletto, </i></span><span lang="zxx"><span style="font-style: normal;">Genova</span></span><span lang="zxx">,
febbraio 1971, in Germano Celant, </span><span lang="zxx"><i>Michelangelo
Pistoletto</i></span><span lang="zxx">, catalogo della mostra,
Palazzo Grassi, Venezia, 1976.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<span lang="zxx">(2) </span>Achille
Bonito Oliva, <i>Intervista a Enzo Cucchi</i> <span lang="zxx">(1982)
in</span><span lang="zxx"><i> Enciclopedia della parola. Dialoghi
d’artista. 1968-2008</i></span><span lang="zxx">, Skira, Milano
2008</span><span style="color: #404042;"><span style="font-family: "lato" , "arial" , sans-serif;"><span style="font-size: small;"><span lang="zxx"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">,
</span></span></span></span></span></span><span lang="zxx">pag.
226-27.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
</span><br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-82645686760929749252016-05-05T10:34:00.000-07:002017-03-29T07:20:58.174-07:00La perdita di ruolo dell'artista nella società contemporanea<b>LA PERDITA DI RUOLO DELL'ARTISTA
NELLA SOCIETA' CONTEMPORANEA</b><br />
<br />
<br />
di Domenico Nardone<br />
in <i>Rivista di Psicologia dell'Arte</i>,
nn.14/15, 1987<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHNVuBF58lR7GLFA1aDbpRVxa_CSrm_W0tC4Id_iW2OlGpJ76dITwV403uQZ3N607eTgLDR0mRZ8UBK4ZlL62tw7UXKumG8dUolKfxtIhsYRqQGBgQMlZeRgmGi9BcluJXGH8P2QZM5njA/s1600/Fabio+Mauri%252C+Quadro%252C+oggetti+in+cassetta+da+scarpe%252C+1959-1960.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="310" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHNVuBF58lR7GLFA1aDbpRVxa_CSrm_W0tC4Id_iW2OlGpJ76dITwV403uQZ3N607eTgLDR0mRZ8UBK4ZlL62tw7UXKumG8dUolKfxtIhsYRqQGBgQMlZeRgmGi9BcluJXGH8P2QZM5njA/s400/Fabio+Mauri%252C+Quadro%252C+oggetti+in+cassetta+da+scarpe%252C+1959-1960.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Fabio Mauri, <em>Cassetto</em>, oggetti in un cassetto, 1959-1960</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Sul finire degli anni '50 e l'inizio
degli anno '60, la pittura viene ad essere coinvolta in un processo
di trasformazione delle coordinate sociali e culturali, tale da
metterne drasticamente in discussione il ruolo di tecnica
privilegiata della produzione di immagini.</div>
Le regioni dello sguardo, della
percezione visiva – oggetto di dominio della pittura – vengono
infatti ad essere massicciamente invase dalle nuove e competitive
tecniche della produzione industriale di immagini.<br />
Alcuni esempi. Nel 1953 viene prodotto
il primo film in <i>cinemascope</i>, tecnica di ripresa e proiezione
che schiude al cinema le porte dl grande schermo; nel 1954 prendono
il via le trasmissioni regolari della RAI, diffuse su tutto il
territorio nazionale. Nuove professioni (grafico pubblicitario,
disegnatore di moda, regista di <i>shorts</i> pubblicitari, etc.) si
affacciano prepotentemente alla ribalta e tendono a sostituire i
pittori nel ruolo di specialisti dell'immagine. Nondimeno, a fronte
di questo drammatico “conflitto di ruolo”, la pittura riesce
ancora a vivere una delle stagioni più intense e appassionanti della
sua storia.<br />
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>1 – La pop art americana</i></div>
<br />
La pop art americana nasce, per usare
un'espressione della Lippard, “all'insegna dell'ottimismo” (1)
nonché, potremmo aggiungere, della proclamazione celebrativa.<br />
Gli intenti satirici e di commento
sociale, che certa critica vuole rinvenire nella pop americana (2),
le sono in realtà alquanto estranei.<br />
La cultura culinaria di cui siamo
portatori ci spinge infatti a provare dinanzi alle pietanze della
cucina fast-food – hamburger annegati nella senape, patatine fritte
in un olio chissà quante volte già usato, panini che il gusto
riesce a stento a discriminare dalle carnevalesche versioni in gomma
– reazioni di repulsione tali da non poter essere assolutamente
superate in intensità da quelle suscitate dalle gigantesche
riproduzioni in vinile e stoffa di Oldenburg. Nel contesto culturale
di origine, viceversa, è molto probabile che, come sostiene Lucy
Lippard, i panini di Oldenburg “fanno venire l'acquolina in bocca”
(3).<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiib6kVfIqebDhe8lxdNvfZMLKOE-rsHSvfTIMcgGDCH68j0AOZeZeoXdq4u9sGX5SFvQ6HFEmKx8L5goNQ55k9Sq7EaydouWH-5fh-g8S2njFyf6f1Ev54Gbdt5UCLNpnKUDTVE3JaUjwo/s1600/Schifano%252C+En+Plein+air%252C+quadro+per+la+Primavera.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiib6kVfIqebDhe8lxdNvfZMLKOE-rsHSvfTIMcgGDCH68j0AOZeZeoXdq4u9sGX5SFvQ6HFEmKx8L5goNQ55k9Sq7EaydouWH-5fh-g8S2njFyf6f1Ev54Gbdt5UCLNpnKUDTVE3JaUjwo/s400/Schifano%252C+En+Plein+air%252C+quadro+per+la+Primavera.jpg" width="388" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Mario Schifano, <em>En plein air. Quadro per la primavera</em>, 1964.</div>
<br />
La pop americana, in chiave ideologica,
è quindi ottimista e celebrativa. Canta, con un entusiasmo privo di
mezzi termini, il Mondo Nuovo, la Nuova Frontiera kennedyana, la Ford
e la Coca-Cola, l'american way of life; celebra, in definitiva,
l'essere all'avanguardia del modo di vivere di tutta una nazione e lo
fa con tutta l'orgogliosa baldanza che tale situazione comporta.<br />
L'aspetto della pop art che m'interessa
qui sottolineare è tuttavia un'altro. Pop esalta infatti la visione
del mondo offerta dalle tecniche di produzione industriale delle
immagini. Pop guarda a ciò che le sta intorno attraverso l'occhio
magico della televisione, della fotografia, della stampa a rotocalco,
dei <i>comics</i>, della cartellonistica pubblicitaria. Lo sguardo
pop – freddo, impersonale, distaccato – è, di conseguenza,
identico a quello dei nuovi tecnici dell'immagine. Né, d'altra
parte, sembra casuale che tutti i principali esponenti del movimento
pop americano abbiano alle loro spalle questa nuova formazione
professionale: Warhol era un affermato disegnatore di scarpe per
riviste di moda, Rosenquist un disegnatore pubblicitario, Lichtestein
aveva lavorato come vetrinista, Oldenburg come art-director, etc.<br />
In questi termini il fenmeno pop appare
sancire la fine della pittura come tecnica di punta della produzione
di immagini: designers, grafici, stilisti travolgono gli steccati che
delimitavano lo specifico della pittura e si affermano –
apparentemente attraverso questa ma, in realtà, ben al di là di
questa – come i nuovi specialisti dell'immagine.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUYGExSiH1mj1BlH5hI8J9knAHR9BwBIrIpMtmwmm7CsuFQCDxxv8dnBZ_cocQJytFHYl3xsmAA9qxg8CnG4ie2ZcUub3HSsj5nUqpxc24L1LKcU7gHKFFh4_hACO7uwelbDSfV9l5tjLm/s1600/Lombardo%252C+Bianco+54%252C+1960.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUYGExSiH1mj1BlH5hI8J9knAHR9BwBIrIpMtmwmm7CsuFQCDxxv8dnBZ_cocQJytFHYl3xsmAA9qxg8CnG4ie2ZcUub3HSsj5nUqpxc24L1LKcU7gHKFFh4_hACO7uwelbDSfV9l5tjLm/s400/Lombardo%252C+Bianco+54%252C+1960.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Sergio Lombardo, <em>Bianco 54</em>, collage e smalto su tela, cm. 100x100, 1959</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>2 – La seconda scuola romana </i></div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Osserviamo adesso l'altra faccia della
medaglia. La cosiddetta pop romana o gruppo della Tartaruga o, per
l'appunto, seconda scuola romana.
</div>
Precedentemente, identificando i
caratteri di base dello sguardo pop, ho parlato di <i>freddezza</i>,
<i>impersonalità</i> e<i> distacco</i>. Orbene, questi stessi
caratteri si ritrovano anche nell'ambito del fenomeno ora in esame.
<br />
Cesare Vivaldi – il critico che ha
per certi versi tenuto a battesimo gran parte degli artisti della
seconda scuola romana – a proposito di una mostra di Schifano,
scriveva: <i>Il vero oggetto della pittura di Schifano non sono le
cose del mondo, bensì la particolare angolazione con la quale l'uomo
della civiltà di massa ha finito di vedere le cose del mondo</i>
(4).<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrSf1E5tbuhnogkwRo7Kzb7wSfEKKMkrDVm7kLh7fmZDHrKyzxCNlVdvnBtVJRcHjEx-HQzLCf511Ey9uRdvL-oGhyphenhyphent3Ccva8PyUDG01tMPizL6S3pKFQYjD4rBzKMH6Jew52G3aiPAGeU/s1600/Ettore+Innocente%252C+Regina+di+fiori%252C+acrilico+su+tela%252C+cm.%252C+1965.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrSf1E5tbuhnogkwRo7Kzb7wSfEKKMkrDVm7kLh7fmZDHrKyzxCNlVdvnBtVJRcHjEx-HQzLCf511Ey9uRdvL-oGhyphenhyphent3Ccva8PyUDG01tMPizL6S3pKFQYjD4rBzKMH6Jew52G3aiPAGeU/s400/Ettore+Innocente%252C+Regina+di+fiori%252C+acrilico+su+tela%252C+cm.%252C+1965.jpg" width="195" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Ettore Innocente, <em>Regina di fiori</em>, acrilico su tela, cm. 231x110, 1963-1965</div>
<br />
L'immagine di un panorama, come appare
sulla cartolina illustrata che il turista acquista in ricordo di una
gita, non ha più alcun significato particolare, è un ricordo
prefabbricato su scala industriale che “passa in memoria” senza
ricevere connotazione affettiva, è, per definizione, un'immagine
fredda, impersonale, distaccata.<br />
Titina Maselli, intervistata da
Maurizio Calvesi, dichiarava:<i> (…) non volevo mettere nella
pittura il mio pathos, ma il pathos della cosa stessa. (…) volevo
fare una pittura psicologicamente astratta</i> (5).<br />
E Sergio Lombardo, nella presentazione
ad una propria mostra: dal mio lavoro ho cercato di togliere
l'abilità tecnica e la fantasia. All'abilità tecnica ho sostituito
l'esecuzione di un compito qualitativamente non rilevante (come
verniciare superfici date con colori dati), alla fantasia ho
sostituito l'uso logico di elementi dati (composizioni uniformi,
colori di campionario, forme geometriche, etc.) (6).<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAYLMhQd6vVWaXexdof1MQU_-uSY8-FgNcDg4WoRd1UPAxphBgxGsXEm4LCMlrLd5v_AqQ03igyzfckvN2_tJyC8eVseGu8rox5D5HLm6LCF8mco2P20OOPRETwG6MsCxSEZ6YmDj1D2Jp/s1600/Cesare+Tacchi%252C+Taxi%252C+1963.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAYLMhQd6vVWaXexdof1MQU_-uSY8-FgNcDg4WoRd1UPAxphBgxGsXEm4LCMlrLd5v_AqQ03igyzfckvN2_tJyC8eVseGu8rox5D5HLm6LCF8mco2P20OOPRETwG6MsCxSEZ6YmDj1D2Jp/s400/Cesare+Tacchi%252C+Taxi%252C+1963.jpg" width="345" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Cesare Tacchi, <em>Taxi</em>, 1963</div>
<br />
Alla sostanziale affinità dei
caratteri di base -come appare dalle dichiarazioni su riportate –
fa riscontro, tuttavia, la diversitàdi connotazione affettiva, di
atteggiamento esistenziale su cui tali caratteri s'innestano.<br />
Il <i>distacco</i> diviene qui
drammatica separazione dai significati, la<i> freddezza</i>,
impotenza emotiva, l'<i>impersonalità</i>, la traccia di
un'esistenza riconosciuta come banale, meccanica, inutile, assurda,
ripetitiva.<br />
Lo sfondo culturale su cui si staglia
l'esperienza della seconda scuola romana è costituito infatti dalla
filosofia esistenzialista, dal Teatro dell'Assurdo, da <i>L'anno
scorso a Mariembad</i>, dal Noveau Roman, etc.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkWv3_sU210Lk5Qk2hpi_okFvsHkmnUOHAa74ES37Ep0WED2e2B2xjbak0eW5ipfTrNrvic_Ce_CiJrMYPBa6P9zcTL2FYy8iqQNoE6IUDJRvV2gaXLaHBA1qbQgFqp4inks5T4R_jTisN/s1600/Pascali%252C+festa.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="276" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkWv3_sU210Lk5Qk2hpi_okFvsHkmnUOHAa74ES37Ep0WED2e2B2xjbak0eW5ipfTrNrvic_Ce_CiJrMYPBa6P9zcTL2FYy8iqQNoE6IUDJRvV2gaXLaHBA1qbQgFqp4inks5T4R_jTisN/s400/Pascali%252C+festa.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Pino Pascali, <em>Gravida o Maternità</em> (1963), Tano Festa, <em>Obelisco</em> (1964)</div>
<br />
I pittori romani anche quando, in
un'ottica apparentemente pop, riproducono sulla tela le icone di una
nostrana e casareccia civiltà dei consumi – il pomodoro
sammarzano, il taxi verde e nero, la circolare rossa, il pacchetto di
<i>Nazionali</i>, i panorami delle cartoline illustrate, le carte da
gioco, etc. - lo fanno senza ottimismo, senza punte d'orgoglio. Al
contrario, in quel grande monoscopio rosso dipinto da Schifano e da
lui chiamato ironicamente <i>Venere di Milo</i>, c'è piuttosto il
gesto estremo e disperato del pittore che si vede sempre più
emarginato dai tecnici della produzione industriale di immagini,
sull'orlo della “perdita di ruolo”, privato di identità. <br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUDrg5xveC-0ZYk7-CO8U-Uah_ieBynF3KI5N8vteuC0LTBRVZUzkoLv3FP_tkjv_fCb2m9UI6B5QIMiouxmeRs5WYAv5c1mdMA9jB3sJySkqkcHO7-aI6kfoe9Rp11nwhDwL8rdnzfEbP/s1600/Maselli.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUDrg5xveC-0ZYk7-CO8U-Uah_ieBynF3KI5N8vteuC0LTBRVZUzkoLv3FP_tkjv_fCb2m9UI6B5QIMiouxmeRs5WYAv5c1mdMA9jB3sJySkqkcHO7-aI6kfoe9Rp11nwhDwL8rdnzfEbP/s400/Maselli.jpg" width="293" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Titina Maselli, <em>Il ciclista</em>, 1964</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<i>Conclusioni</i></div>
<br />
L'analisi dei tratti salienti del
periodo considerato, ed in particolare del fenomeno della “perdita
di ruolo”, proposta in questa sede, risponde alla convinzione che
tutti gli eventi di rilievo, succedutisi in arte alla pop-art, siano
stati e siano tuttora animati principalmente dall'istanza di
restituire all'arte e agli artisti un ruolo ed un'identità che la
società contemporanea non sembra più disposto a riconoscere loro.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7VHQJiw4zcaUy8IyjBdBWs5D_RDUIle5_orbQdOzzJmhHIb_62c2plaAB24PS9pr7TmVveBXZT-me3mPvMcOZGwHqURDzo_NN7bPn_tEp0lWp09sXId6P4rf5e7udlEzqsOXzm3ZHy5ro/s1600/Angeli.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7VHQJiw4zcaUy8IyjBdBWs5D_RDUIle5_orbQdOzzJmhHIb_62c2plaAB24PS9pr7TmVveBXZT-me3mPvMcOZGwHqURDzo_NN7bPn_tEp0lWp09sXId6P4rf5e7udlEzqsOXzm3ZHy5ro/s400/Angeli.jpg" width="362" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Franco Angeli, <em>La lupa</em>, tecnica mista su tela con tulle, cm. 170x155, 1964</div>
<br />
Così, ad esempio, la <i>Transavanguardia</i>,
con il suo proporre come valore la libertà espressiva del singolo,
il rifiuto del razionalismo e l'irrazionale come definizioni dello
specifico dell'arte, così la cosiddetta <i>Pittura Colta</i>, che
definisce l'identità dell'arte attraverso la storia dell'arte e
offre all'artista il ruolo di vestale di un culto anacronistico e
caduto in disuso. Ma anche, e soprattutto, a partire da quella crisi
lacerante, comincia a prendere corpo la risposta che, a tutt'oggi,
sembra l'unica via d'uscita praticabile: al disperato pessimismo di
Schifano che riconosce nel monoscopio televisivo la <i>Venere di Milo</i>
del nostro tempo, risponde idealmente l'energica volontà progettuale
di Lombardo di<i> creare l'anti-televisore</i> (7).<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOZziynRvxwj72H-fc8t5hpfLO-awYz7Awfrj9vZor1a4ynIB8WkOJHcXkYQVmQ2bjikO6EDFLsPiF1tiCcyDkyx3zdhE95t_InDg8-zWYYCTI-azmtXYpgcEM-1oaoQMBjd87_SBB4eWY/s1600/Mambor+Renato+-+Squadra+in+riposo+2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="286" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOZziynRvxwj72H-fc8t5hpfLO-awYz7Awfrj9vZor1a4ynIB8WkOJHcXkYQVmQ2bjikO6EDFLsPiF1tiCcyDkyx3zdhE95t_InDg8-zWYYCTI-azmtXYpgcEM-1oaoQMBjd87_SBB4eWY/s400/Mambor+Renato+-+Squadra+in+riposo+2.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Renato Mambor, <i>Squadra in riposo</i>, tecnica mista su carta, cm. 70x100, 1965</div>
<br />
L'unica possibilità che si offre
all'artista di recuperare un ruolo di punta in seno al processo
conoscitivo (ovvero di<i> essere all'avanguardia</i>) – e di
continuare quindi a rappresentare un valore culturale – passa
infatti attraverso una definizione dell'arte che non identifichi più
quest'ultima come mera tecnica di produzione d'immagini, bensì come
una teoria ed una pratica che abbiano come oggetto la produzione di
processi e comportamenti creativi.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQ47t_dE2-QPWg2cMS1pAjj7leNyZN2e7yiQUWP_bAXI21lgRc-AJ92cFG-Jhz60wje6xNpEm6X_qrJp6I6mVivKafLLNGmmN2D4SFiE7H05YmmAl_y024u4hH7ywMRoXauO9zdzeBkdjQ/s1600/Kounellis.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="102" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQ47t_dE2-QPWg2cMS1pAjj7leNyZN2e7yiQUWP_bAXI21lgRc-AJ92cFG-Jhz60wje6xNpEm6X_qrJp6I6mVivKafLLNGmmN2D4SFiE7H05YmmAl_y024u4hH7ywMRoXauO9zdzeBkdjQ/s400/Kounellis.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Jannis Kounellis,<em> Bar</em>, olio su tela, cm. 50x200, 1965 </div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
<u>Note</u>:</div>
<br />
(1) Lippard L.R, <i>Pop Art</i>,
Mazzotta, Milano 1978, pag.26.<br />
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
(2) Cfr. Argan G.C., <i>Il banchetto
della nausea </i>in<i> La botte e il violino</i>, 1963.</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
(3) Lippard L.R., op. cit.</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
(4) Vivaldi C., testo in catalogo della
mostra personale di Mario Schifano, galleria Il Punto, Torino, 1964.</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
(5) Le dichiarazioni sono tratte
dall'intervista di Maurizio Calvesi a Titina Maselli in <i>Marcatrè</i>,
Milano, 1964.</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
(6) Lombardo S., in <i>Sergio Lombardo</i>,
Di Maggio, Milano 1974.</div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
(7) Lombardo S., conversazione privata.</div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-59217310015946611532016-02-17T11:24:00.000-08:002016-02-17T11:24:19.320-08:00Non serve un critico<strong><span style="font-family: inherit;">Non serve un critico</span></strong><br />
<span style="font-family: inherit;">di Cesare Pietroiusti e Alfredo Pirri</span><br />
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<div lang="" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il rapporto tra artista e
critico è concepibile soltanto come quello fra compagni di strada e
creatori di idee e di forze.</span></div>
<span style="font-family: inherit;">
Non serve un critico che
vagabonda fra opere e linguaggi mascherando il proprio non essere con
il non essere del mondo.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Non serve un critico
compilatore di novità successive alla Transavanguardia e generico
accertatore di cambiamenti di clima.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
1 - l'impegno etico del fare
rispetto alla suprficialità estetica dell'immaginare;</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
2 - la volontà di costruire un
rapporto diretto con l'esperienza e con il lavoro contrapposto
all'omologazione;</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
3 - la freddezza ascetica di un
progettare piuttosto che il calcolo della freddezza critica;</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
4 - un tendere e un
direzionarsi rispetto al nomadismo e all'intertestualità;</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
5 - il rapporto riconoscente
e costruttivo con la realtà, dal sapere e potere degli artigiani al
sapere e potere dell'interazione fra uomini e fra uomini e cose.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
<br />
in <em>Roma Arte oggi</em>, a cura di
Ennio Borzi e Mirella Chiesa, introduzione di Filiberto Menna, testo
critico di Paolo Balmas, Politi Editore, Milano 1988.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
<br />
<em>Ennio Borzi era un
imprenditore e collezionista romano - già socio di Bruno Sargentini
nella galleria </em>L'Attico -<em> che intendeva costituire a Roma
un museo di arte contemporanea dedicato agli artisti che vivevano e
operavano nella città. In questa prospettiva aveva acquistato, tra
gli altri, alcuni lavori di Pietroiusti dallo Studio Casoli poco dopo
la mostra del gruppo nel novembre del 1987. Quando l'anno successivo
Ennio Borzi pubblicò il catalogo della sua collezione relativo agli
anni '80, Pietroiusti e Pirri decisero di pubblicarvi il testo
scritto a due mani sopra riportato.</em></span><br />
<span style="font-family: inherit;">
</span><br />
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /><span style="font-family: inherit;">
</span></div>
<span style="font-family: inherit;">
</span><br />
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<br />
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-47071727441543072192016-02-17T10:07:00.000-08:002016-02-17T10:07:23.031-08:00Simona Antonacci, L’altra Roma negli anni Ottanta. L’Eventualismo e il Gruppo di Piombino, un confronto.<span style="font-family: inherit;"><strong>Simona Antonacci, <em>L’altra Roma negli anni Ottanta. L’Eventualismo e il Gruppo di Piombino, un confronto</em>, tesi di specializzazione in Storia dell'arte, Università degli studi di Siena, Siena 2011.</strong></span><br />
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<span style="font-family: inherit;">
</span><br />
<div lang="zxx" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La tesi ricostruisce e mette
a confronto la storia di due esperienze che si sviluppano a Roma nel
corso degli anni Ottanta: quella del Centro Studi di Psicologia
dell’Arte Jartrakor, fondato da Sergio Lombardo nel 1977 nel suo
studio di via dei Pianellari, e gli interventi urbani del Gruppo di
Piombino, il quale a partire da Roma ha una diffusione a livello
nazionale fino all’inizio degli anni Novanta.</span></div>
<span style="font-family: inherit;">
Il primo, nel quale si formano Anna
Homberg, Domenico Nardone e Cesare Pietroiusti, si configura da
subito come uno spazio di ricerca e sperimentazione intorno al
rapporto tra arte e scienza, da cui prende forma la Teoria
dell’Evento. Formulato sulle pagine della “Rivista di Psicolgia
dell’Arte”, l’Eventualismo concepisce l’opera come un evento
che scardina i modelli percettivi omologati: le opere sono stimoli da
sottoporre al pubblico come esperimenti al fine di attivare risposte
individuali differenziate, che vengono indagate e analizzate
attraverso un rigoroso metodo scientifico.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Motivato a portare questo tipo di
sperimentazione nello “spazio della realtà”, Nardone si distacca
da Jartrakor nel 1983, per fondare, insieme a Daniela De Dominicis e
Antonio Lombardo, la galleria Lascala: il suo progetto di scardinare
i confini tradizionali dello spazio espositivo si evolverà con
Lascala c\o, concepita come spazio espositivo itinerante accolto, in
una prima e unica tappa, nel ristorante Il desiderio preso per la
coda. L’ipotesi “militante” condotta da Nardone – che opera a
un tempo come gallerista, critico e compagno di strada degli artisti
- si incontra con l’attività di tre giovani artisti piombinesi
che, nella provincia toscana, avviano una sperimentazione nello
spazio urbano. Svincolati dall’interesse per la riaffermazione del
paradigma del quadro e per gli aspetti soggettivistici, espressivi,
stilistici del fare arte, Salvatore Falci, Stefano Fontana e Pino
Modica sono impegnati in operazioni di osservazione, e poi
stimolazione, dei comportamenti spontanei del pubblico. Tra il 1983 e
il 1991 il Gruppo di Piombino, formato dai tre piombinesi più Cesare
Pietroiusti che si unirà nel 1987, mette in atto esperimenti nello
spazio urbano secondo una modalità di intervento subliminale con cui
il pubblico interagisce in modo inconsapevole. A partire dal 1987,
grazie all’incontro con il gallerista milanese Sergio Casoli, il
gruppo partecipa alle principali mostre dedicate alla giovane
generazione “emergente”.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
</span><br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Nel ricostruire, nei primi due capitoli
monografici, la storia di questi due fenomeni sia mediante
l’approfondimento delle teorie di riferimento, sia la ricognizione
sulle opere e sugli eventi espositivi significativi, la tesi propone
nel terzo capitolo un confronto tra le due. Entrambe le esperienze
costruiscono la propria poetica su un versante antitetico rispetto ai
movimenti “ufficiali” che animano il panorama artistico della
capitale, attraversata da fenomeni come la Transavanguardia, il
gruppo di San Lorenzo e l’insieme delle esperienze citazioniste,
accomunate dal recupero di mezzi tradizionali e dal ritorno all’opera
come oggetto finito e autoriale: a differenza di queste sia
l’Eventualismo che il Gruppo di Piombino propongono una linea “di
avanguardia” che, attraverso un modello operativo di gruppo e
un’elaborazione teorica rigorosa e condivisa, rappresentano
un’alternativa vitale quanto celata nel panorama romano. Distanti
dal punto di vista dell’ambito d’azione e nelle pratiche di
intervento, i due fenomeni condividono il progetto di attivare
nell’individuo un’esperienza creativa libera dai comportamenti
stereotipati imposti dalla società dei consumi: all’artista il
compito di attivare questo processo attraverso un azione che, nel
recuperare alcune prassi partecipative degli anni Settanta (sebbene
mondate da intenzionalità dichiaratamente ideologiche o politiche),
anticipa le pratiche “relazionali” che si affermeranno con
pienezza negli anni Novanta.</span></div>
<span style="font-family: inherit;">
</span><br />
<div lang="" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /><span style="font-family: inherit;">
</span></div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-81441954149961796272015-12-14T11:05:00.000-08:002016-02-17T10:08:41.080-08:00Marta Leteo, Il Gruppo di Piombino: una risposta al ritorno all'immagine. Teoria e metodologia di contrasto praticata nel reale.<strong><span style="font-family: inherit;">Marta Leteo, <i>Il Gruppo di Piombino:
una risposta al ritorno all'immagine. Teoria e metodologia di
contrasto praticata nel reale</i>, tesi di laurea magistrale in
Storia dell'arte, Università degli studi “La Sapienza”, Roma
2014.</span></strong><br />
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<span style="font-family: inherit;">
<span lang=""></span></span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span lang="">Con
l</span><span lang="">’elaborazione
della tesi, </span><span lang=""><i>Il
Gruppo di Piombino: una risposta al ‘ritorno all’immagine’. </i></span></span><span style="font-family: inherit;"><span lang=""><i>Teoria
e metodologia di contrasto praticata nel reale, </i></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">si
è voluto esaminare, approfondire e </span></span></span><span style="font-family: inherit;">valorizzare la storia e
l’esperienza di Gruppo nel contesto dei primi anni ottanta e fino
agli inizi </span><span style="font-family: inherit;">degli anni novanta, con una
piccola incursione anche verso la fine del decennio allo scopo di </span><span style="font-family: inherit;">aprire un inciso sul lavoro,
alcuni anni dopo lo scioglimento del Gruppo, sia degli artisti, </span><span style="font-family: inherit;">Salvatore Falci, Stefano
Fontana, Pino Modica e Cesare Pietroiusti, che fecero parte del </span><span style="font-family: inherit;">Gruppo, che del critico,
Domenico Nardone.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
<span lang="">In modo particolare si è
cercato di mettere in evidenza l’assoluta singolarità della
ricerca dei </span></span><span style="font-family: inherit;">Piombinesi rispetto alle
tendenze artistiche Postmoderne, evidenziando nei loro interventi la </span><span style="font-family: inherit;">lungimiranza di aver anticipato
modalità operative in direzione dell’orizzonte teorico dell’Arte </span><span style="font-family: inherit;">Relazionale degli anni novanta.</span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span lang="">L’elaborato è stato
sviluppato partendo da due linee di ricerca distinte ma compresenti.
La </span></span><span style="font-family: inherit;">ricostruzione storiografica e
la riflessione dal taglio critico. Tale approccio è stato possibile </span><span style="font-family: inherit;"><span lang="">grazie allo studio dei
documenti diretti ed indiretti che hanno costituito l’ossatura
della ricerca </span></span><span style="font-family: inherit;">da cui e stato possibile, poi,
articolare ulteriori considerazioni collaterali. </span><br />
<span style="font-family: inherit;">Il lavoro di ricerca è stato
basato sulla consultazione dei cataloghi delle mostre, delle
recensioni, </span><span style="font-family: inherit;">degli articoli pubblicati sulle
riviste di settore e degli archivi privati, si è proceduto poi con </span><span style="font-family: inherit;"><span lang="">l’analisi di testi
filosofici e di libri d’approfondimento su tematiche
socio-culturali, al fine di </span></span><span style="font-family: inherit;"><span lang="">poter avere un
riferimento attraverso cui contestualizzare l’esperienza del Gruppo
di Piombino </span></span><span style="font-family: inherit;">rispetto ad un ambito storico,
artistico e culturale di più vasta portata. </span><span style="font-family: inherit;">Fondamentali, infine, <span lang="">sono state le interviste
ad alcuni protagonisti dell’esperienza Piombinese, quali, gli
artisti </span>Cesare Pietroiusti e Pino
Modica ed il critico Domenico Nardone, mentre, purtroppo, non è </span><span style="font-family: inherit;">stato possibile intervistare,
perché non rintracciati, gli altri artisti Salvatore Falci e Stefano Fontana.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
</span><br />
<div lang="" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La struttura della tesi, nella
sua forma monografica, è stata concepita in tre capitoli suddivisi
in </span><span style="font-family: inherit;">paragrafi e sotto paragrafi in
modo da organizzare secondo gli eventi più significativi lo </span><span style="font-family: inherit;">sviluppo del racconto. In base
ad una scansione cronologica, si è ricostruita la storia del Gruppo </span><span style="font-family: inherit;">di Piombino, a partire dalla
formazione fino ad un piccolo accenno sulle ricerche affrontate </span><span style="font-family: inherit;">dagli artisti dopo l’esperienza
comune. </span><span style="font-family: inherit;">Si è preferito evidenziare le
vicende collettive piuttosto che le vicende delle singole personalità </span><span style="font-family: inherit;">e, attraverso la descrizione ed
il commento critico di alcune opere, tra gli anni ottanta e il </span><span style="font-family: inherit;">duemila, si è tentato di
sottolineare l’evoluzione dello stile e delle ricerche artistiche
dei singoli </span><span style="font-family: inherit;"><span lang="">artisti del Gruppo di
Piombino, insistendo anche sull’importanza della teoria e della </span></span><span style="font-family: inherit;"><span lang="">metodologia in esse profondamente implicate, teoria messa a punto dal
critico Domenico Nardone.</span></span></div>
<span style="font-family: inherit;">
<span lang="">Ogni capitolo è stato
anticipato da un’introduzione. Queste introduzioni costituiscono
dei brevi </span></span><span style="font-family: inherit;">antefatti rispetto poi a quanto
verrà approfondito nei capitoli.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
</span><br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><span lang="">L’</span><span lang="">introduzione
al primo capitolo, dal titolo: </span><span lang=""><i>Nel
contesto del Postmoderno e delle poetiche del </i></span></span><span style="font-family: inherit;">“<span lang=""><i>ritorno
all’immagine”, un breve cenno sulla storia della formazione del
Gruppo di Piombino</i></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">, </span></span></span><span style="font-family: inherit;">lascia intendere che ci si occuperà della genesi del Gruppo di Piombino
attraverso cenni sul </span><span style="font-family: inherit;">panorama culturale e artistico degli anni ottanta, a partire dalle definizione
del Postmoderno, </span><span style="font-family: inherit;">termine
con cui è stato identificato lo stesso decennio.</span></div>
<span style="font-family: inherit;">
<span lang=""><span style="font-style: normal;">Il
primo capitolo, </span></span><span lang=""><i>La
genesi del Gruppo di Piombino nel clima del ‘ritorno all’immagine”
(dal </i></span></span><span style="font-family: inherit;"><span lang=""><i>1983
al 1987), </i></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">approfondisce
gli eventi che portarono alla formazione del Gruppo e alle prime </span></span></span><span style="font-family: inherit;">mostre
collettive e personali dei suoi componenti tenutasi alla galleria
Lascala poi nel </span><span style="font-family: inherit;">ristorante-bar,
Il desiderio preso per la coda.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">Il
capitolo è stato organizzato in modo tale che si potessero trattare
contemporaneamente, </span><span style="font-family: inherit;">tramite
uno sviluppo ad intreccio, le vicende, dei singoli protagonisti,
precedenti alla </span><span style="font-family: inherit;">formazione
del Gruppo.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Le
storie individuali si ricongiungono nell’ultimo paragrafo del
capitolo, dove si </span><span style="font-family: inherit;"><span lang=""><span style="font-style: normal;">approfondi</span></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">scono
gli episodi legati al 1987, anno dell’effettiva for</span></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">mazione
del Gruppo di </span></span></span><span style="font-family: inherit;">Piombino.
In questa sede sono state esaminate le dinamiche che concorreranno
alla formazione </span><span style="font-family: inherit;">del
Gruppo di Piombino.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Partendo
dal retroterra culturale del Centro Studi Jartrakor fondato da Sergio
Lombardo, si è </span><span style="font-family: inherit;"><span lang=""><span style="font-style: normal;">potuta
indagare la formazione dell’artista Cesare Pietroiusti e del
critico Domenico Nard</span></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">one
in s</span></span></span><span style="font-family: inherit;"><span lang=""><span style="font-style: normal;">eno
all’Arte Eventuale. </span></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">Sono
state quindi analizzate le ricerche di Cesare Pietroiusti che </span></span></span><span style="font-family: inherit;"><span lang=""><span style="font-style: normal;">progressivamente,
a partire dal 19</span></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">83,
lo condurranno ad approfondire l’indagine sulle </span></span></span><span style="font-family: inherit;"><span lang=""><span style="font-style: normal;">espressioni
involontarie in rapporto all’ambiente naturale. </span></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">Tali
ricerche successivamente </span></span></span><span style="font-family: inherit;">porteranno
l’artista ad allontanarsi dal Centro Studi Jartrakor di Sergio
Lombardo.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Parallelamente
si è voluto dare voce al pensiero critico di Domenico Nardone, il
quale, uscendo </span><span style="font-family: inherit;">dal
contesto del Centro Studi Jartrakor nel 1983, inizierà ad elaborare
una teoria dell’arte </span><span style="font-family: inherit;">indirizzata
verso la città, il coinvolgimento del pubblico e la ricerca delle
forme creative diffuse.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
<span lang=""><span style="font-style: normal;">Sono
stati ripercorsi, quindi, </span></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">i
vari momenti che hanno dato origine alla “messa in forma” della </span></span></span><span style="font-family: inherit;">teoria
e della metodologia che sono sottese al lavoro del Gruppo di
Piombino, riconoscendo le </span><span style="font-family: inherit;"><span lang=""><span style="font-style: normal;">origini
di tale teoria in alcuni testi di critica d’arte elaborati da
Domenico Nardone in </span></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">occasione </span></span></span><span style="font-family: inherit;">di
alcuni interventi in sedi istituzionali. Tali ricerche sono anche
presenti in alcune scelte </span><span style="font-family: inherit;">curatoriali che il
critico propose alla galleria Lascala di Roma.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Inoltre
sono stati presentati gli interventi ludici e destabilizzanti
realizzati dagli artisti residenti </span><span style="font-family: inherit;"><span lang="">a
Piombino, Pino Modica, Stefano Fontana e Salvatore Falci. </span><span lang="">A
partire dal 1983, l’interesse di </span></span><span style="font-family: inherit;">questi
artisti si indirizza verso la realtà contestuale. Iniziarono infatti
ad indagine le azioni che </span><span style="font-family: inherit;"><span lang="">scaturivano
dall’incontro fra un sog</span><span lang="">getto
con un oggetto in un determinato ambiente attraverso </span></span><span style="font-family: inherit;">interventi
urbani.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
<span lang="">La
mostra </span><span lang=""><i>Sosta
quindici minuti, </i></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">tenutasi
nel 1984, sarà la prima mostra di Salvatore Falci, </span></span></span><span style="font-family: inherit;">Stefano
Fontana e Pino Modica curata da Domenico Nardone presso la galleria
Lascala. Questo </span><span style="font-family: inherit;">evento
rappresentò la conferma di un comune orizzonte di ricerca, iniziato
da differente </span><span style="font-family: inherit;">percorsi,
presupposti e formazioni che, in seguito a questa mostra, verrà
proseguito insieme </span><span style="font-family: inherit;">dagli
artisti e dal critico attraverso una strategia di gruppo.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
<span lang=""><span style="font-style: normal;">Nel
1987 si aggiungerà al primo </span></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">nucleo
l’artista romano Cesare Pietroiusti</span></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">,
che completerà così </span></span></span><span style="font-family: inherit;">la
formazione del Gruppo di Piombino.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
In
quello stesso anno gli artisti ed il critico saranno impegnati nel
portare avanti un progetto </span><span style="font-family: inherit;">innovativo
dal nome Lascala c/o Il desiderio preso per la coda, con il quale
proponevano una </span><span style="font-family: inherit;">radicale
ridefinizione dei ruoli e delle funzioni degli artisti, del
gallerista, del critico, delle </span><span style="font-family: inherit;">opere,
della galleria e del pubblico.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
<span lang=""><span style="font-style: normal;">L’introduzione
al secondo capitolo, dal titolo, </span></span><span lang=""><i>Una
nuova generazione di artisti italiani nella </i></span></span><span style="font-family: inherit;"><span lang=""><i>seconda
metà degli anni ottanta</i></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">,
fa capire che verrà affrontato il tema del ritorno alla ricerca e </span></span></span><span style="font-family: inherit;">alla
sperimentazione che ha portato ad una maggiore attenzione al reale,
ravvisato dai giovani </span><span style="font-family: inherit;">artisti
italiani, con particolare attenzione al fermento culturale della
scena milanese nella </span><span style="font-family: inherit;">seconda
metà degli anni ottanta.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
<span lang=""><span style="font-style: normal;">Nel
secondo capitolo</span></span><span lang=""><i>,
L’affermazione del Gruppo di Piombino nell’ambito delle ricerche
sui </i></span></span><span style="font-family: inherit;"><span lang=""><i>dati
del reale (dal 1987 al 1991), </i></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">vengono
menzionate le mostre personali e le mostre collettive </span></span></span><span style="font-family: inherit;">più
significative a cui hanno partecipato Salvatore Falci, Stefano
Fontana, Pino Modica e </span><span style="font-family: inherit;">Cesare
Pietroiusti, nel contesto nazionale ed internazionale.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Il
periodo compreso dal 1987 ed il 1990 corrispose al momento di
riconoscimento ufficiale del </span><span style="font-family: inherit;"><span lang=""><span style="font-style: normal;">lavoro
dei Piombinesi nel sistema dell’arte. </span></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">Si
è qui accennato alla posizione del Gruppo di </span></span></span><span style="font-family: inherit;">Piombino
rispetto agli artisti della stessa generazione, enunciando i punti di
contatto e le </span><span style="font-family: inherit;">divergenze.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Sono
state poi riportate le mostre realizzate nello Studio Casoli di
Milano, nella galleria Alice </span><span style="font-family: inherit;">di
Roma e nella galleria Vivita 2 di Firenze.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Per
tali esposizioni sono state descritte alcune opere al fine di
rintracciare il nesso comune </span><span style="font-family: inherit;"><span lang=""><span style="font-style: normal;">riscontrato
nella teoria e nel </span></span><span lang=""><i>modus
operandi </i></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">che
lega attraverso un </span></span><span lang=""><i>file
rouge </i></span><span lang=""><span style="font-style: normal;">il
lavoro degli </span></span></span><span style="font-family: inherit;"><span lang=""><span style="font-style: normal;">artisti
che, però, mantengono vive ricerche del tutto personali.</span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Inoltre si è parlato delle
partecipazioni del Gruppo di Piombino ad importanti mostre collettive </span><span style="font-family: inherit;">nazionali ed internazionali
tra cui <i>Arte
a Roma 1980-1989: nuove situazioni ed emergenze</i>, </span><span style="font-family: inherit;"><i>Davvero.
Ragioni Pratiche nell’arte, Il cielo e dintorni, </i>la
mostra <i>Something is happening in </i></span><span style="font-family: inherit;"><i>Italy</i>,
<i>Storie, le Groupe de Piombino </i>a
Guérigny<i>, </i>fino alla
sezione <i>Aperto
90’ </i>alla Biennale di </span><span style="font-family: inherit;">Venezia.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Questo
periodo di riconoscibilità e successo fu seguito da un momento di
sbandamento che </span><span style="font-family: inherit;">comportò,
insieme ad altri motivi, lo scioglimento del Gruppo tra il 1991 e il
1992, scioglimento </span><span style="font-family: inherit;">di
cui si cercherà di mettere in luce le possibili cause.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
L’introduzione
al terzo ed ultimo capitolo<i>,
L’arte degli anni novanta, </i>esamina i
caratteri che </span><span style="font-family: inherit;">definiranno
l’arte degli anni novanta indirizzati verso un’estetica
relazionale tesa a sviluppare </span><span style="font-family: inherit;">tematiche
legate all’intersoggettività.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
L’ultimo
capitolo, <i>L’eredità
del Gruppo di Pi</i><i>ombino (dal 1991 al
2000), </i>approfondisce </span><span style="font-family: inherit;">l’indagine
sull’esito delle ricerche portate avanti dagli artisti in seguito
allo scioglimento del </span><span style="font-family: inherit;">Gruppo
di Piombino e nel pieno contesto degli anni novanta, verso un arte
relazionale secondo </span><span style="font-family: inherit;">la
definizione formulata dal filosofo Nicolas Bourriaud.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
In
tale capitolo si propone un confronto tra le tattiche di resistenza a
livello di comportamenti </span><span style="font-family: inherit;">creativi
e diffusi e le strategie subliminali messe in atto dal Gruppo di
Piombino rispetto ai </span><span style="font-family: inherit;">successivi
interventi di DisordinAzione, nei quali si riscontrano alcune
analogie e similitudini </span><span style="font-family: inherit;">linguistiche
rispetto alle operazioni Piombinesi.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Attraverso
le conclusioni si chiude il lavoro della tesi e si tirano le fila
della ricerca.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
L’obiettivo
di tale lavoro è stato quello di portare
alla luce le operazioni artistiche sperimentali </span><span style="font-family: inherit;">di
Salvatore Falci, Stefano Fontana, Pino Modica, Cesare Pietroiusti,
con il supporto critico di </span><span style="font-family: inherit;">Domenico
Nardone, allo scopo di sottolineare la tenacia e la pervasività di
questi artisti che, </span><span style="font-family: inherit;">attraverso
la particolare pratica artistica, sono stati capaci di essere
incisivi culturalmente e </span><span style="font-family: inherit;">socialmente
anche nell’epoca postmoderna e nel contesto di una società di
massa.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Essi
sono riusciti a ragionare sui problemi legati alla realtà
contingente e alla convenzionalità </span><span style="font-family: inherit;">di
ciò che si percepisce nel quotidiano offrendoci un nuovo punto di
vista sul già esistente. </span><span style="font-family: inherit;">Ciò
permette di ripensare il ruolo dei singoli individui facendo leva
sull’espressività individuale </span><span style="font-family: inherit;">involontaria
scaturita dai comportamenti creativi attraverso i quali si
destrutturano i codici </span><span style="font-family: inherit;">percettivi
prestabiliti.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Proprio
per i suddetti motivi si deve riaffermare il valore culturale del
lavoro dei Piombinesi.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
</span><br />
<ol><span style="font-family: inherit;">
</span><div lang="en-GB" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<span style="font-family: inherit;">
</span></ol>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-35564217156190828152015-09-14T09:38:00.000-07:002015-09-14T09:44:06.501-07:00L'Arte nello spazio urbano<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0yd2IQuDy_fdqTkNwstCXbIz9PaaV9XtNj4ralfw4cCDAh0Zh8oTzvGSxmSRM0r8GmiKYn8_5p1qmgJrFGwKR8LK4A_tKRG-pL70yUSlKetHIIpaMal5Z7K729c7HzAqYSJP-VRNClXhz/s1600/Pioselli.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0yd2IQuDy_fdqTkNwstCXbIz9PaaV9XtNj4ralfw4cCDAh0Zh8oTzvGSxmSRM0r8GmiKYn8_5p1qmgJrFGwKR8LK4A_tKRG-pL70yUSlKetHIIpaMal5Z7K729c7HzAqYSJP-VRNClXhz/s320/Pioselli.jpg" width="217" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<span style="font-size: large;"><b>L'Arte nello spazio urbano. </b>L'esperienza italiana dal 1968 ad oggi<b>.</b></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<span style="font-size: large;"><b><br /></b></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
di Alessandra Pioselli</div>
Johan & Levi Editore, 2015<br />
<br />
<i>Il paragrafo 3 del capitolo 5 (pagg. 104-111) è interamente dedicato all'esperienza del Gruppo di Piombino.</i><br />
<br />
<b>Mimetiche e virali le azioni del gruppo di Piombino tesero a rilevare, più che a proporre orizzonti globali di mutamento. Esse puntarono a registrare condotte già in essere o i margini psicologici della libertà tra le pieghe dei condizionamenti, a sollecitare meccanismi di sottrazione spesso non volontari, slittamenti non evidenti alla coscienza che investono esclusivamente la sfera del soggetto.</b><br />
<b>(...) Cambiò il vocabolario: il "soggetto" sostituì la classe sociale, e la valenza psicologica quella sociologica. Progettate per accadere in luoghi pubblici extrartistici, le operazioni del gruppo di Piombino ritornavano in galleria per sottoporre a "valutazione" i dati ottenuti. I materiali manipolati diventavano testimonianza di una gestualità comportamentale acquisita nella quotidianità. L'artista è colui che opera il prelievo, sorta di readymade esperienziale. Tale impianto relazionale tornò ad attribuire valore alla processualità, riproponendo la messa in discussione dello status dell'autore e dell'opera, ora frutto del caso indotto da una serie di parametri.</b><br />
<b>(...) Per Nardone il progetto forte era quello moderno dell'avanguardia: una strategia di cambiamento affidata all'arte e attuata attraverso una progettualità militante, esplicitata dalla coesione tra artista, critico e gallerista in una presa di posizione sul ruolo dell'opera e dell'artista contraria alle teorizzazioni postmoderniste di tipo transavanguardistico e citazionista. Tale visione caratterizzò il gruppo di Piombino, distinguendolo dalle tendenze coeve con le quali condivise in ogni caso affinità formali.</b>dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-15068018986778371572015-06-19T09:34:00.000-07:002015-06-19T09:34:03.452-07:00Conversazione con Ange Leccia e Pino Modica<b>Conversazione con Ange Leccia e Pino Modica</b><br />
<b>a cura di Domenico Nardone</b><br />
<b><br /></b>
Pubblicato in Arte Argomenti n.2, maggio 1989<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhj1RCXsUgWil9SGZrtg9wB1ciCtrjHU0tBpcrLYCMgMkQK-01avBDwYiHlhTO355t22VuQCLj_iFm1-6XMJRuzkCRUWhILuQqa8cKpEwThxDM4TTIVqwlHfAitOKb9OzZykQ5iGGMzmsRv/s1600/Conversazione+Modica+leccia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhj1RCXsUgWil9SGZrtg9wB1ciCtrjHU0tBpcrLYCMgMkQK-01avBDwYiHlhTO355t22VuQCLj_iFm1-6XMJRuzkCRUWhILuQqa8cKpEwThxDM4TTIVqwlHfAitOKb9OzZykQ5iGGMzmsRv/s640/Conversazione+Modica+leccia.jpg" width="448" /></a></div>
<br />dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-45786333375936659802015-06-17T11:23:00.001-07:002015-06-24T19:58:07.693-07:00Breve storia di un fumatore<strong>Breve storia di un fumatore</strong><br />
<strong>di Domenico Nardone</strong><br />
<strong></strong><br />
Pubblicato in Arte Argomenti, n.1, dicembre 1988<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhFPjtr_Xumtu8La4lbERUw8S1GPrXzGzOobYdlpWRJXm4ZRy_PJH8VRPK_ALyhYq_9ubeqs00DykCyggrKejJMpKWKgKHMR6ImJ0exB7I1rSXYOIPc1cCaYeV8V1_mq1Yussf_lZRgAUOM/s1600/Clipboard01.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="290" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhFPjtr_Xumtu8La4lbERUw8S1GPrXzGzOobYdlpWRJXm4ZRy_PJH8VRPK_ALyhYq_9ubeqs00DykCyggrKejJMpKWKgKHMR6ImJ0exB7I1rSXYOIPc1cCaYeV8V1_mq1Yussf_lZRgAUOM/s400/Clipboard01.jpg" width="400" /></a></div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-86595860089292888082015-02-08T03:19:00.002-08:002015-02-14T04:30:08.168-08:00Ettore Innocente, "Chiunque...", 1986<strong><span style="font-family: inherit;">Ettore Innocente, "Chiunque..."</span></strong><br />
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<span style="font-family: inherit;">Lascala c/o il Desiderio preso per la coda, dicembre 1986</span><br />
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<span style="color: lime; font-family: inherit;">comunicato stampa</span><br />
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Lunedì 15 dicembre 1986, alle ore 19,
alla galleria Lascala c/o il Desiderio preso per la coda, vicolo
della Palomba, 23 – Roma, s'inaugurerà la mostra di ETTORE
INNOCENTE dal titolo “CHIUNQUE...”. La mostra proseguirà nei
giorni successivi, dal martedì alla domenica, dalle ore 20.00 alle
24.00.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
<br />
La mostra presenta alcuni lavori di
Innocente che risultano tutti composti da due elementi: un oggetto ed
un enunciato che stabilisce le regole della relazione che il pubblico
deve con questo intrattenere.
</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Negli enunciati, sistematicamente,
figura l'impiego del pronome indefinito “chiunque”, da cui il
titolo della raccolta.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Innocente appartiene, anagraficamente e
per formazione, a quella generazione di artisti, emersa a Roma nei
primi anni '60, che diede vita alla sfavillante stagione della
“pop-art romana”. Sperimentata in prima persona l'esperienza
dell' “ultima pittura possibile”, Innocente è stato tra i pochi,
di quella generazione, ad aver trasferito la propria ricerca,
stabilmente e senza ripensamenti di comodo, sul terreno,
assolutamente non garantito, dell'extra-pittorico.</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
In questa chiave, il ruolo attivo del
pubblico nel processo di definizione dell'arte è sempre stato al
centro della sua problematica (emblematica la serie dei “Take one”,
lavori in cui il pubblico veniva invitato ad impadronirsi di
frammenti modulari dell'opera, che mutava così continuamente forma
in relazione agli spostamenti nello spazio di tali frammenti).</span><br />
<span style="font-family: inherit;">
Centralità di ruolo che i
“chiunque...” raccolti in questa mostra ribadiscono nella forma
forse più radicale, in cui l'interazione del pubblico con l'oggetto
viene assunta come indispensabile per realizzare la promozione ad
arte di quest'ultimo.</span><br />
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEib4OJFYMD3Na5xDFBdYA0N-LEEQyusR0ZDlze9Ch5_WU3Rv5XBgJDdPLiJ-Ex4XrYJyKczk858wpyFYhLcFYpoPc_YKhAVa1s84DFAeei7O9QKatFb2YnPCz6gwUdgpriKTsaoBUo72rSh/s1600/Innocente+frontespizio.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: inherit;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEib4OJFYMD3Na5xDFBdYA0N-LEEQyusR0ZDlze9Ch5_WU3Rv5XBgJDdPLiJ-Ex4XrYJyKczk858wpyFYhLcFYpoPc_YKhAVa1s84DFAeei7O9QKatFb2YnPCz6gwUdgpriKTsaoBUo72rSh/s1600/Innocente+frontespizio.jpg" height="320" width="214" /></span></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;"></span> </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;">
</span></div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">La mostra “Chiunque...”
raccoglie una serie di lavori di Ettore Innocente – alcuni dei
quali realizzati, altri rimasti allo stadio di progetto
(“Fluidiforme”, 1973) – che punteggiano irregolarmente la sua
produzione.</span></div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Il criterio che consente di
raccoglierli sotto un denominatore comune verte in primo luogo sulla
particolare configurazione di base che essi si trovano a condividere.
Ognuno di questi lavori appare infatti costituito da due elementi: un
oggetto e un enunciato.</span></div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Nell'ambito di tale
configurazione di base, si può osservare come alla componente
oggettuale siano consentiti – almeno apparentemente – dei margini
di variabilità più ampi di quelli ammessi per l'enunciato.</span></div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Consideriamo, a titolo di
esempio, <i>Sette piastre speculari in acciaio inox... </i>(1975).</span></div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">L'enunciato, nella
fattispecie, è espresso nei seguenti termini:</span><br />
<span style="font-family: inherit;"><br />
</span></div>
<div align="CENTER" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Chiunque condensa il
proprio alito su una delle piestre</span></div>
<div align="CENTER" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><i>allora</i> verifica il
tempo della propria esistenza</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<span style="font-family: inherit;">
<br />
che in un linguaggio
logico-matematico possiamo formalizzare nell'espressione:</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<span style="font-family: inherit;">
</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;">
∀x (yx--->fx)</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;">
</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">dove <span style="font-style: normal;">∀</span><i>x</i>
sta per “qualunque sia il valore di x” (1), <i>y</i> per
“condensare l'alito su una delle piastre”, <i>f</i> per
“verificare il tempo dell'esistenza” e il segno ---> per la
connessione “se..allora”. </span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">
Ad un livello più generale, questa
implicazione asserisce che <i>tutti i valori di x che soddisfano la
condizione y soddisfano anche f</i>, che è appunto la struttura
logica che si ritrova in tutti gli enunciati adoperati da Innocente
nei <i>Chiunque...</i></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;">
</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg95u0Va6LA8AFd6fyrC12jfsq1XovoTgAb4X0NF9vmumL0NfzvYxuf5VVIbxw9MYH8wPFouFTW5WOb4bUienwu5NZccfp_pYuzAKJESJY74Q9-dwJ7o0dTUeqU8t9YNuzEPH-VOf-B2MX9/s1600/Innocente+back.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: inherit;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg95u0Va6LA8AFd6fyrC12jfsq1XovoTgAb4X0NF9vmumL0NfzvYxuf5VVIbxw9MYH8wPFouFTW5WOb4bUienwu5NZccfp_pYuzAKJESJY74Q9-dwJ7o0dTUeqU8t9YNuzEPH-VOf-B2MX9/s1600/Innocente+back.jpg" height="400" width="296" /></span></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;"></span> </div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Le regole che presiedono alla
formulazione dell'enunciato, identificabili nella struttura logica
testè evidenziata, stabiliscono per quest'ultimo dei vincoli che, in
linea teorica, non hanno corrispettivi per la scelta della componente
oggettuale. In maniera tale che l'unica condizione a cui deve
sottostare la scelta dell'oggetto diventa la possibilità di
formulare, in relazione ad esso, un enunciato del genere sopra
descritto.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Questa sostanziale <i>indifferenza
emotiva</i> nella scelta della componente oggettuale, nonché il suo
essere subordinata alle ragioni dell'enunciato – posizione che
risulta per certi versi analoga a quella assunta da Duchamp nei
confronti dei <i>ready-made</i> – ci spinge a cercare nelle
implicazioni dell'enunciato il significato di queste operazioni.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">L'enunciato, come abbiamo visto,
consiste di una proposizione antecedente e di una conseguente.
L'antecedente stabilisce, per la relazione tra soggetto e oggetto,
delle modalità (“alitare”, “urlare”, “passare o fermarsi”,
etc.) che – ogni qual volta si realizzino – comportano
necessariamente la realizzazione di quanto asserito dalla
proposizione conseguente (“la verifica del tempo della propria
esistenza”, “la realizzazione di un lavoro di Ettore Innocente,
etc.).</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">In questo modo l'enunciato sottrae la
definizione dell'arte ad ogni correlazione con una particolare classe
di oggetti, radicandola, viceversa, nell'esperienza del soggetto, nel
cui ambito l'individua come una particolare modalità di relazione di
questo con gli oggetti.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Gli oggetti qui presenti, in altre
parole, non mostrano di possedere in permanenza, e, soprattutto, in
assenza di un oggetto che con essi interagisca quella qualità
artistica che, nondimeno, assumono temporaneamente ogni qual volta
abbia luogo l'interazione indicata dai rispettivi enunciati.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Orbene, proprio nella dinamica,
replicabile all'infinito, per cui l'oggetto si trova ad assumere e
dismettere continuamente da sé la qualità artistica, l'operazione
di Innocente si distingue radicalmente dalle già citate<i> nomine</i>
di Duchamp.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">Laddove queste trasformano, in primo
luogo e stabilmente, lo <i>status</i> dell'oggetto – e solo come
conseguenza di questa trasformazione primaria modificano la sua
relazione con il soggetto – gli enunciati di Innocente trasformano
in primo luogo la relazione del soggetto con l'oggetto e solo
secondariamente e per un tempo sempre provvisorio lo <i>status</i> di
quest'ultimo.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<strong><span style="font-family: inherit;">Domenico Nardone</span></strong></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;">
</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">(1) Il campo di variabilità della “X”
è qui implicitamente circoscritto a tutti gli esseri viventi che
sono fisicamente in grado di svolgere l'azione prescritta
dall'enunciato.</span></div>
<span style="font-family: inherit;">
</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;">
</span></div>
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<span style="font-family: inherit;">
</span><br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
<span style="font-family: inherit;">
</span></div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-26313896690375007142014-03-22T09:10:00.001-07:002016-04-12T10:43:57.694-07:00Dai Monocromi ai Gesti Tipici<strong>Dai Monocromi ai Gesti Tipici</strong><br />
di Domenico Nardone<br />
<br />
in catalogo della mostra <i>Sergio Lombardo: dai Monocromi ai Gesti Tipici (1959-1964)</i>, a cura di D.Nardone, Studio Soligo, Roma 2002.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNhX631zf-CzIiQKPe5XDSTjyq9X_io5_lgcw99F3NYhhHjhUE96qg1_g94Q9f5HYIW4knZLSTD2aqY5zF_WGKjFhb27ki9MDHHgBttMDYezZR1gGWtuTCmC5LWVRUx1Aoi8Z-aMto4kJ3/s1600/copertina.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNhX631zf-CzIiQKPe5XDSTjyq9X_io5_lgcw99F3NYhhHjhUE96qg1_g94Q9f5HYIW4knZLSTD2aqY5zF_WGKjFhb27ki9MDHHgBttMDYezZR1gGWtuTCmC5LWVRUx1Aoi8Z-aMto4kJ3/s1600/copertina.jpg" width="306" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
La scelta delle
opere raccolte è volta a cogliere e illustrare uno dei momenti
salienti del progredire della ricerca di Lombardo e, più in
generale, del movimento della cosiddetta Nuova scuola di Roma
(Angeli, Bignardi, Festa, Fioroni, Kounellis, Lombardo, Mambor,
Schifano, Tacchi) (1).<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWfnpyKrzFWztLQXiJA0LPAoEjhj6LimyrjjiAc9Cbv-yq57Wti_XHLXYQMfLINJIG0Z0i36DmRKeOqLnqSiw1tqyNopB33MNM_ZuD6DZIBSaaFzctIst2HXb4XWW9FmsIYHDahj0OetjG/s1600/Umberto+Bignardi,+Tano+festa,+Rosanna+Guerrini,+1964.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="272" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWfnpyKrzFWztLQXiJA0LPAoEjhj6LimyrjjiAc9Cbv-yq57Wti_XHLXYQMfLINJIG0Z0i36DmRKeOqLnqSiw1tqyNopB33MNM_ZuD6DZIBSaaFzctIst2HXb4XWW9FmsIYHDahj0OetjG/s1600/Umberto+Bignardi,+Tano+festa,+Rosanna+Guerrini,+1964.png" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
da sinistra a destra: Renato Mambor, Giosetta Fioroni, Sergio Lombardo, Cesare Tacchi, Jannis Kounellis, Umberto Bignardi, Tano Festa.</div>
</div>
Il momento in
questione è quello in cui, nella pittura degli artisti citati, si
osserva una transizione dalla dimensione reclusa e astratta dei
monocromi a quella di una nuova figurazione. Il periodo cruciale è
la stagione a cavallo tra il 1960 ed il 1961 e la trasformazione in
oggetto risulta chiaramente da una ricezione all'interno della
problematica pittorica del nuovo immaginario e della iconosfera che
cominciano ad essere divulgati dal nascente sistema dei mezzi di
comunicazione di massa (cinema, televisione, pubblicità, stampa a
rotocalco, etc.) (2). Nel campo delle arti visive, le icone di questo
nuovo immaginario sono sul punto di essere accolte e riproposte in<i>
tono inquisitorio</i> (3) e roboante dal dilagante fenomeno della Pop
Art americana.<br />
In questo contesto
Lombardo ricorda un'accesa discussione al suo studio dinanzi ai
monocromi e presenti Schifano, Mambor, Tacchi e Festa, in cui
quest'ultimo, insieme ad altri e più confusi argomenti, lo accusava
di fare una pittura intellettuale, del tutto ripiegata in se stessa e
reclusa all'interno delle quattro pareti dello studio, e avvertiva la
necessità di aprirla alle immagini del mondo nuovo che cominciava a
pulsare attorno a loro (4). Quest'ultimo argomento fu raccolto da
Lombardo e recepito all'interno del suo lavoro, <i>che già si stava
orientando verso ricerche più estroverse</i>, accelerandone la
trasformazione nella direzione <i>indotta da una esigenza, avvertita
come imprescindibile e forte – presente anche nei </i><span style="font-style: normal;">monocromi</span><i>
– di mettere il pubblico di fronte alla enigmatica e pericolosa
trasformazione della realtà contemporanea, anziché intrattenerlo di
fronte all'espressione intimista delle sue emozioni poetiche </i>(5).<br />
Sulla spinta di
queste istanze nascono i <i>Gesti Tipici </i>di Sergio Lombardo, gli
<i>Incidenti</i> di Schifano, i <i>Giudizi universali</i> di Tano
Festa, i <i>Particolari</i> di Tacchi e gli <i>Uomini statistici</i>
di Mambor.<br />
La tecnica
d'elezione attraverso cui gli artisti aprono la loro pittura alla
nuova iconosfera è quella del <i>reportage</i>, nel suo significato
letterale di<i> riportare</i> sulla tela, con l'ausilio di un
proiettore di diapositive, le immagini estrapolate dai mezzi di
comunicazione di massa. Il riporto delle immagini avviene tuttavia
per mezzo di una mediazione pittorica vibrante e appariscente,
evidente nel persistere del <i>dripping</i> e nella vistosa
irregolarità delle campiture, nonché nella soppressione di molti
dettagli. Questa forte processazione delle immagini e delle icone
rese popolari dalla diffusione mediatica costituisce una peculiarità
dell'avanguardia romana tale da collocarla, sotto il profilo
ideologico, su un versante antitetico e addirittura antagonista
rispetto alla Pop angloamericana.<br />
I termini del
contrasto sono per altro chiaramente indicati da Lombardo nel suo
testo di presentazione della mostra <i>Lombardo, Mambor, Tacchi</i>
alla galleria La Tartaruga: se infatti gli artisti americani <i>non
dicono né sì né no al mondo </i><span style="font-style: normal;">(6)</span>,
da cui prelevano le immagini che riproducono fedelmente, viceversa, <i>a
noi non basta accettare e utilizzare, altrimenti il dipinto ci
diventerebbe una specie di riflusso dall'esterno di tutte le immagini
che si trovano nella sfera endotimica (…) Noi diciamo invece che
tali immagini non restano sullo shermo televisivo o sul fumetto, ma
entrano nei rapporti sociali in cui si viene a creare un chiuso
determinismo riflettente appunto quegli atteggiamenti-tipo originati
dalla televisione, dalla stampa, dalla macchina e tale determinismo
finisce per invadere il campo della originalità individuale fino
alla sterilizzazione di ogni spunto emotivo e di ogni interesse nei
rapporti intersogettivi </i><span style="font-style: normal;">(7)</span><i>.</i><br />
Riconoscendo nella gestazione del nuovo immaginario collettivo, e
nella sua diffusione globale da parte dei mezzi di comunicazione di
massa, l'induzione sociale di comportamenti stereotipati, destinata a
produrre inevitabilmente un insterilimento della vita quotidiana,
oltre a dar prova di una sensibilità incredibilmente in anticipo sui
tempi (8), Lombardo individua anche per la prima volta nell'arte –
con i suoi <i>Gesti Tipici</i> e la teoria che li sottende - uno
strumento di contrasto e opposizione alla penetrazione sociale di
tali modelli di comportamento attraverso il lucido metodo dello
<i>svelamento</i> e della <i>radicalizzazione</i>.
<br />
Da un punto di vista strettamente filologico, Lombardo perviene
quindi alla scoperta dei <i>gesti tipici</i> nello sforzo di liberare
la pittura dai limiti formali imposti dall'impianto monocromo e
aprirla alle influenze esercitate dal mondo circostante, mantenendone
però integro il rigore concettuale e senza nulla concedere – o,
meglio, concedendo il meno possibile – alle pulsioni
lirico-espressive del proprio io. L'impianto teorico dei monocromi
rispondeva infatti proprio all'esigenza di <i>eliminare dal quadro
ogni abilità tecnica</i>, che veniva sostituita <i>dall'esecuzione
di un compito non qualitativamente rilevante (verniciare superfici
date con colori dati) e ogni fantasia, sostituita dall'uso logico di
elementi dati (composizioni uniformi, colori di campionario, forme
geometriche, regole), </i>sopprimendone cioè tutte quelle componenti
che potessero ricondurne lo statuto ed il valore a quelli di un
manufatto dotato di attributi particolari (9).
<br />
Tre studi su carta presenti in questa mostra, praticamente inediti e
che non diedero luogo a opere su tela, indicano la strada percorsa
dall'artista prima di giungere alla scoperta dei <i>gesti tipici</i>:
si tratta infatti di studi che raffigurano particolari di
abbigliamento (ad esempio una cravatta ed il risvolto di una giacca
gessata) e che testimoniano una ricerca di strutture formali regolari
e ripetitive nell'ambito della realtà circostante. <br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhN3Vf7S4wQ3_SYyVPfCxThTyJ1cBjEyt_5uv7o_ryJzl1Y4-R-W3POEaXBpvqSjIxZaAYxFtVahOzLsxCm-cE2mhn1yF6wHFOoLDytg-sJANos01UnkiYoYmC7f9Zx31UCER79RoDl18EE/s1600/Particolare+con+cravatta,+smalto+su+carta+intelata,+cm.+50x70,+1960-61.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhN3Vf7S4wQ3_SYyVPfCxThTyJ1cBjEyt_5uv7o_ryJzl1Y4-R-W3POEaXBpvqSjIxZaAYxFtVahOzLsxCm-cE2mhn1yF6wHFOoLDytg-sJANos01UnkiYoYmC7f9Zx31UCER79RoDl18EE/s1600/Particolare+con+cravatta,+smalto+su+carta+intelata,+cm.+50x70,+1960-61.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
Sergio Lombardo, <em>Particolare con cravatta</em>, smalto su carta intelata, cm. 50x70, 1960-61 </div>
<br />
Regolarità e
ripetizione che egli ravvisa rapidamente anche nell'ambito dei
manierismi in cui tendono a cristallizzarsi alcuni dei nostri
atteggiamenti più banali e quotidiani e la cui osservazione e
documentazione dà origine ad una prima serie di quadri intitolata
appunto Atteggiamenti tipici (due mani che gesticolano, gambe che si
accavallano, etc.).<br />
Alla luce di queste considerazioni, si comprende come il passaggio
della pittura di Lombardo dall'universo recluso dei <i>Monocromi</i>
ai <i>Gesti Tipici</i>, se da un lato matura ed è partecipe di un
più ampio processo di trasformazione che investe tutta la pittura
della <i>nuova scuola di Roma</i>, dall'altro, ad una analisi appena
più approfondita, evidenzia con i risultati a cui questa perviene
delle somiglianze che si riducono ad una affinità quasi
esclusivamente formale.<br />
I <i>Gesti Tipici</i> – per le implicazioni psicologiche del tema
trattato – rivelano infatti uno spostamento dell'attenzione
dell'artista, dal quadro inteso come manufatto e valore a se stante
alla relazione che questo intrattiene e stabilisce con chi lo guarda.
Questi quadri, in altre parole, contengono già, <i>in nuce</i>, i
prodromi di quella evoluzione dell'arte in psicologia dell'arte a cui
la ricerca dell'artista perverrà sul finire degli anni Settanta
(10).<br />
<br />
<div style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
I <i>Gesti Tipici</i> veri e propri – che seguono di poco i primi
<i>Atteggiamenti Tipici</i> – sono infatti dichiaratamente dei
gesti di potere, anzi<i> i gesti</i> del potere (l'indice alzato e
minaccioso di Krusciov, quello teso e puntato di Kennedy, etc.) che
esercitano nei confronti di chi guarda un forte impatto emotivo ed
una reazione di sottomissione.</div>
<div style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyPB1EDvghoon7eWQ3UDfFHkGQP05WPcXR5IO6CYrPd3tpmwl5Z0aX3Hi2IZrCu9jpE1UZBi1XxcepsAXF-DhTzlGE1USg9N6DrHBITWu4sj1R2O0CI5aIEQDYdGnUF6jE581LWD3308xj/s1600/Clipboard01.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="260" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyPB1EDvghoon7eWQ3UDfFHkGQP05WPcXR5IO6CYrPd3tpmwl5Z0aX3Hi2IZrCu9jpE1UZBi1XxcepsAXF-DhTzlGE1USg9N6DrHBITWu4sj1R2O0CI5aIEQDYdGnUF6jE581LWD3308xj/s1600/Clipboard01.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
Sergio Lombardo, <em>Uomo politico in atteggiamento tipico</em>, smalto su tela, cm.180x230, 1962</div>
<div class="separator" style="clear: both; font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
in primo piano: Anna Homberg</div>
<div class="separator" style="clear: both; font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
Nella memoria dell'artista è infatti ancora vivo il ricordo del
senso di disagio e di allarme provato dagli spettatori al cospetto
delle opere, tanto che più d'uno – tra cui il poeta Tristan Tzara
di cui egli rammenta la franca ostilità – gli riferì di averle
sognate nel corso della settimana seguente all'inaugurazione (11).</div>
<div class="separator" style="clear: both; font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgz_UdDfOgq4nXMLK7UCTjH9N8D3Ez7SUVCUdxP1M0sjr723IBXQfwXAJQERmOWcs8LmgYRFlHeEIWweVTEpzjE1nqHax0GkdCSGN5GaorfwHaInaFRlyp5mPN0vqSJI84Ur8m4ez19MUkA/s1600/Kennedy.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="162" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgz_UdDfOgq4nXMLK7UCTjH9N8D3Ez7SUVCUdxP1M0sjr723IBXQfwXAJQERmOWcs8LmgYRFlHeEIWweVTEpzjE1nqHax0GkdCSGN5GaorfwHaInaFRlyp5mPN0vqSJI84Ur8m4ez19MUkA/s1600/Kennedy.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm; text-align: left;">
</div>
Quanto rappresentato sulla tela, nel caso di queste opere - più che
a costituirsi come valore autonomo – tende quindi apertamente ad
assumere il ruolo di elemento performativo di una dinamica
stimolo-risposta che coinvolge direttamente lo spettatore nella
realizzazione di ciò che – solo più tardi – Sergio Lombardo
definirà nei termini di <i>evento</i> e che formerà l'asse portante
della sua teoria dell'arte (12).<br />
<br />
<div style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<u>Note</u>:<br />
<br />
(1) Il termine di <i>Nuova scuola di Roma </i>ed i nomi degli artisti
che vi si possono identificare sono indicati per la prima volta, nel
contesto di una bozza teorica che ne giustifichi il raggruppamento,
da Cesare Vivaldi, nel suo, <i>La giovane scuola di Roma</i> in <i>Il
Verri</i>, fascicolo speciale <i>Dopo l'Informale</i>, pagg. 101-105,
1963.<br />
<br />
(2) Il primo film girato in cinemascope, tecnica di ripresa che
schiude al cinema le porte del grande schermo è <i>La Tunica </i>del
1953; nel 1954 la Rai comincia a diffondere le proprie trasmissioni
con regolarità su tutto il territorio nazionale, etc.<br />
<br />
<div style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
(3) L'espressione è usata da Sergio Lombardo nel testo di
presentazione della mostra <i>Lombardo, Mambor, Tacchi</i>, galleria
La Tartaruga, Roma, aprile 1963.</div>
<br />
<div style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
(4) Nella memoria di Lombardo, quasta conversazione – di cui serba
un nitido ricordo, soprattutto per le ripercussioni che gli argomenti
posti sul tappeto da Tano Festa ebbero sull'evoluzione del suo lavoro
– avviene davanti ai suoi <i>monocromi</i> – già esposti da
Lombardo a partire dal 1958 in alcune mostre minori, ma circa sei
mesi o un anno prima della loro presentazione alla mostra a premi
presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, a cura di Palma
Bucarelli e altri, 1962. Il quadro accettato dalla giuria fu <i>Nero
432</i>, cm. 150X200, mentre furono respinti <i>Azzurro 1023</i> e
<i>Nero 110</i>. Cfr. M.Mirolla,<i> I Monocromi di Sergio Lombardo</i>,
in <i>Rivista di Psicologia dell'Arte</i>, nn.3/4/5, nuova serie,
1994, pagg.87-95. Con una qualche approssimazione, l'incontro in
questione dovrebbe quindi aver avuto luogo nella seconda metà del
1961.</div>
<br />
<div style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
(5) Sergio Lombardo, <i>conversazione privata</i>, febbraio 2002</div>
<br />
<div style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
(6) J.Reichardt, in <i>Art International</i>, feb 1963. la citazione
è riportata da Lombardo nel testo di presentazione della mostra
<i>Lombardo, Mambor, Tacchi</i> (op.cit). L'interpretazione del
movimento pop angloamericano in chiave di satira e commento sociale –
sostenuta ad esempio da G.C. Argan in <i>Il banchetto della nausea</i>
in <i>La botte e il violino</i>, 1963 – è, a mio avviso,
completamente erronea e in quanto tale da rigettare. La stessa
riproduzione del ritratto di Mao Tze Tung è infatti supinamente
assimilata da Wharol a quella delle altre icone – come la bottiglia
di Coca-Cola o l'immagine della Monroe – emblematiche di una
civiltà dei consumi globale. Questo procedimento di assimilazione,
che assume come valore a sé stante il grado di diffusione di
un'immagine rispetto a ciò che pure dovrebbe rappresentare,
isolandola, la svuota di fatto di ogni contenuto antagonista e di
critica sociale. In virtù di un procedimento del tutto analogo del
resto, in tempi molto più recenti (1997), la stessa immagine di Stalin è
stata utilizzata, nell'ambito della campagna pubblicitaria <i>Think
different</i>, come testimonial della Apple computers.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_cS6iffRRujedXLiRYqujAgaeA5Y-tmxa61v8-weu_M8VgLaDfiyA4j390ZOPabkn3qzD7gaD3t7MIU_evHClMZ7iJVlwrAxqlpRYA6gZNkhTMLgmm7mRLVJiE4DO7vuoD4GOgulJkpFN/s1600/Think+different.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_cS6iffRRujedXLiRYqujAgaeA5Y-tmxa61v8-weu_M8VgLaDfiyA4j390ZOPabkn3qzD7gaD3t7MIU_evHClMZ7iJVlwrAxqlpRYA6gZNkhTMLgmm7mRLVJiE4DO7vuoD4GOgulJkpFN/s400/Think+different.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
A questo
proposito vedi anche D.Nardone, <i>La perdita di ruolo dell'artista
nella società contemporanea</i>, in<i> Riv. Psicol.dell'Arte</i>,
nn. 14/15, 1987, pagg. 43-50.
</div>
<br />
<div style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
(7) Sergio Lombardo, <em>op.cit</em>.</div>
<br />
<div style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
(8) Il processo di sganciamento dei <i>marchi di fabbrica</i> dai
prodotti che pure continuano a sottendere – ben esemplificato dalla
massiva dismissione da parte delle multinazionali dell'intero
processo di produzione, delegato e subappaltato alle <i>export
processing zone</i> del Terzo Mondo – che rivela chiaramente il
fenomeno del <i>branding</i>, il fatto cioè che quanto viene diffuso
e venduto ai consumatori di tutto il mondo non siano tanto dei
prodotti – la cui qualità verrebbe garantita dal marchio di
fabbrica – quanto i marchi in se stessi, ovverosia degli stili di
vita che si connotano per il possesso di una serie di oggetti il cui
insieme viene a formare la cosiddetta <i>world-wide style culture,</i></div>
una cultura globale costituita da modelli d'identificazione
preconfezionati e standardizzati, a cui le parole di Lombardo
sembrano alludere apertamente nel 1963, si è reso evidente, ed è
stato avvertito e stigmatizzato dalla critica sociale, solo molto
recentemente (cfr. N.Klein, <em>No Logo</em>, Baldini & Castoldi, 2001).<br />
<br />
<div style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
(9) la citazione è tratta da S.Lombardo, <i>Sergio Lombardo</i>, Di
Maggio Editore, Milano 1974. A proposito della dissoluzione della
definizione morfologica di oggetto d'arte nella pratica artistica
contemporanea vedi anche il mio <i>La scomparsa dell'oggetto d'arte</i>,
in <i>Riv. Psicol. Dell'Arte</i>, n.2, giugno 1980.
</div>
L'analisi degli aspetti comportamentali già presenti nell'impianto
teorico e metodologico dei monocromi, nella misura in cui questo
esplicita i termini della dialettica processo-esecuzione, è stata
invece da me recentemente ed esaurientemente affrontata in<i> Il
metodo è il quadro</i>, in cat. mostra <i>Sergio Lombardo</i>, sala
La Rocca, Suvereto 2001.<br />
Sotto il profilo teorico è interessante notare come un impianto
analogo a quello dei <i>monocromi</i> di Lombardo sostenga anche le
<i>biro</i> che Boetti comincerà a realizzare a partire dal 1973. In
questo caso, l'affidamento dell'esecuzione di un compito non
qualitativamente rilevante (campire uniformemente una superficie,
secondo uno schema dato, con una penna a biro) a mani diverse lascia
emergere – per mezzo di un confronto diretto all'interno della
stessa superficie che di regola non viene mai campita interamente
dalla stessa mano – delle peculiarità, delle forme di
espressionismo involontario, che nondimeno ogni esecutore introduce
nell'esecuzione del compito elementare.<br />
<br />
<div style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
(10) La rivista di Psicologia dell'Arte viene fondata dall'artista –
insieme ad Anna Homberg, Cesare Pietroiusti ed al sottoscritto –
nel 1979.</div>
<br />
<div style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
(11) Il forte impatto emotivo dei <i>Gesti Tipici</i> fu anche in
parte sostenuto dai grandi formati su cui vennero presentati e che,
per l'epoca erano quasi inediti in Italia. Molti artisti della stessa
generazione di Lombardo sono soliti raccontare lo shock che provarono
alla vista dei grandi formati - a cui assolutamente non erano
abituati – alla personale di Rhotko presso la Galleria Nazionale
d'Arte Moderna del 1959.</div>
<br />
<div style="font-style: normal; font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
(12) Un primo abbozzo della teoria eventualista è già in
S.Lombardo, <i>Italy two, Art Around '70,</i> Museum of the
Philadelphia Civic Center, 1973. In una recente conversazione,
l'artista mi ha raccontato come, contemporaneamente alla
realizzazione dei<em> Gesti Tipici</em>, egli assumeva nella realtà questi
atteggiamenti, sperimentandone l'efficacia in una serie di
circostanze. Ciò non fa che ribadire il debordare dell'attenzione
dai limiti ristretti dell'oggetto quadro alla ricerca di un'incidenza
dell'arte nella realtà del quotidiano.</div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-36997322103389223892014-03-10T03:19:00.002-07:002014-03-17T10:45:26.989-07:00Cesare Pietroiusti intervistato da Achille Bonito Oliva, 2014<a href="http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-33a9b22a-8213-4bee-8a21-182b1caf4170.html"><span class="Apple-style-span" style="font-size: large;">Rai Replay</span></a><br />
<span class="Apple-style-span" style="font-size: large;"><br /></span>
<span class="Apple-style-span" style="font-size: large;"><br /></span>
<span class="Apple-style-span" style="font-size: large;"><br /></span>
<span class="Apple-style-span" style="font-size: large;">Cesare Pietroiusti, intervistato da Achille Bonito Oliva per il programma Fuori quadro, Rai 3, 9 marzo 2014, min. 12'10" - 16'34"</span>dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-19142966961269889552014-02-18T10:16:00.001-08:002014-02-18T10:24:34.907-08:00Marta Leteo, Intervista a Cesare Pietroiusti, 2014<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;"><strong><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">Marta Leteo <o:p></o:p></span></span></strong></span></div>
<strong><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Intervista a Cesare Pietroiusti <o:p></o:p></span></span></span></strong><br />
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">(in Marta Leteo<i style="mso-bidi-font-style: normal;">, </i></span><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%; mso-ansi-language: #0010;">Il Gruppo di Piombino: una risposta al 'ritorno
all’immagine'.Teoria e metodologia di contrasto praticata nel reale</span></i><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%; mso-ansi-language: #0010;">, tesi di laurea magistrale in Storia dell’arte,
Università degli studi “La Sapienza”, Roma, 2014)<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><span lang="it" style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%; mso-ansi-language: #0010;"><o:p> </o:p></span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Marta
Leteo</span></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">: L’elaborazione
della tesi mi ha portato a riflettere sul ruolo del Gruppo di Piombino rispetto
al panorama artistico italiano. Ritengo che abbiate rappresentato un fenomeno
singolare sia per gli intenti sia per il modo di proporvi nel contesto dei
primi anni ottanta. Mi puoi raccontare cosa ha rappresentato per te far parte
del Gruppo di Piombino? Ci sono stati dei riferimenti artistico-culturali che
hanno dato origine a questa esperienza?<o:p></o:p></span></i></span></span></div>
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Cesare
Pietroiusti:</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;"> Io e Domenico Nardone (e gli altri
artisti del Gruppo di Piombino, se non direttamente, indirettamente) ci siamo
formati sull’insegnamento di Sergio Lombardo.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Io credo che, prima di rappresentare
un’anticipazione della cosiddetta ‘estetica relazionale’ degli anni ‘90, abbiamo
cercato di tenere viva una linea di continuità con le ricerche degli anni
precedenti. Nel decennio degli anni ottanta, incentrato su un ritorno
“reazionario” al mercato, alla specificità (pittorica, scultorea) dell’opera,
al valore legittimante della galleria, per noi era importante rielaborare
l’eredità di Lombardo (ma ovviamente anche di Piero Manzoni, dei Fluxus, di <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>John Cage ecc.) e svilupparla verso altri
orizzonti.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Direi che l’esperienza dei Piombinesi si situa a
metà fra l’inizio dell’arte relazionale (che esploderà nella seconda metà degli
anni novanta), e le ricerche degli anni settanta.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">M.L</span></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">.: Effettivamente ci sono alcune
affinità, almeno in una fase iniziale, tra l’Arte Eventuale e l’orizzonte di
ricerca Piombinese ma sono poi le differenze ad aver orientato in direzioni
distinte la teoria e la pratica artistica delle due esperienze. </span></i><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Queste differenze hanno segnato anche il tuo
stesso percorso, portandoti ad allontanarti da Lombardo per accostarti agli
interventi di Salvatore Falci, Pino Modica, Stefano Fontana promossi da
Domenico Nardone?<o:p></o:p></span></i></span></span></div>
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">C.P.:</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">
Il Gruppo di Jartrakor ed il Gruppo di Piombino sono state due esperienze che, come
accade spesso fra gruppi “vicini” per affinità poetica, erano in contrasto tra
loro, anche perché Lombardo ha sempre avuto una tendenza accentratrice e non
aveva vissuto bene l’allontanamento di Domenico Nardone dal centro studi
Jartrakor. Forse sarebbe stato più interessante, già allora, analizzare e
sottoporre a discussione analogie e differenze e potenzialità di questi due
gruppi.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Io, che ho fatto a pieno titolo parte di entrambi,
credo di poter dire che la differenza sta nel fatto che le sperimentazioni
“|eventualiste” presso il centro Jartrakor erano fondamentalmente laboratoriali,
con (pochi) partecipanti motivati e volontari, e un’elaborazione teorica
fortemente incentrata sulla psicologia. Gli esperimenti dei Piombinesi, invece,
avevano una maggior affinità con indagini di tipo sociologico, spostate nel
contesto cittadino e urbano e indirizzate ad un pubblico prevalentemente
casuale e ignaro.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Entrambi i gruppi presupponevano il coinvolgimento
di altri soggetti nell’elaborazione artistica ma, mentre gli artisti del centro
studi Jartrakor coinvolgevano un pubblico cosciente e consapevole di
partecipare ad un esperimento, il pubblico coinvolto negli interventi
Piombinesi era quello dei passanti, dei clienti di un supermercato, di persone
in fila alla posta. Credo che la mia esperienza, e il mio interesse artistico,
si situino fra questi due poli.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">M.L</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">.<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">: </b><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il
punto di rottura tra le due esperienze si stabilirà oltre al diverso orizzonte
di ricerca contestuale, laboratorio/ ambiente circostante, anche sul tipo
d’interazioni, nella ricerca di una maggiore e minore spontaneità e
condizionamento dell’essere implicati in un esperimento? Che valore viene dato
al termine “spontaneo”?<o:p></o:p></i></span></span></span></div>
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">C.P.:</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">
Lombardo era critico di tutte le tendenze basate sulla “ispirazione” e la
valorizzazione espressiva della spontaneità; sosteneva che non si potesse
essere spontanei a comando.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">L’Arte Eventuale prevedeva che dall’interazione tra
un soggetto e un oggetto-stimolo o immagine-stimolo potessero scaturire dei comportamenti
non prevedibili. Più i comportamenti erano imprevedibili più si poteva parlare
di Arte Eventuale. Ovviamente la scelta dell’oggetto-stimolo era cruciale, e
credo che la psicologia proiettiva fosse, a Jartrakor, in generale, il sistema
teorico di riferimento. Ma anche i comportamenti “raccolti” dai Piombinesi
bypassavano, attraverso, appunto, l’inconsapevolezza delle persone coinvolte,
il “paradosso della spontaneità”.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">M.L.:
</span></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Le tue ricerche nel
periodo che ha segnato il passaggio dal centro studi Jartrakor al Gruppo di
Piombino, sono state rivolte allo “scarto”, mi spiego meglio, mi è parso che
nel periodo in cui le tue ricerche erano rivolte all’indagine dell’espressività
inconsapevole attraverso i grafismi anonimi, l’aspetto su cui ti concentravi
era proprio lo stadio di disattenzione che determinava l’esecuzione di questi
segni, è corretto?<o:p></o:p></span></i></span></span></div>
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">C.P:</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">
Sì, m’interessava indagare gli aspetti contraddittori tra distrazione e
attenzione maniacale al dettaglio, che a volte si verifica nella produzione di
scarabocchi. Ma mi interessavano anche gli effetti che proprio un comando
paradossale (tipo: “scarabocchia in modo disattento”, o “sii distratto!”),
incompatibile con un concetto di spontaneità, potesse innescare sulle persone
che lo ricevono.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">M.L.:
</span></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Ciò però non toglie che
anche tu hai risposto criticamente alla tendenze artistiche dei primi anni
ottanta che si proclamavano in favore della ricerca della spontaneità perduta, ad
esempio tramite la serie dei </span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Photo Objects<i style="mso-bidi-font-style: normal;"> intorno al 1988….<o:p></o:p></i></span></span></span></div>
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">C.P.:</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">
Sì, I <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Photo Objects </i>sono riproduzioni
ingigantite di piccoli comportamenti, azioni minuscole ed insignificanti di
persone qualunque su oggetti qualunque. Quei lavori avevano alcune
caratteristiche tipiche degli anni ottanta, perché grandi, costosi e curati nei
particolari (e spesso apprezzati dai collezionisti…).<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">La mia risposta alla ideologia “spontaneista” degli
artisti neo-espressionisti era iniziata anche prima, a partire dal 1982:
quell’anno pubblicai sulla “Rivista di Psicologia dell’Arte” un testo dal
titolo <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Funzionalità ed</i> <i style="mso-bidi-font-style: normal;">estetica dello scarabocchio</i>, dove era
già esplicita una critica alla pittura anni ’80 e alla Transavanguardia. Forse
si potrebbe dire che la mia era una reinterpretazione della critica che Sergio
Lombardo aveva mosso, nei primi anni ’60, nei confronti dell’Action Painting.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">M.L.:
</span></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Quale era il rapporto
fra il lavoro dei Piombinesi e il sistema dell’arte?<o:p></o:p></span></i></span></span></div>
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">C.P.:</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">
La mia posizione al tempo e, maggiormente oggi, rispetto alle vicende del
passato è un po’ critica e un po’ ambivalente. Ritengo che il ruolo che hanno
avuto le gallerie nei confronti del lavoro dei Piombinesi sia stato molto
influente, in positivo per fare conoscere un lavoro che altrimenti sarebbe
rimasto in un circuito totalmente alternativo, ma anche in negativo perché le
ricerche Piombinesi avevano una loro specificità che veniva depotenziata nel
momento in cui i nostri lavori entravano in galleria. La grossa novità stava
nel rapporto con la strada e con il soggetto qualunque; dare troppa importanza
alla mostra in galleria toglieva a quella ricerca tutta la sua eterogeneità, il
suo posto nel mondo.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Oggi non stupisce che si possa fare arte ovunque ma
negli anni ottanta questo non era così chiaro.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Il messaggio dei Piombinesi voleva ribadire che
l’arte può essere portata fuori dagli spazi deputati, fuori dagli <i style="mso-bidi-font-style: normal;">atelier</i> e fuori dalle gallerie, con le
loro ritualità e i loro corollari.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Le mostre organizzate in galleria forse avrebbero
dovuto essere solo degli accessori rispetto ad una sperimentazione radicale che
stavamo sviluppando e che purtroppo ha subito un arresto piuttosto precoce. La
strategia comunicativa del Gruppo di Piombino è stata indebolita dalle regole
del mercato.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Io ho cercato di rispondere a questa influenza della
galleria con la serie delle <i style="mso-bidi-font-style: normal;"><a href="http://gruppodipiombino.blogspot.it/2011/07/cesare-pietroiusti-galleria-vivita-1.html"><span style="color: blue;">Finestre</span></a>,</i>
su cui ho iniziato a lavorare dal 1988. La mia idea era di portare lo sguardo
del pubblico oltre lo spazio della galleria, nei luoghi qualunque intorno ad
essa. Le performance, a partire dal 1991, per esempio <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Visite, </i>che consisteva nel portare direttamente le persone che
venivano alla mostra a visitare gli appartamenti qualunque nello stesso palazzo
della galleria, eliminava anche la riproduzione fotografica – rendendo
sostanzialmente impossibile il rapporto con il mercato.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">M.L.:
</span></b><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">credi che questo
depotenziamento di cui parli sia una delle motivazioni che ha determinato lo
scioglimento del Gruppo di Piombino?<o:p></o:p></span></i></span></span></div>
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">C.P.:
</span></b><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Veramente
io credo che il motivo principale per cui l’esperienza piombinese non è stata
riconosciuta in pieno è perché, in seguito alla esperienza del gruppo alla fine
degli anni ’80, non c’è stata, da parte degli artisti, una continuità di
ricerca che convalidasse, ampliandolo e rendendolo più complesso, il lavoro
antecedente.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;">Ritengo che ci sia stata una sorta di fissazione nei
confronti dei risultati ottenuti in quel periodo, e ciò non ha permesso la piena
valorizzazione proprio del lavoro che era stato già svolto. Sono convinto
infatti che il lavoro di un artista viene sempre reso riconoscibile,
comprensibile, significativo, dai lavori successivi di quello stesso artista,
dal fatto di tenere vivo non uno “stile”, ma una energia, una attitudine alla
ricerca. E’ come se i Piombinesi fossero entrati invece in una sorta di lutto, dopo
lo scioglimento del Gruppo; un trauma difficile da superare che ha determinato una
sorta di atteggiamento di nostalgia retrospettiva che ha “chiuso” al discorso
critico successivo (per esempio, all’enorme e spesso superficiale dibattito,
degli anni 90’ e del duemila, sull’arte relazionale, l’arte sociale e l’arte
pubblica), un lavoro che era, invece, precoce e promettente.<o:p></o:p></span></span></span><br />
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;"><o:p><span style="font-family: inherit; font-size: large;"> </span></o:p></span></div>
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;"><o:p><span style="font-family: inherit; font-size: large;"> </span></o:p></span></div>
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;"><o:p><span style="font-family: inherit; font-size: large;"> </span></o:p></span></div>
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;"><o:p><span style="font-family: inherit; font-size: large;"> </span></o:p></span></div>
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;"><o:p><span style="font-family: inherit; font-size: large;"> </span></o:p></span></div>
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;"><o:p><span style="font-family: inherit; font-size: large;"> </span></o:p></span></div>
<span style="font-family: inherit; font-size: large;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 8pt;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; line-height: 107%;"><o:p><span style="font-family: inherit;"> </span></o:p></span></div>
dom.nardone@libero.ithttp://www.blogger.com/profile/13884282871338914230noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7830289141750621395.post-58525606202905848362014-02-09T01:32:00.000-08:002014-02-09T01:32:01.390-08:00Stefano Romano, Incroci, 2003<strong><span style="font-family: inherit;">Stefano Romano</span></strong><br />
<strong><span style="font-family: inherit;">Incroci</span></strong><br />
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<span style="font-family: inherit;">galleria Alice&Altrilavoriincorso, febbraio 2003</span><br />
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<strong><span style="font-family: inherit;">Invito</span></strong><br />
<span style="font-family: inherit;"></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiobpYYg5zR4wuFegqOFsUJjJSGauOF7aStCik_-iu4sa_IAlsRNSwapTYybAU_ABpUH4_Q-MKTbwDkD0CbbZZL_o0sLp6HoQLko3ITLryOUDgxcJr28T6UMx9Iay8k8LVEfL3ERSOXxW-8/s1600/invito.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: inherit;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiobpYYg5zR4wuFegqOFsUJjJSGauOF7aStCik_-iu4sa_IAlsRNSwapTYybAU_ABpUH4_Q-MKTbwDkD0CbbZZL_o0sLp6HoQLko3ITLryOUDgxcJr28T6UMx9Iay8k8LVEfL3ERSOXxW-8/s1600/invito.jpg" height="263" width="400" /></span></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;"></span> </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;">
</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Questo lavoro si basa sull'idea di
relazione che si instaura tra due persone attraverso un gioco, ed è espressione
del luogo in cui nasce il pezzo. Il gioco consiste nel colorare quanti più
quadrati è possibile all'interno di una forma modulare. I giocatori scelgono un
colore e a turno tracciano un segmento all'interno del quadro seguendo le
direttrici prestabilite; un quadrato sarà del giocatore che chiude,
tracciandolo, il quarto lato. Esauriti i quadrati vince chi è riuscito a
colorarne di più. L'immagine finale è costruita dalle persone, dai segni,
disegni o parole con cui hanno riempito i propri quadrati, la disposizione
delle linee racconta delle azioni compiute durante il gioco. </span><span style="font-family: "Calibri","sans-serif";">Il quadro è formato dall’insieme di tutti i
moduli, giocati o bianchi, disposti nell’ordine scelto dai giocatori. (Stefano Romano)</span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri","sans-serif";"><span style="font-family: inherit;"></span></span> </div>
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "Calibri","sans-serif";"><span style="font-family: inherit;"></span></span> </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzkOVAEI4UpoEuwN2QykA_tc83xTRnz-gqzjWwSVEA4Qr7iTENwb9VZLhM3kClIwQjEIT_47z8dYz8Uhg4K0hRFQ5j2O_yFsXc9mFXx4uxeAvq8Zx8qbBvQTJsC-CYz-H5iZdBLT7sdGPN/s1600/linee1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: inherit;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzkOVAEI4UpoEuwN2QykA_tc83xTRnz-gqzjWwSVEA4Qr7iTENwb9VZLhM3kClIwQjEIT_47z8dYz8Uhg4K0hRFQ5j2O_yFsXc9mFXx4uxeAvq8Zx8qbBvQTJsC-CYz-H5iZdBLT7sdGPN/s1600/linee1.jpg" height="387" width="400" /></span></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;"><em>Senza Titolo</em>, pennarelli su forex, cm. 100x100, 2003</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;"></span> </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZeFqlOqnNMXVL1bG1J7y8U1_Q1f5M8jkTuuZ02Xf9RHuPndC39kL6lnKPd6ypHj9ySf-uemeNwm2y0IfREdwRt0CR3u6KwIZ9_U9NlvA6BqTkCt5D-RrA6CD2ZiQBhcOsXdWoLhalYjHC/s1600/linee2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: inherit;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZeFqlOqnNMXVL1bG1J7y8U1_Q1f5M8jkTuuZ02Xf9RHuPndC39kL6lnKPd6ypHj9ySf-uemeNwm2y0IfREdwRt0CR3u6KwIZ9_U9NlvA6BqTkCt5D-RrA6CD2ZiQBhcOsXdWoLhalYjHC/s1600/linee2.jpg" height="397" width="400" /></span></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;"><em>Senza Titolo</em>, pennarelli su forex, cm. 100x100, 2003</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: inherit;"></span> </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLlolqzWBu_V9vOqXm73LPYdcy26IAjSaI180A7CoCpw2fPlc1VRTxTgbnxHj7QRN7kquf8qS8hyViB3sb5Hfj4b7xtl_lvk_6AoRb_epsB8ao0T65GSkdn014YaujXW4Yt29UDtlIKT8t/s1600/linee3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: inherit;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLlolqzWBu_V9vOqXm73LPYdcy26IAjSaI180A7CoCpw2fPlc1VRTxTgbnxHj7QRN7kquf8qS8hyViB3sb5Hfj4b7xtl_lvk_6AoRb_epsB8ao0T65GSkdn014YaujXW4Yt29UDtlIKT8t/s1600/linee3.jpg" height="390" width="400" /></span></a></div>
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<span style="font-family: inherit;"><em>Senza Titolo</em>, pennarelli su forex, cm. 100x100, 2003</span></div>
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