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lunedì 15 marzo 2021

Giulia de Santis, Il Gruppo di Piombino e l’arte relazionale dagli anni sessanta ad oggi, tesi di diploma, Accademia Albertina di Belle Arti Torino, 2021.

Giulia de Santis, Il Gruppo di Piombino e l’arte relazionale dagli anni sessanta ad oggi, tesi di diploma, Accademia Albertina di Belle Arti, Torino, 2021.

                                                                  Introduzione 

Con l’elaborazione della tesi dal titolo Il Gruppo di Piombino e l’arte relazionale dagli anni sessanta ad oggi si è voluto esaminare, approfondire e valorizzare l’esperienza del Gruppo dalla metà degli anni Ottanta fino agli inizi anni Novanta, permettendomi di ripensare a come sono riusciti, in maniera soddisfacente, a ragionare sui problemi legati alla realtà che li circondava. L’esperienza piombinese fu il risultato della convergenza di due contesti operativi: il Gruppo 5 a Piombino e il critico d’arte Domenico Nardone a Roma, affacciatosi dapprima al Centro di Studi Jartrakor, fondato da Sergio Lombardo, per poi - necessitando di portare la sperimentazione artistica fuori dai luoghi deputati all’arte, in spazi in cui le convenzioni d’uso e di contemplazione stereotipata dell’oggetto non possano inibire i comportamenti individuali – allontanarsi dal Gruppo di Jartrakor e fondare la galleria Lascala a Roma nel 1983. Nell’elaborato di tesi si vuole inoltre ricostruire un ante e un post Gruppo di Piombino, analizzando gli esordi dell’arte pubblica in Italia nei decenni Sessanta e Settanta con i modelli delle prime mostre e happening nello spazio urbano, come Parole sui muri (1967-1968), Arte Povera + azioni Povere (1968), Al di là della pittura (1969), Campo urbano. Interventi estetici nella dimensione collettiva urbana (1969) ed infine Volterra ’73 (1973). Ho trattato delle posizioni militanti tra arte e politica che animarono gli anni Settanta e della stagione dei collettivi, tutti formatici per condivisione di ideali politici: Il Collettivo Autonomo di Porta Ticinese, Gli Ambulanti, Il Gruppo Salerno 75 e il Laboratorio di Comunicazione Militante. Questi risultarono i gruppi più attivi, la cui volontà comune fu di riesaminare le logiche dell’autorialità, di dare sostanza alla parola società, di estendere la creatività ad una collettività chiaramente identificata nei soggetti sociali, di criticare la cultura istituzionale e di inventarsi luoghi alternativi di produzione (1). Dall’esperienza di Maria Lai ad Ulassai nel 1981 con Legarsi alla montagna venne rimesso in gioco l’assunto del coinvolgimento attivo di un pubblico percepito come “soggetto”, dopo la transizione spartiacque incarnata dalla crisi di ideologie e dai vari ritorni alla pittura ed al privato (2); compaiono riscritture dei nessi tra artista, pubblico e contesti territoriali. Queste esperienze “relazionali” – di cui fanno parte la sopracitata Maria Lai, il Gruppo di Piombino e Wurmkos - possono essere considerate dei “ponti” che traghettano dagli anni Settanta agli anni Novanta, nei quali avviene la diffusione di pratiche relazionali ed urbane, con personalità come Umbaca, Progetto Casina, Premiata Ditta, Artway of Thinking, Emilio Fantin, Eva Marisaldi, Cesare Viel, Marco Vaglieri, Annalisa Cattani, Marianne Heier, Nicola Pellegrini, Ottonella Mocellin, il gruppo Stalker, la curatela del collettivo a.titolo e molti altri. Si ridesta l’interesse per lo spazio cittadino in concomitanza con i cambiamenti sociopolitici su scala nazionale ed internazionale e si ritrovano affinità e discontinuità con le esperienze degli anni Sessanta e Settanta. L’elaborazione arriva fino agli anni più recenti in cui vi è un “ritorno” di azioni partecipative ed urbane (3). Ho voluto procedere per ordine cronologico per poter osservare i mutamenti in base alle esigenze storiche, attraverso i passaggi generazionali degli artisti, focalizzandomi su alcuni casi studio scelti in base alla loro rilevanza storica. Ho reperito diverso materiale fotografico messo a disposizione da diversi autori citati nell’elaborato, ringraziando in particolar modo Salvatore Falci, Stefano Fontana, Pino Modica, Cesare Pietroiusti e Domenico Nardone nella ricostruzione della loro esperienza piombinese. 

Note
(1) Alessandra Pioselli, L’arte nello spazio urbano. L’esperienza italiana dal 1968 ad oggi, Johan & Levi editore, 2015, p 59
(2) Alessandra Pioselli, Arte e scena urbana. Modelli di intervento e politiche culturali pubbliche in Italia tra il 1968 e il 1981, in L’arte pubblica nello spazio urbano, a cura di Carlo Birrozzi e Martina Pugliese, Bruno Mondadori, 2007, p.31 
(3) Alessandra Pioselli, L’arte nello spazio urbano. L’esperienza italiana dal 1968 ad oggi, Johan & Levi editore, 2015

                                                 SOMMARIO

INTRODUZIONE..........................................................................4

CAPITOLO I...................................................................................7

1.2 Modelli di mostre e di happening nello spazio urbano...............10

1.3 La militanza tra arte e politica: la stagione dei collettivi............23

CAPITOLO II..................................................................................37

2.2 Non c’è arte senza politica: Maria Lai, Legarsi alla montagna..39

2.3 Le esperienze del Gruppo di Piombino.......................................44

CAPITOLO III................................................................................81

3.2 Gli esordi di Wurmkos................................................................82

3.3 Relazioni, deambulazioni ed identità nella città postindustriale.85

CONCLUSIONE.............................................................................112

BIBLIOGRAFIA.............................................................................114

SITOGRAFIA..................................................................................116

APPENDICE....................................................................................117


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