Cesare Pietroiusti
galleria Vivita 1, Firenze, 1990
Cesare Pietroiusti, Finestre, stampa fotografica su alluminio, 1990
Cesare Pietroiusti ha aperto delle nuove finestre nella galleria Vivita 1. Queste aperture sono grandi fotografie attaccate alle pareti che mostrano esattamente quello che si vedrebbe in quel punto al di là del muro. Le grandi stanze della galleria - che visito vuota – mi rimandano ad altre stanze , altrettanto vuote ed algide.
Il desiderio è quello di distogliere lo sguardo prima di essere scoperti mentre osserviamo, di nascosto, queste scene deserte. Di allontanarci prima di essere colti sul fatto mentre esaminiamo i vestiti appesi alla rinfusa nell'atelier della stilista , o ci sporgiamo da una scala per vedere chi arriva, o ci affacciamo su di un lungo e lucido corridoio. Siamo guardoni.
Set cinematografico abbandonato, ha suggerito Domenico Nardone. Al set di un film pornografico ho pensato davanti all'inquadratura di una stanza allestita secondo i dettami del perbenismo più esasperato: finta pelle, quadri dozzinali, portaceneri di cristallo, appena puliti ma ancora odorosi, tappeti simil-persiano a colori vivaci. Un set predisposto che attende i suoi attori, dove da un momento all'altro sarà dato il via.
Pietroiusti nel suo lavoro si sofferma sulle relazioni tra uomini e cose non della natura – ha scritto – ma della cultura. I suoi lavori precedenti erano oggetti fotografici, erano cose comuni alterate dall'uso. Ora, sempre attraverso l'uso della fotografia, la sua attenzione si sposta verso un luogo che diventa oggetto e dove sono gli sguardi, mai inconsapevoli, a spiegarne l'uso e segnarne lo spazio.
(Maria Luisa Frisa, in Flash Art n.155, 1990, pag.138)
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