Dialogo
tra Simona Antonacci e Domenico Nardone
Il
testo che segue è il frutto di un lungo scambio di e-mail intercorso
tra i due autori tra l'aprile ed il maggio del 2011. Di comune
accordo il testo viene lasciato quasi grezzo come materiale
documentario di prima mano. Una versione quasi integrale del testo è
riportata anche in Simona Antonacci, L'altra
Roma negli anni Ottanta. L'Eventualismo e il Gruppo di Piombino,
tesi di specializzazione in Storia dell'Arte, Università degli Studi
di Siena, 2011.
L'arte
è agguato e trappola, un'imboscata tesa al senso comune
che
ne mette in mora le certezze mandandole in pezzi
..
Gentile
Domenico,
grazie degli ulteriori testi, mi sono molto utili, sta
diventando più chiaro il quadro della "guerriglia" di cui
mi parlava, e ho una chiave di lettura efficace per leggere il testo
che mi ha consigliato Non
è vero (1).
Purtroppo
non riesco ad aprire il collegamento ad undo.net, a che pagina faceva
riferimento?
Come sa raccolgo tutto, quindi se avessi l'impulso di
mandare altro...non esiti!
un saluto,
Simona
Gentile
Domenico,
scusami se ti do del tu ma mi viene più naturale a
questo punto e scusa per il ritardo nella risposta ma solo oggi ho
ripreso il contatto con il computer e tutto il resto.
dunque: non
ho "L'Avanguardia di Piombino e il movimento subliminale
diffuso" , che dal titolo capisco mi sarebbe molto utile.
Ti
ringrazio per i testi, alcuni mi hanno chiarito meglio il passaggio
tra l'approccio Jartrakor e il distacco, motivato, ora mi è chiaro,
da un diverso approccio al reale: tra
l'opera inserita nel chiuso del contesto "arte", al suo
inserimento negli spazi di vita reale, motore poi dell'approccio
subliminale. Davvero interessante e utile per me per capire "dove
porta" questa avanguardia è il testo "Dall'arte
subliminale all'opposizione militante"
. Inoltre mi sono molto divertita a leggere lo scambio con la
Monferrini (2), c'è stato un seguito?
Sei stato molto gentile a
riportarmi il testo della mostra con Crispolti a Siena (3), anche
quello comunque ce l'ho già, ho il foglio orginale datomi dal
professore appena gli ho parlato del progetto di tesi.
Però è
importante per me collocarlo "storicamente" come prima
mostra pubblica in cui sono stati invitati, dunque riconosciuti
all'esterno come gruppo, quindi grazie della segnalazione.
intanto
ho sentito Modica e Fontana, che andrò a trovare a Piombino questo
fine settimana o a fine aprile, e il povero Falci, che ho
intercettato in ospedale dopo una caduta, lo ricontatterò tra
qualche giorno.
Sono molto felice di essere un elemento di
attivazione di nuove letture, spero anche di riattivazione di legami
e contatti.
Adesso, Tania, sopprimi anche il
"gentile" ed i "cordiali saluti"...
Oggi ho
incontrato la mia amica Anna Pocchiari che era la proprietaria de "Il
Desiderio preso per la coda" che esiste ancora e che poi
finanziò Alice. Lei potrebbe parlarti del clima di quegli anni ed ha
della documentazione fotografica che io non ho. Le ho parlato del
lavoro che stai facendo e sarà senz'altro disponibile. Puoi
chiamarla al locale all'ora di pranzo per prendere un appuntamento.
Se decidi di andarci, fotografa tutto e poi magari mi passi il
materiale....è anche una delle poche collezioniste che possiede un
opera di Pietroiusti..
Che
meraviglia grazie! Ci andrò molto volentieri.
Domani la chiamo
per accordarmi e andrò armata di macchinetta fotografica, vedrò di
incontrarmi con lei all'ora di pranzo o di cena.
Invece per quanto
riguarda Modica e Fontana li incontrerò sabato 30 a Piombino,
un
saluto,
simona
Mi stai facendo lavorare, ma forse ne
vale la pena. La relazione che ti mando non è mai stata pubblicata
ma, rileggendola e notando la sua data mi sono stupito da
solo...
Rileggendomi, come tu mi costringi a fare, vado scoprendo
una coerenza di pensiero che mi sorprende. Tout se tient...
grazie!! Tra l'altro Irene de Vico
Fallani la conosco , è una mia
collega, non sapevo ti avesse
intervistato!
Sto cominciando a scrivere a partire dall'esperienza
eventualista...
credo che presto ti manderò qualche domanda via
mail...
un saluto,
simona
ps. ho chiamato la Pocchiari,
andrò a trovarla in settimana!
caro domenico,
ho poi letto ieri sera il testo che mi hai inviato (4) e mi sono
venute in mente le seguenti domande, se hai voglia e tempo di
ragionarci.
Un paio più concrete, altre un po' più simili a
libere associazioni di pensieri, un po'scoordinate, scusa:
- in
che ambito è stato organizzato il convegno a Siena? da chi?
- chi
era il critico cui Andrea Lanini aveva indirizzato il segnale
stradale?
ma soprattutto, suggestionata dall'ultima parte del
testo: scrivi che la ragione profonda dell'arte va trovata nella
necessità - primaria - di sottrarsi all'esistenza automatizzata,
alla normalità.
Dunque è necessario ci sia la "norma" per poterla
scardinare con l'intervento artistico? e di conseguenza: l'arte deve
essere sempre "all'opposizione" per poter agire? e infine,
ma questo mi pare il tema cruciale che continuerò ad approfondire
attraverso i vostri scritti e forse il cuore del problema delle
avanguardie in generale: come si coniuga tutto questo con
l'intervento diffuso a livello di grande massa? può produrre - o
intende produrre - una trasformazione? l'avanguardia è destinata a
trasformarsi in kitsch nel momento in cui si confronta con la
"massa", aveva ragione il povero Greenberg?
Mi spiego
meglio: se l'intervento artistico mira a scardinare i comportamenti
stereotipati propri del vivere normalizzato e "globalizzato"(direbbe
Lombardo), ma allo stesso tempo non può esistere che ALL'OPPOSIZIONE
rispetto ad esso (perchè se diffuso diventa normalizzato e
standardizzato) allora che finalità\prospettive ha? la risposta è
forse quella dell'intervento urbano subliminale, ma che è appunto
per sua natura o non-progettuale e non verificabile, o al contrario
la risposta è già suggerita, tipo domanda retorica (es. via dello
Sfratto) (5)? o forse una risposta a questo è rappresentata
dall'atto di RICERCARE - si capisce che sto leggendo gli scritti di
Lombardo?! - ma di un ricercare sempre nuovo, cioè un continuo
cambiare il proprio intervento, stando sempreall'opposizione (il
principio della differenziazione della risposta è l'elemento che
verifica l'esistenza dell'evento, altrimenti l'evento muore, non
esiste)? è questo che prospetti alla fine del tuo intervento?
insomma l'arte di avanguardia è un continuo inseguimento dell'evento
(dunque insegue non una finalità-soluzione, ma un modello
operativo-creativo: insomma non un cosa ma un come)?
spero di
essere stata comprensibile...
(rewind)
Insomma l'arte di avanguardia è un continuo inseguimento
dell'evento (dunque insegue non una finalità-soluzione, ma un
modello operativo-creativo: insomma non un cosa ma un come?)
Il concetto dell'arte di avanguardia
come opposizione militante deriva in parte da quello di Rivoluzione
permanente di Trotzky –
intesa appunto come opposizione (storicamente si chiamerà proprio
Opposizione di Sinistra) al consolidarsi degli apparati
burocratici nel nascente stato sovietico e alla sua involuzione in
senso autoritario.
L'opposizione militante è quindi
evidentemente un modus operandi, che produce continuamente modelli
alternativi a quelli divenuti normativi dell'esistenza quotidiana, in
una sorta di ininterrotta fuga in avanti; in altre parole, per
definizione, non ha un progetto di gestione dell'ordine costituendo,
ovvero, nella tua terminologia, una finalità-soluzione.
Fermo restando che occorre comunque
distinguere tra due diversi livelli di produzione d'arte: uno,
ristretto e più propriamente euristico, in cui l'avanguardia mette a
punto ed elabora questi modelli alternativi attraverso procedure
sperimentali, l'altro, diffuso e più dilatato nel tempo, in cui
questi modelli trapassano nel corpo sociale divenendo
progressivamente cultura e pratica di massa (per quanto riguarda più
direttamente il periodo che t'interessa, puoi notare il realizzarsi
di questo fenomeno nel modo in cui le pratiche sperimentali
dell'avanguardia di Piombino si siano trasformate nella pratica delle
disordinazioni in comportamenti diffusi. A questo proposito,
Lombardo ti ha mai detto che suo figlio Giuliano è stato uno dei
leader del movimento delle disordinazioni?).
Dunque è necessario ci sia la "norma" per poterla
scardinare con l'intervento artistico? e di conseguenza: l'arte deve
essere sempre "all'opposizione" per poter agire?
La necessarietà di una norma rispetto alla quale l'arte si definisce
come scarto è anche, se non soprattutto, nella teoria di Lombardo.
Del resto non credo sia mai stato dato un contesto sociale in cui non
vigano norme...
chi era il critico cui andrea Lanini aveva indirizzato il segnale
stradale?
Il critico a cui era indirizzata la lettera di Lanini era Bruno
Mantura.
p.s. Ti allego un divertente articolo di Sandro Veronesi (6) che
all'epoca aveva appena pubblicato il suo primo romanzo e non era
ancora uno scrittore famoso. Spero ti possa essere utile a
comprendere un certo clima e il fatto che la militanza si esprimeva
allora non solo nei testi teorici ma anche negli interventi
estemporanei. Il Fulvio citato è Fulvio Abbate, scrittore e critico
d'arte allora vicino alle posizioni dell'Astrazione povera, Dario è
Dario Evola, docente all'AA.BB. di Roma e lontano parente
dell'artista.
Due invii. Il primo è ancora un intervento non pubblicato per il
convegno realizzato alla Fiera di Milano nel 1987 (7). Molto
spesso, se non ero tra i primi relatori a dover parlare, riscrivevo
anche completamente i miei interventi, come in questo caso, per
adeguarli alla situazione.Te lo mando perchè, al di là delle note
polemiche che sono comunque abbastanza frequenti nei miei interventi
pubblici e che comunque dicono del mio modo di fare critica
militante, mostra come l'avanguardia di Piombino abbia sempre avuto,
rispetto al “lombardismo” di stretta osservanza, una maggiore
attenzione al contesto internazionale, come attestato da mostre come
Storie o quella di
Guerigny, nonché dalle personali di
Pietroiusti e Modica alla galerie de Paris.
Cartoline, apparso
invece nel catalogo Generazioni a confronto, Castel S.Pietro terme
1990, te lo mando semplicemente perchè ancora oggi a distanza di
vent'anni mi sembra letterariamente riuscito
p.s. comincio a
chiederti subito..nn trovo nulla della prima mostra al "baretto",
Opening Oysters, di Marino Vismara e Terry Fox, se hai fotografato
qualcosa potresti mandarmela?
p.p.s sì, posso confermare
quanto hai colto nella conversazione con Anna, formidabili quegli
anni...
caro domenico, ti mando molto volentieri del materiale...dal mio
archivio :)
le foto sono davvero indecenti, scusa.
Ieri
sono stata a Piombino. ho conosciuto Fontana e Modica, che ti
salutano, e ho capito molte cose, molte dinamiche. e mi sono più
chiare anche le diverse personalità.
Quello che più mi
incuriosisce al momento è capire qual è il passaggio
dall'eventualismo al gruppo di Piombino. leggendo il testo di Sosta
15 minuti (8) mi sembrava ovvio che loro avessero già conosciuto il
metodo sperimentale di Lombardo, invece no! sono stata molto colpita
dalle affinità strordinarie di METODO tra i due gruppi:
-
l'approccio sperimentale
- opera come stimolo
- verifica della
ricezione
- ricerca della risposta differenziata
ma anche dalle
fondamentali differenze (correggimi se sbaglio), a parte il contesto
operativo arte\reale, soprattutto la differenza fondamentale mi
sembra l'idea teorica forte dell'avanguardia.
la sensazione che
ho avuto, che devo però verificare sui documenti, è che seppure
arrivano a esiti simili dal punto di vista dell'elaborazione
processuale dell'opera-esperimento, però alla base dei due approcci
ci sia una radicale differenza di "formazione":
Lombardo,
il vecchio grande maestro. mi ha detto:"l'avanguardia
sono io": e probabilmente è vero, quell'idea di
avanguardia con l'ideologia forte, con i riferimenti culturali e
teorici, con l'idea di progetto, insomma con la consapevolezza
dell'azione che si sta compiendo rispetto
a tutta una storia e un
sistema, non è lo stesso che c'è nel gruppo di
Piombino.
quest'ultimo ha agito con una modalità sperimentale,
ludica, svincolata dalla storia e dalla consapevolezza, almeno
all'inizio.
insomma gli esiti e gli approcci possono essere
simili, ma le "condizioni di possibilità" e il contesto
radicalmente diversi, mi sembra.
quindi mi sono chiesta
questo:
conoscevano l'eventualismo quando hanno pensato alle
sedie? No, quindi come si è arrivati agli stessi esiti senza
conoscersi? Come è stato possibile che all'improvviso a Piombino sia
nata questa forma di intervento con le stesse modalità scientifiche
e rigorose dell'eventualismo da tre "pittori" che, come mi
ha spiegato anche pino, non avevano alcuna coscienza dell'arte, nè
della teoria, almeno all'inizio?
dunque è nato
contemporaneamente da un comune sentire improvviso? non credo sia
così..
quindi ti chiedo: sei stato tu a "costruire"
questo legame?
so infatti che hai fatto un intervento a Piombino,
subito dopo aver conosciuto Modica, prima delle sedie se non sbaglio.
forse è stato questo che li ha condotti sulla strada della
sperimentazione rigorosa?
insomma come è nato nel gruppo dei tre
pittori, non formati artisticamente nella provincia toscana, il
metodo "forte" che c'è già nelle sedie?
Innanzitutto grazie per il materiale che mi hai mandato.
Credo che queste due citazioni, tra le
quali intercorrono venticinque anni, contengano la risposta alle tue
domande. La dichiarazione preposta al catalogo di SQM da me e dalla
De Dominicis mi sembra abbastanza chiara ed esplicativa del nostro
apporto alla genesi dell'opera.
Il rivoluzionario di professione
esprime invece la figura che è in grado di aggregare forze
disparate attorno ad un progetto unitario, è il coagulo che
catalizza la formazione dell'avanguardia.
Io non sono stato nè un
critico nè uno storico nè un teorico dell'arte, se sono stato
qualcosa sono stato un rivoluzionario di professione....(D.Nardone,
Montescaglioso)
Da tempo abbiamo trasferito il nostro lavoro di critici
militanti all'interno del processo di produzione dell'arte, anziché
relegarlo in un tempo ad essa postumo. Le nostre argomentazioni
teoriche e critiche danno e prendono vita dalla pratica sperimentale
da cui a volte, come nel caso di SOSTA QUINDICI MINUTI, non possono
essere essere estrapolate. Per questo abbiamo rinunciato a scrivere
una 'presentazione critica' che non avrebbe avuto ai nostri occhi
alcun significato.
- Ma è una presentazione anche questa!
- Almeno è breve.
(D.De Dominicis e D.Nardone, in cat. Sosta Quindici Minuti)
Credo poi che la differenza tra me e
Lombardo non sia tanto nell'avere una ideologia più o meno forte (se
metti in fila tutti i miei scritti teorici non credo che ne risulti
un impianto ideologico meno forte del suo) quanto il fatto che lui
dell'avanguardia - come evidente da una dichiarazione del tipo
“l'avanguardia sono io” - ne ha fatto una mistica, io invece una
pratica rivoluzionaria...:))
p.s.
La rottura teorica con Lombardo è già presente in "Prolegomeni
ad un allargamento del campo d'osservazione in arte", in cat."
Antonio Lombardi: Quattro Lavori" che credo di averti dato.
Grazie per le utili sollecitazioni, in effetti la tua figura si
sta decisamente chiarendo all'interno di tutto il contesto, proprio
come catalizzatore, attivatore, in qualche modo produttore e mente
del progetto unitario, e con una impostazione teorica assolutamente
forte e strutturata, e assolutamente non meno di Lombardo. Per questo
mi chiedevo, non avendolo all'inizio capito, come potesse essere nata
tra i tre artisti di Piombino Fontana Falci Modica una così
raffinata e strutturata teoria d'intervento in quel contesto isolato:
la loro teoria unitaria di intervento nello spazio urbano si forma
quando arriva il TUO intervento, è così?
ho qualche difficoltà
a ricostruire i fatti, mi puoi confermare?
- i tre artisti-amici
si incontrano a Piombino, fanno qualche mostra pittorica (ritmo,
vibrazioni, colori).
- nell'estate del 1983 decidono, sullo spunto
di una riflessione condivisa nel corso di un viaggio in macchina, di
lavorare con interventi nello spazio urbano.
- intanto Modica ti
incontra a Roma e ti invita a tenere una conferenza a Piombino.
qui
mi perdo un attimo: la tua conferenza a Piombino precede o segue il
loro intervento SQM a Popolunia? so che non lo hanno progettato con
te, ma che te lo hanno presentato successivamente, però già erano
influenzati dalla tua linea teorica? oppure no?
Carissima
Simona
Le difficoltà di cui tu parli sono
quelle che qualunque storico incontra quando si accinge a studiare lo
stato nascente di un movimento. Non è facile distinguere ed isolare
l'apporto dei singoli in una situazione che è per definizione fluida
ed in rapido divenire.
Di certo posso dirti di non aver
assolutamente partecipato direttamente alla fase ideativa e alla
progettazione di SQM ma di aver piuttosto contribuito vigorosamente,
assieme a Daniela De Dominicis ed Antonio Lombardi, alla sua critica
in un processo dialettico che ne determinò la formalizzazione
espositiva.
“E'
significativo, per altro, che la critica di regime, quando costretta
suo malgrado a prendere in considerazione l'esperienza del gruppo di
Piombino, l' accosti ad esempio a quella di gruppi come il Group
material o
le Guerrilla
girls - con
i quali, come mi capitato è di leggere lo scorso hanno nel catalogo
della mostra dedicata a Le
tribù dell'arte (Spazi
espositivi ex Fabbrica Peroni, Roma 2001) ,
a
cui ovviamente né il Gruppo di Piombino né quello delle
Disordinazioni erano stati invitati - condividerebbe a suo dire la
caratteristica di firmare le opere collettivamente, caratteristica
che, nella storia del gruppo, si riscontra viceversa esclusivamente
in Sosta
Quindici Minuti
del 1984, ovverosia la loro opera prima.” (D.Nardone, L'arte
come trasformazione della pratica sociale: l'opposizione militante,
Relazione al convegno L'altro
da sè alterità e differenza nella ricerca artistica contenporanea,
Fondazione Adriano Olivetti, Roma 3-4 giugno 2002)
Come
spesso avviene, quanto usato dall'avversario per screditarti, coglie
un fondo di verità. In effetti, se riferita alla sola SQM,
l'asserzione di Bonito Oliva appare veritiera. SQM è infatti una
sorta di manifesto, una dichiarazione di paradigma che reca in calce
la firma di tutti coloro che in un modo o nell'altro vi hanno
contribuito.
Ti
chiedo, per essere più esplicito, t'imbarcheresti in una analisi del
manifesto della pittura futurista che pretendesse distinguere quale
frase abbia voluto inserirvi Balla e quale Boccioni? Faresti ad
entrambi la domanda “quanto ha contribuito il manifesto di
Marinetti ad imprimere una svolta alla vostra ricerca?”
"Come
te butta?", direbbe mia figlia...
Ti mando un articolo che
dovrebbe chiarirti come accanto al gruppo di Piombino sia esistita
anche un'area di Piombino, rappresentata da artisti che hanno fatto
lavori "piombinesi" magari solo occasionalmente (nè più
nè meno di come esistono quadri futuristi di Rosai...). Ti segnalo
anche, se non lo conosci, il sito http://www.salvatorefalci.com/
che mi sembra abbastanza ben fatto.
Good luck
caro domenico,
mi butta discretamente, lunedì
dovrei incontrare Crispolti! grazie del materiale, sto cercando di
capire quali fossero i presupposti, sia di Jartrakor che di
Piombino, quindi se hai della "bibliografia" specifica
(cioè quello che leggevi, le tue teorie di riferimento) manda pure.
per il momento sto mettendo in relazione Jartrakor con Opera Aperta,
la scuola di Palo Alto, e la teoria della complessità, Morin, . per
i piombinesi, comunque, mi sembra più attinente de Certeau (
diciamo rifeirmento prima Magritte:lo svelamento del reale, poi
situazionismo, poi scuola post strutturalista, Deleuze, Foucault?).
per quanto riguarda la tradizione dell'intervento di disordinazione
o interferenza non ho grossi rifeirmenti teorici. insomma se vuoi
raccontarmi meglio cosa leggevi ne sarò felice!
un saluto,
simona
Opera aperta di Umberto Eco ovviamente
l'avevo letto, opere come le Aste o i Punti extra di Lombardo sono
infatti molto legate al concetto di opera aperta formulato da
Eco. Come anche avevo letto Foucault, Storia della follia e
Watzlawick lo conoscevo ma non ricordo mi entusiasmasse troppo.
Considero invece testi importanti per la mia formazione d'allora:
- S. Freud, Scritti sull'arte
(soprattutto gli studi su Leonardo e sul Mosè di Michelangelo e il
saggio su Il perturbante), Psicopatologia della vita quotidiana, Il
motto di Spirito, Analisi terminabile e analisi interminabile (che
avvicina il concetto di rivoluzione permanente di Trotzky)
-
A.Schwarz, La sposa messa a nudo in Duchamp, anche- G.Deleuze e
F.Guattari, L'Antiedipo
- E.Migliorini, Conceptual Art
- F.
Menna, La linea analitica dell'arte moderna
- J. Lacan, Seminario
sulla Lettera rubata
nel determinare la formulazione del
modus operandi “piombinese” e l'abbandono di quello lombardesco
fu fondamentale la lettura di questi testi:
- K.Popper,
Logica della scoperta scientifica
- T.Kuhn, Storia delle
rivoluzioni scientifiche
- P. Feyerabend, Contro il metodo
-
un'antologia di ricerche maturate nel campo della nascente
antropologia urbana che non trovo più...
i riferimenti più
appropriati per lo sviluppo del concetto di arte come opposizione
militante sono invece:
- H.Marcuse, L'uomo a una
dimensione
- Mario Perniola, La società dei simulacri
- Guy
Debord, La società dello spettacolo
- Naomi Klein, No logo
-
M. Verges, Strategia del processo politico
- T. Negri, Il dominio
e il sabotaggio: sul metodo marxista della trasformazione sociale.
La teoria della morte dell'arte di
Argan come il concetto di rivoluzione permanente di Trotzky o quello
di Habermas di modernità come progetto incompiuto a cui pure la mia
teoria dell'arte è debitrice non riesco a ricondurli ad un unico
testo.
Ovviamente ho scritto questa nota a
braccio, e sicuramente ho dimenticato qualcosa di fondamentale.
Spero di esserti
stao d'aiuto anche se mi chiedi di "stendermi sul tavolo
anatomico e tirare fuori le budella" (H.Miller, Tropico del
Cancro), leggevo anche questo...
caro domenico,
grazie
motlissime per esserti sottoposto a questa operazione chirurgica!!
questi riferimenti che mi dai mi risultano
FONDAMENTALI!! ho proprio la necessità di capire il significato
profondo (sembra un'po' l'analisi iconologica di Panofsky, diciamo
l'indagine del terzo livello), individuare le "condizioni di
possibilità" per lo sviluppo e le trasformazioni di quegli
anni...sarebbe interessante in un'ipotesi di dottorato, andare a
confrontare i riferimenti teorici dei gruppi "sommersi" con
queli dei gruppi ufficiali...!
mi aspettavo anche Michel de Certau
(l'invenzione del quotidiano), ma suppongo fosse un testo che
riprendeva alcune teorie già formulate.
comunque grazie davvero,
mi aspetta una bella giornata di ricerche!
un saluto,
simona
Dissento drasticamente dal sentirmi
parte del “sommerso”. Mi sono seduto al tavolo, ho giocato ed ho
perso, è una cosa diversa.
“Sommerso” è colui il quale non
si è mai potuto sedere al tavolo...
Ricorda che nella sezione
Aperto (la stessa utilizzata da Bonito Oliva dieci anni prima
per lanciare la Transavanguardia internazionale) della Biennale di
Venezia del 1990, furono invitati Pietroiusti, Falci e Modica e
Fontana fu escluso solo per essere già stato invitato nell'edizione
precedente, eravamo ben altro che “sommersi”...
Ed è vero che
il Potere ha la possibilità di cancellare e riscrivere continuamente
la versione ufficiale della storia (dalle damnatio memoriae
fino ai roghi dei libri del nazismo o alla pratica del delate/rewrite
immaginata da Orwell) ma mai definitivamente e del tutto.
In Farenhait 451, Bradbury
ipotizza che il Potere proibisca del tutto l'esistenza dei libri
considerando l'arte e la cultura strutturalmente ad esso
antagoniste. L'opposizione si organizza e nascono gli uomini-libro,
ogni militante impara un classico a memoria....
quindi
domenico ti senti insomma come Montag? tu senti la necessità di una
riscoperta da parte della critica di quel momento oppure no? ma
soprattutto perchè pensi di aver perso, rispetto a cosa?
grazie,
le tue riflessioni innescano sempre nuove domande!
Le utopie negative (preferisco questo
termine a quello di distopie), le profezie di una evoluzione
dell'organizzazione sociale in senso totalitario e totalizzante che,
pur in diversi contesti socioculturali esprimono Bradbury, H.G. Wells
(La macchina del tempo), Orwell (1984), Huxley (Il mondo nuovo) e
Zamjatin (Noi!) ma la serie potrebbe continuare includendo Kafka ed
altri, fanno sicuramente parte del backround della teoria dell'arte
come opposizione militante. Tra l'altro Romolo Runcini, sociologo
della letteratura e autore del saggio “I cavalieri della paura”
che tratta proprio di queste utopie negative tenne una conferenza a
Jartrakor negli anni in cui ero lì.
Mi verrebbe da dire che in tutti i
romanzi citati la rivolta del protagonista, il suo tentativo di
reindividualizzare il proprio vissuto vengono sistematicamente
frustrati e battuti. Come se la disfatta di cui tu hai parlato per
prima fosse in qualche modo già scritta nel nostro destino....
caro
domenico,
visto
che sei così disponibile ti sottopongo qualche altra perplessità
che ho, soprattutto, al momento, rispetto alla teoria eventualista.
ti va di darmi un tuo parere?
La teoria eventualista apre a
diverse problematiche connesse, innanzitutto, alla natura dell’opera
e alla sua definizione. Se l’opera è costituita dall’evento, e
se gli oggetti di produzione e di documentazione non sono altro che
degli strumenti ne consegue che:
-
le opere-oggetto presentate sono tutti elementi di documentazione , e
l’autore di tali oggetti non corrisponde necessariamente al
protagonista (possiamo chiamarlo autore?) dell’opera-evento.
-
Viene dunque negata la figura dell’autore? Possiamo parlare di un
autore preterintenzionale,
cioè l’individuo in cui l’evento si manifesta?
mi
viene in mente la tua opera in arte eventiuale (9): l'autore chi è?
esiste ancora? sei tu che hai prodotto involontariamente, o Lombardo
che ha documentato?
-
L’evento non può essere presente in un oggetto. Quest'ultimo può
essere al massimo testimonianza del suo avvenimento o strumento della
sua attivazione.
-
se l’opera è l’evento allora, indipendentemente da chi l’ha
innescato (in genere quello che definiamo l’artista), la sua natura
è immateriale
in quanto l’evento creativo avviene nella mente dell’individuo,
ed è costituito dal processo mentale creativo ed imprevisto che è
innescato. Dunque l’evento può essere definito sempre come un
processo?
(rewind)
caro
domenico, visto che sei così disponibile ti sottopongo qualche altra
perplessità che ho, soprattutto, al momento, rispetto alla teoria
eventualista. ti va di darmi un tuo parere?
La teoria eventualista
apre a diverse problematiche connesse, innanzitutto, alla natura
dell’opera e alla sua definizione. Se l’opera è costituita
dall’evento, e se gli oggetti di produzione e di documentazione non
sono altro che degli strumenti ne consegue che:
-
le opere-oggetto presentate sono tutti elementi di documentazione , e
l’autore di tali oggetti non corrisponde necessariamente al
protagonista (possiamo chiamarlo autore?) dell’opera-evento.
-
Viene dunque negata la figura dell’autore? Possiamo parlare di un
autore preterintenzionale,
cioè l’individuo in cui l’evento si manifesta?
In questa chiave ho parlato di autori
vari ed involontari, la prima volta sicuramente nel caso del
cortometraggio girato dal Rilevatore estetico di Modica, e di
espressionismo involontario. Devo dire che la tua definizione di
autore preterintenzionale e quindi di espressionismo
preterintenzionale l'ho trovata folgorante. Mi sembra infatti più
appropriata al concetto che entrambi cerchiamo di definire.
(L'espressionismo preterintenzionale del gruppo di Piombino mi sembra
anche un bellissimo titolo)
mi
viene in mente la tua opera in arte eventuale: l'autore chi è?
esiste ancora? sei tu che hai prodotto involontariamente, o Lombardo
che ha documentato?
Credo che il
titolo da me dato a quest'opera contenga la risposta che cerchi:
“Io non sono qui né tantomeno desidero
che si parli di me in questa sede”...
-
L’evento non può essere presente in un oggetto. quest'ultimo può
essere al massimo testimonianza del suo avvenimento o strumento della
sua attivazione.
-
se l’opera è l’evento allora, indipendentemente da chi l’ha
innescato (in genere quello che definiamo l’artista), la sua natura
è immateriale
in quanto l’evento creativo avviene nella mente dell’individuo,
ed è costituito dal processo mentale creativo ed imprevisto che è
innescato. Dunque l’evento può essere definito sempre come un
processo?
Non esattamente. L'evento è un momento
di culmine del processo, più esattamente il suo punto di catastrofe,
quando nell' individuo avviene una riorganizzazione percettiva,
quando la zucca di Cenerentola si trasforma in carrozza sotto i suoi
piedi.
p.s e se la mia disponibilità non
fosse altro che il tentativo di passare il testimone?
caro domenico,
grazie per queste
ricche lezioni di critica. devo in effetti dire che l'occasione della
tesi e delle conversazioni
con te mi ha portato, di nuovo, a constatare che, almeno alla mia
generazione, mancano proprio dei maestri in questo senso, che ci
facciano porre domande sul critico e sul suo senso, sulle sue
"dinamiche", o meglio sulla sua posizione. o meglio, non è
che non ci siano, è che è difficile vedere questa critica in atto,
è difficile entrare concretamente ed esperenzialmente nelle sue
dinamiche, invece tu mi hai dato l'occasione di farlo e spero che
questo possa essere per me lo spunto per lo sviluppo di un diverso
modello di approccio alla produzione artistica contemporanea, è un
campo che mi piacerebbe esplorare. mi rendo conto, d'altra parte, che
la posizione "implicata" è molto difficile da portare
avanti, bisogna avere una preparazione immensa, dunque probabilmente
prima bisogna diventare eccellenti storici per poter arrivare
all'attivazione critica del presente.
stavo proprio pensando che
questa diventerà una tesi di critica d'arte.. sarebbe davvero
interessante appofondire in questo senso (magari nel
dottorato...)!
altra domanda:perchè usi il termine
"espressionismo" per i piombinesi? non creatività? è
perchè l'espressionismo implica un'implicazione soggettiva più
forte?
In
parte è per la ragione da te indicata, giacchè, come abbiamo visto
insieme, la reindividuazione dei vissuti, la maieutica della loro
singolarità ed una sorta di riscatto catartico dell'individuo-massa
rappresentano un'istanza primaria della teoria dell'arte di Piombino.
In parte è per una connotazione più specificamente aristica che il
termine espressionismo storicamente ha – nel suo rimandare ad
esempio all'espressionismo astratto i cui risultati formali
presentano spesso un'assonanza con quelli piombinesi anche se, nella
pratica piombinese, questi appaiono rinvigoriti e corroborati da un
più alto grado di autenticità.
Per il resto, sono io a dover
ringraziare te per essere stata capace di darmi lo stimolo a
rimettere ordine in questa “cronaca di una disfatta”..era
qualcosa che ancora dovevo a quel “giovane con la sciarpa”...
La rivoluzione non è un pranzo di gala
né un ballo di debuttanti ed il rivoluzionario di professione
indossa male gli abiti del
maestro...più consoni a chi si atteggia a “guru”
dell'avanguardia...
Sul frontespizio della mia tesi di
laurea campeggiava questa citazione di R.D. Laing:
“ Il giorno stesso della laurea, uno
psichiatra deve cominciare a dimenticare tutto quanto ha
necessariamente dovuto studiare”.
Credo valga la stessa cosa per un
critico d'arte: lo studio della storia è una conditio sine qua
non ma, una volta assorbito, va in qualche modo messo da parte, è
formativo e necessario e preliminare ma se si trasforma in punto di
vista totalizzante non può che fiancheggiare le repliche accademiche
a cui il Potere costantemente vuole ridurre l'arte.
è vero la storia va superata,
altrimenti non ha senso essere qui..
grazie!
Sto rimontando e ripulendo il nostro
carteggio. E' assurdo. Ci siamo incontrati una sola volta e abbiamo
praticamente scritto a due mani un saggio di teoria dell'arte di una
solidità impressionante. Quando avrò finito questo lavoro e potrai
leggerlo come testo completo ti cadrà dalle mani...ed è di questo
che dovremmo occuparci adesso di come questa forma di comunicazione
cambia i rapporti interpersonali, riduce le distanze, apre nuovi
scenari. Laddove il Potere alza il livello di surveillance -
può vederci con l'occhio dei satelliti, localizzarci con la cella a
cui si aggancia il nostro cellulare, seguire le tracce lasciate dai
nostri prelevamenti bancomat o dalle nostre carte di credito, etc. -
l'opposizione militante mostra di poter rovesciare la rete immaginata
da Orwell nel suo contrario, da strumento di controllo in
amplificatore della rivolta (la primavera araba ha usato i social
networks per estendersi e diffondersi). Qui è la nuova frontiera, il
nuovo bordo sul cui filo l'arte lancia ancora la sua eterna sfida
all'ordine costituito: "Io non so dirvi come debba essere fatta
un'opera d'arte, so solo dirvi come non deve essere fatta"...
caro domenico,
anche io ho
riflettuto molto su questo aspetto, da un punto di vista forse più
semiologico. il "filtro" ha creato una nuova realtà, molto
meno virtuale e più concreta dell'altra. non riesco, ad esempio,
immaginare questi discorsi che in questa modalità, in questo spazio
scritto, con questi limiti, modi e ritmi, capaci di attivare un
meccanismo che ha creato domande che possono non avere risposta, e
risposte venute fuori senza la domanda.
in questo senso questo
modello comunicativo è davvero, profondamente eventuale, implica uno
stimolo creativo e possiede una componente generativa nuova. forse è
la "comunicazione" che vince sul mezzo, che supera le
restrizioni teoriche che gli abbiamo voluto attribuire nel tempo. la
rete costrittiva dell'email è in realtà nuovo stimolo, da cui
nasce, che contiene lo stimolo, come ogni costizione, contiene in sè
il germe per il suo superamento, il seme da cui nasce la rivoluzione
, che poi è una forma di creatività...
questo modo di comunicare
ha un'identità che è propria e questi contenuti non potrebbero
essere nati in modo diverso. certo non in un incontro, non ci sarebbe
il tempo di elaborare i pensieri..l'email permette di far sedimentare
il pensiero, e poi concentrarlo in uno scritto, che va prima in
bozze, poi si modifica..permette di rileggere e di rileggersi,
insomma propone un modo di attivare il proprio pensiero e il proprio
ascolto che altre forme di comunicazione non hanno... a questo
proposito stavo in realtà proprio pensando, se lo trovi opportuno e
se sei d'accordo, di inserire nella mia tesi tra le interviste
proprio questo scambio di email. però stavo pensando di non
"formattarlo" troppo, perchè vorrei potesse essere letto
mantenendo proprio l'autenticità della modalità con cui è nato e
si è sviluppato, insomma in quel caso come materiale grezzo, che ne
pensi?
“Amo tutto ciò
che scorre, anche il flusso mestruale che si trascina
via le uova
infecondate” (H.Miller, I Tropici)
Condivido praticamente
tutto quello che hai scritto nell'ultima tua, tranne forse l'ultima
parte a proposito degli errori di battitura (sono in effetti solo
quelli che sto correggendo). E' vero che sono gli equivalenti degli
errori di campitura nelle “biro” di Boetti o nei momocromi di
Lombardo, ed in quanto tali esprimono anch'essi una creatività
involontaria e producono microfratture nell'ordine del linguaggio,
non sono però del tutto daccordo nel presentare un testo teorico
come un testo d'arte, credo tu comprenda cosa intendo..ma puoi
convincermi del contrario...
Nel frattempo guardati anche questo e
dimmi cosa ne pensi:
Cesare Pietroiusti, Pensiero Unico,
Castel S.Pietro, 2003
http://www.youtube.com/watch?v=glK3CyhyYCg
caro
domenico,
vado per punti:
- il video di Pietroiusti lo
conoscevo, lo avevo visto in occasione di una sua presentazione, con
il suo commento. quel video mi diede vari spunti di riflessione.
metafora del mondo contemporaneo.
1.la posizione dell'artista: è
all'interno, in uno spazio altro da quello della vita, ma allo stesso
tempo in vetrina, e soprattutto a un certo punto DEVE smettere, a un
certo punto un po' di preoccupazione per i giovani neofascisti fuori
o il più concreto sfinimento fisico, però si deve tornare
nell'ordine del reale.
2. naturalmente l'aspetto della sparizione,
anzi DISATTIVAZIONE del senso, l'oblio del senso e dell'ideologia che
si obnubila con la ripetizione, per un verso, ma per l'altro capaci
ancora di attivare una reazione, nel bene o nel male (dunque forse un
senso-contenuto esiste ancora nel fondo delle parole?). cosa rimane
del sensi", del credo nella società della ripetizione o del
bombardamento mediatico? i contenuti sono davvero sempre disattivati
dal sistema o questa disattivazione ne crea di nuovi?
- il
testo mi sembra perfetto. l'ho rivedrò con più calma, ma mi
convince molto questo approccio, mi pare giustissimo. in effetti non
ero convinta neanche io. pensavo volessi trasformarlo in un testo
critico unitario e scorrevole, ma mantenuto così mi sembra perfetto.
molto d'accordo sull'evitare la deriva artistica. (hai fatto bene a
fare un po' di correzioni sono una produttrice di errori di livello
industriale!)
- ho portato a Crispolti il primo sostanzioso
capitolo sull'eventualismo, lo abbiamo visto insieme e mi sembra sia
stato molto soddisfatto dell'impostazione (però poi vorrò avere il
giudizio anche di chi ha vissuto sulla pelle l'esperienza). la buona
notizia è che dovrei riuscire a laurearmi a luglio, il posto da
correlatore è già preso, dal prof bignardi ;))
sto lavorando
al secondo capitolo sui piombinesi, poi il confronto tra i due...devo
confessare una cosa importante: mi sto divertendo, e questo è
fondamentale!
"posso fare qualsiasi cosa, ma non troppo a
lungo", frase di Giacinto Scelsi, è il mio motto...ogni evento
in me, di qualsiasi tipo, perchè sono davvero curiosa di tutto, ha
sempre un grande effetto "motivatore"...ma anche la
saturazione non stenta a cogliermi..invece, nonostante i tempi
stretti e la fatica di scrivere una tesi, non ho avuto momenti di
noia, insomma l'argomento continua ad essere è assolutamente
stimolante...e ti dirò che questo è importante per me anche a
livello di scelte personali.
nei prossimi giorni ti manderò
qualcuna delle solite domande
saluti
p.s sai
cosa ho scoperto? che “preterintenzionale”
lo usa già Barilli quando parla del gruppo di Piombino!!!
sicuramente lo avevo letto e lo ho poi rimosso, ma è rimasto in modo
subliminale nella mia testa..confermata dunque l'efficacia del
termine :)
«Forse
il fenomeno che nel modo più caratterizzante ha dato il via a un
simile clima di “rompete le righe”, concedetevi tutto quel che vi
pare, praticate il saccheggio delle risorse ambientali, mentali,
psicologiche, sentimentali con la massima disponibilità, si è
costituito attorno a un quartetto di artisti sorti per la maggior
parte in uno di quei centri minori di cui è prodiga la realtà
socioculturale del nostro paese. Il riferimento è alla cosidetta
Scuola di Piombino, nata intorno alla metà degli anni ottanta con
tre personaggi che proprio nella piccola località avevano fatto i
primi passi … Questo, si potrebbe dire, il fine generale che i
quattro si sono dati: andare a sorprendere la piccola poesia
preterintenzionale nascente dai comportamenti di massa» (Renato
Barilli, Storia dell'Arte contemporanea in Italia, Bollati
Boringhieri, 2007, pag. 254)
Siamo in due..questo testo lo conoscevo
ma non ricordavo che avesse utilizzato questo aggettivo..in effetti
un termine assume valore anche in funzione della connotazione che il
contesto gli da'. A parte la farneticazione della premessa, nella
frase finale, che è invece abbastanza centrata, la connotazione
crepuscolare della locuzione “piccola poesia” non mi aveva
evidentemente fatto cogliere la pregnanza del termine a differenza di
quando lo hai usato tu.
Note:
1) E.De Falchi, Non è vero!,
ediz. Odradek, Roma 1998
2) Allude all'articolo di Augusta
Monferrini, L'arte d'ingannare, apparso su L'Espresso, del 23
marzo 1985 e alla risposta di D.Nardone in catalogo L'arte
d'ingannare, ediz. Il Prisma, Siena 1985)
3) Una nuovissima generazione
nell'arte italiana, a cura di E.Crispolti, Fortezza medicea,
Siena 1985.
4) D.Nardone, Relazione al convegno“L'Arte d'ingannare”, Istituto di Estetica, Università degli Studi, Siena 1986
5) Allude a questo passo:
Un paio di mesi fa, passeggiando per le
strade di Roma, sollevando lo sguardo notai una targa stradale su cui
era scritto Piazza degli Sfratti di Trastevere. La targa, dal mio
punto di osservazione, sembrava identica in tutto e per tutto a
quelle normalmente in uso a Roma.
Solo avvicinandomi notevolmente scoprii
che la targa in questione, anziché essere di marmo, era di
polistirolo. A questo punto la riconobbi come falsa e guardandomi
attorno potei identificare, in una posizione molto più defilata, la
targa che recava il vero nome della piazza.
Successivamente notai anche come la
targa falsa fosse collocata sul muro di un palazzo occupato e potei
comprendere come questa singolare iniziativa s'integrasse nel quadro
delle lotte intraprese da un locale comitato per la casa.
Per meglio cogliere il grado di
raffinatezza presente nella messa a punto di questa targa – che, a
buon diritto possiamo considerare alla stregua di un oggetto di
stimolo – è opportuno aggiungere che, a Roma, Piazza delle
Fratte di Trastevere esiste realmente.
E' chiaro infatti come, la possibilità
di sfruttare questa assonanza, aumenti il grado di congruenza al
contesto di questo manufatto, grado di congruenza che, come sappiamo,
permette all'oggetto di superare la diffidenza del pubblico e,
successivamente, di espletare la sua funzione di stimolo.
Credo che a nessuno di voi, ad ogni
modo, sfugga l'esistenza di una certa affinità tra le procedure
utilizzate da questo comitato di lotta per la casa e quelle seguite
dagli esperimenti estetici di cui si è parlato sin'ora. Ci sono
tuttavia delle differenze: il comitato di lotta per la casa, per
certi versi, ha fatto con la sua targa dell'arte applicata, perchè
si è servito di questa procedura per divulgare un messaggio
determinato – nella fattispecie di protesta contro gli sfratti - e
per indurre nel pubblico una reazione predeterminata, l'eventuale
sostegno o adesione alla lotta.
L'arte, viceversa, a livello di ricerca
si distingue dall'arte applicata proprio per l'assenza di finalità
così precise e prevedibili, esprimendo essenzialmente la tensione
puramente euristica del ricercatore.
(da D.Nardone, Relazione al convegno L'Arte d'ingannare, Istituto di Estetica, Università degli
studi di Siena, maggio 1986).
6) S.Veronesi, Zero in pantera,
Il Manifesto, 18 febbraio 1990.
7) D.Nardone, Relazione per il convegno “Il nuovo sistema dell'arte”, Internazionale d'arte
contemporanea , Milano 26-28 maggio 1987.
8) Falci, Fontana e Modica, Sosta Quindici Minuti, Edizioni Lascala, Roma 1984
9) D. Nardone, Io
non sono qui né tantomeno desidero essere nominato in questa sede,
biro su carta, scarabocchi involontari raccolti da Sergio Lombardo ed
esposti, a firma e con il consenso dell'autore, per la prima volta
nella mostra Arte Eventuale, galleria Cenobio-Visualità Milano
1981.