Cesare Pietroiusti
Lascala c/o Il Desiderio preso per la coda, Roma, 1987
Cesare Pietroiusti, N Titoli, veduta dell'istallazione, 1987
Cesare Pietroiusti nel febbraio del 1987 espone a Lascala c\o, anche se l’inserimento del suo lavoro tra quello dei Piombinesi avverrà qualche mese dopo a Milano.
A Il desiderio Pietroiusti presenta i risultati di un esperimento condotto proprio negli spazi del bar-galleria, N Titoli. Qui l’artista installa per 15 giorni 6 tavolini ricoperti da tovaglie, cambiate ogni giorno e ideate dall’artista con elementi decorativi che rimandano ad elementi presenti nell’ambiente stesso (lampade, irregolarità dell’intonaco, ecc.).Le tovaglie vengono poste sul tavolino per raccogliere disegni e scritte realizzate dai visitatori, che hanno a disposizione pennarelli colorati ( rosso, blu, verde e nero) posti in contenitori affissi alle pareti.
L’esperimento si divide in due fasi: nella prima sono presenti soltanto le tovaglie bianche, nella seconda le tovaglie elaborate nei primi sette giorni vengono appese alle pareti come veri e propri quadri. Obiettivo di questa suddivisione è valutare il cambiamento in termini di spontaneità nel momento in cui si è consapevoli del progetto di esposizione della tovaglia e dunque sull’inibizione della spontaneità dell’intervento in relazione alla riconoscimento di un valore artistico dell’operazione in atto. Pietroiusti prosegue qui l’indagine, già avviata negli anni di Jartrakor, sulle modificazioni comportamentali e psicologiche dello spettatore.
Cesare Pietroiusti, Tovaglia N Titoli, pennarelli su carta, diam 60 cm, 1987
Nell’opera l’elemento centrale è la “situazione mentale del soggetto”, in una poetica delle trasformazioni minime invisibili. Pietroiusti lavora sulla differenza tra l’atteggiamento consapevole e quello involontario, individuando e giocando proprio su quella sottile linea di confine, quello spazio della differenza che agisce sulla situazione mentale dello spettatore.
Questo intervento segna inoltre un momento importante nel processo di apertura al quotidiano e al reale che porta Pietroiusti sempre più vicino ai Piombinesi. Merito di questo intervento è l’aver utilizzato i locali della galleria, luogo pubblico, come spazio di sperimentazione. La galleria non è più uno luogo della decontestualizzazione (spazio fisico in cui le opere vengono portate, diverso da quello in cui sono state prodotte) ma è spazio concettuale in cui l’intervento allo stesso tempo si progetta, si attua, si espone.
da Simona Antonacci, L'altra Roma negli anni ottanta. L'Eventualismo e il Gruppo di Piombino, un confronto, tesi di specializzazione in Storia dell'Arte, Università degli studi, Siena 2011, pagg. 95-96
Nessun commento:
Posta un commento