SALVATORE FALCI, CONWITH
galleria Casoli-de Luca, Roma, settembre 2019
comunicato stampa
CONWITH è un gioco di parole bilingue che incarna il principio cardine della quarantennale ricerca di Falci nel campo delle arti visive: la necessità dell’altro nell’atto della creazione artistica, la con-presenza come elemento imprescindibile dell’opera d’arte.
“La sua teoria parte dal principio del non intervento diretto dell'artista nell'opera”, scrive Roberto Pinto nel 1994, nella sua introduzione all’opera dell’artista. “Studia, e mette in atto, dei progetti dove interviene solo nella fase di preparazione, in modo da non essere mai lui stesso da determinante del risultato. Questo è creato, in modo del tutto spontaneo e naturale, dalla gente comune durante lo svolgimento delle normali attività. Questo è infatti ciò che interessa all'artista: raccogliere le testimonianze del quotidiano, quei piccoli gesti apparentemente insignificanti, ma che parlano della vera natura dell'individuo, quando è libero e inconsapevole”. Per Falci è importante rendere visibile l’altro, assistere all’evento del caso, che prende vita dall’incontro indesiderato tra soggetto e oggetto. Per questo motivo, l'artista è obbligato a studiare procedimenti che, a un primo sguardo, si mostrano asettici, lontani dall’idea comune di opera d'arte. Solo in un secondo tempo, a seguito dell'intervento esterno dell’uomo, possono definirsi compiutamente Arte. Proprio questa intenzione è l’origine della ricerca condivisa con Pino Modica e Stefano Fontana, ai quali, più tardi, si aggiunge Cesare Pietroiusti, dando vita nei primi anni Ottanta, al sodalizio artistico identificato come Gruppo di Piombino. Nel 1983 progettano insieme un’opera sotto forma di indagine sull’ambiente, che analizza i rapporti tra persone e oggetti, attraverso gesti quotidiani. L’esperimento SOSTA 15 MINUTI, successivamente presentato ai Giardini della Biennale del 1984, invita i passanti a sedersi su delle sedie, nonostante queste siano al tempo stesso limite e oggetto da contemplare. Da questo momento comincia una sorta di “colloquio urbano” in cui gli artisti si immettono nel flusso della comunicazione degli abitanti della città, nei luoghi comuni di scambio sociale, registrando le risposte. Non sono i comportamenti eclatanti il perno dell’interesse di Salvatore Falci; l’artista non vuole evidenziare ciò che è straordinario, ma si concentra sull’annotazione dei comportamenti “banali”. Da questo percorso di ricerca, nel 1984 nascono gli studi sui Vetri, in cui le lastre, sovrapposte ai tavoli di uso pubblico, sono verniciate di nero e ne registrano i graffi e le usure. Nel 1986, emerge l’esigenza di introdurre nella riflessione anche gli arti inferiori: con i suoi Pavimenti, Falci non utilizza più vetro ma pedane con strati di vernice. In occasione della mostra alla galleria CASOLI • DE LUCA, l’artista ha ripensato i luoghi della sua indagine artistica, installando l’opera Pavimento Oro Liceo Lorenzo Lotto (2019) in un una scuola di Trescore e il Pavimento Argento Smerigliatura Stillegno (2019) in una fabbrica: due spazi che accolgono vite tra loro differenti e raccontano il vissuto del luogo senza volerne realizzare un recupero, cambiando il punto di vista per sperimentare nuovi esiti.
I Pavimenti sono progettati in modo da rilevare per scratching solo tracce anomale o particolarmente intese - come l’azione di strusciare, cadere o graffiare - mentre non vengono rilevate le impronte del normale camminare. Il risultato rimanda a una forma di espressionismo attivata involontariamente dal pubblico. Articolano il percorso espositivo anche le Casse di imballaggio, opere in legno, masonite e cera che costituiscono una variante dei Pavimenti: 5 elementi che nel 1988 furono utilizzati per imballare i lavori che Stefano Fontana inviò alla Biennale di Venezia. Da questa linea creativa e comportamentale, nascono i primi Letti (1988), in spugna sintetica e velluto, opere sensibili che registrano fedelmente perfino un’impronta digitale e permettono di aggiungere un’azione sopra l’altra. Installati in una discoteca, in una garçonniere e in una palestra, vengono declinati anche nella variante Puff (1989).
Per CONWITH, l’artista ha deciso di rigenerare l’Erba del Ponte di Sant’Eufemia, un lavoro presentato alla Biennale del 1990. La rigenerazione nasce dall’esigenza di coniugare le esperienze della traccia, al di là della presenza fisica in cui permane una memoria verificabile.
Questa riflessione trae origine da Ponte di Venezia (1990), nata dal desiderio di realizzare opere capaci di visualizzare il processo della disseminazione e della dispersione. Tavole di forex con una miscela di segatura e semi, ricoprono il ponte Sant’Eufemia a Venezia per 24 ore. Il composto viene disseminato e disperso dai passanti e successivamente l’artista preleva i pannelli cosi connotati, li trasferisce in una serra e li annaffia fino a quando l’erba non cresce e non realizza una visualizzazione del vissuto trascorso.
La lunga carriera di Salvatore Falci diventa punto d’osservazione privilegiato del comportamento umano: le abitudini cambiano da luogo a luogo, da popolo a popolo. L’artista comincia così ad analizzare le mutazioni di queste abitudini comuni che presenta nella video installazione Silent Communication (1998) presente in mostra a sigillo di una ricerca silenziosa e costante.L’artista promuove da sempre incontri e seminari dove cerca di coinvolgere lo spettatore per renderlo consapevole del ruolo attivo che potrebbe avere nello sviluppo delle teorie artistiche e di conseguenza nell'evoluzione della società.