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giovedì 30 giugno 2011

Roberto Galeotti, Lo Savio campione, Lo Savio c'è, 1994-1995

Roberto Galeotti
Lo Savio campione, Lo Savio c'è

Roma, 1994-1995

 
La mia disordinazione è consistita nel détournement di alcune scritte murali, più precisamente nel modificare il soggetto della frase, qualunque esso fosse, in artistico. Soggetto delle frasi "sviate" era sempre Francesco Lo Savio (artista dell'avanguardia degli anni Sessanta) del quale erano particolarmente funzionali la brevità e perentorietà del cognome e il fatto di essere perlopiù sconosciuto. In diversi quartieri romani sono stati realizzate, con spray e vernici di diverso colore, un numero imprecisato di scritte di contenuto e dimensioni variabili. (da R. Galeotti, Lo Savio Campione, Lo Savio c'è, in Bollettino DisordinAzioni n.1, ottobre 1994-gennaio 1995).


La scritta murale mi aveva sempre incuriosito perché si trattava di un tipo di comunicazione nella quale lo scrivente era confrontato con una situazione limite le cui condizioni - massima efficacia comunicativa, estrema velocità d’esecuzione - erano abbastanza ben definite. Il rischio che la sintesi sconfinasse nel criptico non poteva però essere escluso: per uno interessato all’inferenza un campo d’indagine quasi-ideale. Oggi purtroppo questa pratica è un po’ in disuso, il graffitismo ha reso un po’ desueta questa forma e ormai è raro vedere scritto da qualche parte “Forza Juve” o slogan politici. Mi chiedevo come potesse funzionare una cosa del genere rispetto all’arte, ovvero se modificando i soggetti di quelle frasi, ma anche agendo sulla loro consuetudinarietà, si poteva determinare il corto-circuito del “progetto” comunicativo giacente dietro una scritta murale. Pensai al nome di Francesco Lo Savio, figura decisamente poco nota a confronto dell’importanza storica della sua opera. Trovavo che fosse un nome calzante, più di altri. Quindi feci una campionatura delle scritte esistenti e le détournai inserendo il soggetto Lo Savio in luogo di “Roma”, “Lazio”, etc.. Una volta ebbi un divertente scambio con Domenico Nardone. Lui, da bravo Piombinese, mi rimproverava di non aver documentato questa azione; io, da bravo scettico, replicavo che documentare “la scritta” era da feticisti e che l’essenza di quel lavoro, se c’era, non poteva essere documentata: era così, prendere o lasciare. Che è poi quello che scrissi a conclusione di questa esperienza e che mi motivò a non proseguire quel tipo di ricerca.
Ad ogni modo gli indicai un luogo a Trastevere dove (forse) avrebbe potuto trovarne una e lui fece la fotografia ad un “Lo Savio Campione!”. Un’altra foto, anch’essa scattata da un’altro/a, ha avuto gli onori della cronaca, o il disonore perché si trattava di un opuscolo sul vandalismo grafico a cura del Comune. Ma il più rilevante esito relazionale fu quello che documentai nei pressi di Porta Pia. Si tratta di un quartiere tradizionalmente di destra. In deroga al progetto che prevedeva che si scrivessero solo alcune frasi e solo quelle, vergammo Camerata Lo Savio: Presente!, uno standard della letteratura murale fascista. Meno di quarantotto ore dopo la scritta era sparita, resa illeggibile, cancellata.
Questo secondo me è il risultato più importante di quell’esperimento, l’unica testimonianza del fatto che qualcuno aveva capito che qualcun altro stava cercando di inflazionare un determinato repertorio gergale. I ragazzi di destra avevano concluso che Lo Savio non era un camerata da celebrare, che la scritta poteva dare luogo a pericolosi fraintendimenti e quindi la cancellarono.
È l’unico caso del genere, perché tutte le altre scritte o sono ancora lì, o sono state ripulite, o coperte dai lavori di rifacimento delle facciate. Diciamo che la retorica di destra si presta abbastanza bene a questo tipo di détournement perché è molto aulica, ma anche involontariamente buffa nel suo voler essere asciutta, marziale. “Lo Savio Mit Uns” è quasi poetico! Invece i ragazzi di sinistra sono sempre stati un po’ più beceri, le solite stupidaggini come “+ case – chiese”.
(conversazione con Roberto Galeotti riportata in Eric De Paoli, L'Arte relazionale e la coscienza, tesi di diploma, Accademia di Belle Arti di Brera, Milano, Anno accademico 2012-213, pagg. 229-231)




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