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martedì 12 luglio 2011

Stefano Fontana, 40.518, galleria Vivita 1, Firenze 1990

40.518
Stefano Fontana

galleria Vivita 1, Firenze, febbraio-marzo 1990

Stefano Fontana ha affisso per le vie di Piombino un manifesto che riproduceva un suo ritratto a mezzo busto. Come quelli in cui i cantanti di provincia pubblicizzano le loro serate. Come quelli in cui i politici senza fama cercano almeno di divulgare un'immagine sana e rassicurante di se stessi. Strani ritratti questi, falsi e artificiali come il sorriso degli imbonitori e lievemente malinconici, anche. Con quel bianco e nero e quel retino grossolano che sanno di roba fatta in casa e alla buona.
Sotto il ritratto i manifesti recavano stampigliato un numero di telefono a cui rispondeva una voce registrata che ripeteva: "Risponde il numero 40.518 Lasciare un messaggio dopo il segnale acustico.
A noi rimangono i manifesti deturpati dalle caricature e coperti di commenti, spesso d'improperi; i messaggi raccolti dalla segreteria telefonica; gli strani accostamenti involontariamente realizzati dagli attacchini comunali, resi nella mostra da alcune gigantografie documentarie.
Campagna pubblicitaria e segreteria telefonica, strutture portanti del villaggio globale, inserite e messe in funzione dall'artista nel vivo di un villaggio reale, in cui realmente quasi tutti si conoscono almeno di vista, si riconoscono e quando s'incontrano si salutano.
L'opera di Fontana è tutta nello stridore vibrante di questo contrasto, nell'assurdo cortocircuito dei commenti, pareri e messaggi che s'intrecciano e si aggrovigliano sullo scenario allestito dall'artista come in una beffa.
Come in una farsa.
E come in questa e in quella viene il sospetto che laddove fa uno scherzo, è nascosto un problema.
(Domenico Nardone, comunicato stampa della mostra)


   Stefano Fontana fece stampare un manifesto che riproduceva la sua immagine a mezzo busto. Un ritratto banale in bianco e nero con un mezzo sorriso, lo sguardo fermo ma sperso a guardare un altrove denso di significati, la camicia aperta a mostrare la catenina e, stampato in basso, un numero. Che era un numero telefonico a cui rispondeva una voce registrata che recitava: “ Risponde il nuero 40.518. Lasciare un messaggio dopo il segnale acustico”. Questi manifesti furono affissi per le strade di Piombino e dentro alcune scuole. Il caso volle che l'attacchino a volte mettesse questo manifesto accanto a un messaggio politico in modo che il ritratto somigliasse a quello di un politico in cerca di voti, oppure che altre volte lo sistemasse in successione ossessiva fino a farlo associare a quello di un cantante da balera che reclamizza le sue serate, o ancora forse a quello di un santone, cartomante, o chiromante, in cerca di clienti.

Stefano Fontana e interventi anonimi, 40.518

Ma certamente queste, per tutti quelli che vedevano questa immagine così intrigante, erano solamente ipotesi. Per chi voleva una risposta c'era solamente quel numero telefonico, al quale rispondeva solo una segreteria meccanica che non offriva chiarimenti. Anzi chiedeva parole.
In galleri l'artista riporta la curiosità e l'interesse che quell'immagine aveva scatenato nella gente. Infatti la maggioranza delle voci che ora noi ascoltiamo dai registratori sistemati in una delle stanze della galleria esprime insieme a commenti più o meno benevoli un interrogativo insistente: “Ma chi sei?”. E buona parte dei manifesti ora attaccati in galleria, segnati dalle solite frasi e da disegni osceni, recano scritto ancora: “Chi sei?”.

Fontana si diverte a provocare e a mettere in difficoltà la gente. Come quando in maniera disarmante afferma: “Io sono un genio”. Le su azioni entrano in collisione con il tranquillo paesaggio che circonda ciascuno. Immettono un elemento straniante, perturbante, mentre lui si diverte a osservare cosa succede.
(Maria Luisa Frisa in Flash Art n.156, 1990)

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