Mambor aveva tracciato i rulli sul soffitto del locale
L'esperienza “ufficiale” di Renato
Mambor come pittore dura all'incirca un decennio. Ha inizio nel 1959
(collettiva alla galleria Appia, Roma) e termina nei primi anni
settanta, quando l'artista decide di chiudere i conti con la pittura
per dedicarsi esclusivamente e completamente al teatro (nascita del
Gruppo Trousse).
Nell'ambito di questo particolare
quanto isolato itinerario di ricerca,i Rulli rappresentano, a
tutti gli effetti, il fulcro attorno a cui l'esperienza dell'artista
compie una rotazione di centoottanta gradi. E' infatti attraverso i
rulli che il lavoro di Mambor esce definitivamente dalla
problematica della pittura ed entra in quella dell'azione e del
teatro.
I momenti salienti di questo processo
di spostamento possono essere così ricostruiti:
1968 – Galleria dell'Ariete, Milano. Espone per la prima volta, col titolo di Itinerari, alcune tele realizzate impiegando i rulli per finta tappezzeria.
1968 – Dipinge con i rulli una parete della sala superiore della galleria La Bertesca di Genova. In questa occasione firma anche delle gouache realizzate da persone a cui vengono affidati i rulli.
In una lettera aperta al critico Nanni
Cagnone, apparsa nel luglio del 1968 sulla rivista Pallone,
scrive: “La tappezzeria è lo stereotipo che ci avvolge la vita. Mi
sono messo a fare il decoratore non per bene, che fa uno sgarbo al
suo lavoro uccidendone l'inevitabilità. Riferendomi alla mostra
dell'Ariete voglio dirti che il box ne è il limite simbolico, mentre
il vero limite è il supporto che traspone la parete sulla tela. Io
non voglio che l'itinerario diventi un oggetto soggetto a vendita,
che nasca nel farlo e muoia nel darlo per buono. I suoi limiti sono
diventati nel frattempo i limiti stessi della pittura”.
1972 – Galleria del Naviglio, Milano. Presenta nuovamente gli Itinerari. Stavolta accanto ai quadri sono esposti anche i rulli utilizzati per eseguirli. La mostra è inoltre accompagnata da un catalogo che riproduce, in tutto e per tutto, quelli usati in commercio per pubblicizzare le “macchinette a rullare”.
1982 – Nell'ambito della manifestazione Censimento Teatrale (Roma), presenta con il Gruppo Trousse gli Itinerari interni – alcuni rulli vengono messi a disposizione del pubblico perché possa lasciare delle tracce sulle pareti del teatro – e quelli esterni – due macchine traccialinee vengono affidate a due operatori specializzati perché traccino delle linee sull'asfalto a loro piacimento.
Renato Mambor, Itinerari, 1968
Questa ricostruzione mette in rilievo
tutta la duplicità di valenza dei Rulli di Mambor, vera e
propria ricerca di confine che, se da una parte affonda le proprie
radici nella fissità del quadro, da cui prende le mosse e che quasi
immediatamente riconosce come limite, dall'altra estende le proprie
ramificazioni verso la dinamica dell'azione e del comportamento.
I quadri realizzati con i rulli, in
questa chiave, presentano un aspetto sintomatico in quel loro
apparire superfici slabbrate e incapaci di contenere il segno
dell'artista (il rullo dà sempre l'impressione di attraversare la
tela con una certa noncuranza, come se si trattasse del brevissimo
segmento di un percorso molto più lungo e interessante).
L'artista, già in queste tele, mostra
di non essere interessato tanto alla produzione di oggetti estetici
fine a se stessi, quanto a proporre una deviazione dell'oggetto
comune dai binari della sua utilizzazione convenzionale e
stereotipata (mi sono messo a fare il decoratore non per bene, che
fa uno sgarbo al suo lavoro uccidendone l'inevitabilità).
Deviazione che, a ben vedere, cessa di essere virtuale e diviene
reale solo nel momento in cui l'oggetto abbandona la posizione –
fondamentalmente di stallo – del ready-made (oggetto sottratto
all'uso e sottoposto a contemplazione) e rientra nel circuito
dell'uso.
E' infatti consegnando al pubblico i
rulli perché se ne serva come meglio crede o affidando le macchine
traccialinee agli operatori con l'istruzione di tracciare le linee
come vogliono che Mambor, reintegrando l'oggetto nella realtà
dell'uso, permette ad esso di sviluppare le nuove potenzialità di
cui l'ha arricchito.
Ed è proprio questa visione dell'arte
come qualcosa di strettamente correlato alla fenomenologia del
quotidiano, nel cui ambito agisce ricaricando d'aura gli
oggetti, rivoluzionandone la nostra percezione e i rapporti che con
essi intratteniamo abitualmente, a fare dei Rulli un'opera
straordinariamente attuale.
Domenico Nardone
*Il testo è parzialmente riprodotto anche in Renato Mambor, L'idea del rullo, Tracce su carta dal '68 ad oggi, Ed. Soligo Art Project, 2001
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