Le opere presentate in questa mostra dall'artista sono essenzialmente delle lastre quadrate di stagno disposte verticalmente grazie ad una semplice struttura in ferro che sorregge ognuna di esse.
Questi oggetti erano stati precedentemente portati nelle officine di una fabbrica e segnalate agli operai come “oggetti-ricevitori”. L'operaio infatti, munito di fiamma ossidrica, era libero di intervenire a suo piacimento sul foglio di piombo, creando buchi (il piombo è un metallo molto morbido usato infatti nelle saldature), colature e grumi di materia.
Si tratta allora di una situazione ben precisa: lo stimolo è fornito dall'artista e il compito eseguito dall'operaio (magari nei momenti di pausa-mensa). Come dire, uno scontro in vitro tra la non-funzionalità per antonomasia dell'artista, e la produttività contestuale dell'operaio; una frizione interessante, ma che presenta qualche contraddizione. L'opera infatti, come risultato di quel contattodiventa il luogo in cui il flusso vitale non selezionato si blocca in “opera”, ma che a questo punto sembra risolversi in pure esibizione “informale”.
Anche l'operaio avverte chiaramente che le goccioline di piombo fuso sono “estetiche”, e così il gioco non è più spontaneo. Si sente nell'aria un pericolo immediato di bellezza manierata.
(Miriam Mirolla in Flash Art n. 160, 1991, pag.105)
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