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lunedì 27 giugno 2011

Verso una antropologia dell'arte, 2000

VERSO UN'ANTROPOLOGIA DELL'ARTE
di Domenico Nardone

pubblicato in NEXT, n.48, autunno-inverno 2000, pagg. 57-59




1.0. Le Silent communications di Salvatore Falci e gli Interni di Pino Modica, opere  presentate dagli autori in due recenti mostre personali (1), rivelano degli elementi di affinità e di continuità rispetto alle ricerche da loro precedentemente svolte nell'ambito della cosiddetta Scuola di Piombino, tali da farci considerare ancora fertile la matrice teorica sottintesa da questo termine. Entrambe le opere denunciano inoltre delle innovazioni rispetto al modus operandi conosciuto di tale scuola assolutamente di non secondaria importanza, la cui investigazione, svolta in questa sede, mostra una per molti aspetti imprevista vitalità e produttività della suddetta matrice. 

1.1. Le Silent communications sono state concepite e realizzate da Salvatore Falci sul finire del 1998 (2), durante il suo soggiorno in Australia come borsista presso lo IASKA.
Come apprendiamo dalle pagine del suo diario di lavoro (3) - che, descrivendo dettagliatamente la gestazione dell'opera, rappresenta una lettura in qualche modo necessaria per la sua piena  comprensione - gli abitanti della cittadina di Kellerberrin, teatro dell'azione, si suddividono in due comunità:  quella di origine anglosassone e quella aborigena, che condividono lo stesso sfondo urbano, separandosi rigorosamente nelle pratiche e nei rituali sociali.
Le Silent communications nascono direttamente da questa osservazione partecipante dell'artista (...ero l'unico bianco e sentivo addosso tutta la responsabilità di questa dimensione, ero seduto da solo ad un tavolo con una birra e nessuno sembrava curarsi di me nonostante continuassi a guardarli cercando il loro sguardo... allora ho abbandonato lo sguardo e ho aspettato e dopo un po' due persone si sono avvicinate chiedendomi una sigaretta e offrendomi una birra.) (4), traducendo in opera il suo desiderio di infrangere la barriera che separa le due comunità aprendo dei canali di comunicazione.
Per aggirare i problemi linguistici connessi alla comunicazione verbale (il loro linguaggio ha con l'inglese solo una lontana somiglianza) (5) Falci ha allestito un setting imperniato su quella non verbale: a coppie d'individui appartenenti alle due diverse comunità è stato richiesto di sedere l'uno di fronte all'altro e di guardarsi ininterrottamente negli occhi per un tempo di tre minuti. La videoistallazione riproduce visivamente questo setting, evidenziando le comunicazioni non verbali che intercorrono tra le coppie di volta in volta riprese.
La continuità di Silent communications con le precedenti opere di Falci (Pavimenti, Tavoli, Erbe, etc.)è  riscontrabile nell'attenzione posta all'espressionismo involontario insito nella nostra gestualità quotidiana.
Nella  sua  ricerca  subentrano  nondimeno  due importanti aspetti innovativi. Il primo è che le tracce di questa attività involontaria non provengono più da soggetti del tutto inconsapevoli - chi incideva camminandoci sopra i pavimenti predisposti da Falci ignorava completamente di stare realizzando un "quadro" - ma da persone pienamente coscienti di essere riprese dalle telecamere. Le riprese mostrano tuttavia la quasi inesistenza di comportamenti indotti, sia per la forte intensità emotiva dell'esperienza in cui le persone vengono coinvolte ( provate a guardare qualcuno fisso  negli  occhi per tre minuti: il tempo sembra non passare mai!), sia per la difficoltà oggettiva di tenere sotto controllo la mimica facciale (il tic nervoso non è altro che l'esasperazione evidente di automatismi da cui quasi nessuno esente).
Il secondo elemento innovativo viene invece ad essere costituito dal substrato di relazioni umane e dalla dinamica sociale intrecciate e innescate dallo svolgersi  del progetto in seno alla comunità e che, oltre a vedere direttamente coinvolta e partecipante la figura stessa dell'artista, entra a pieno titolo a far parte dell'opera.
In Silent communications, nondimeno, questo approccio relazionale non svapora in quell'"assenza d'opera", tanto cara alle sue formulazioni più integraliste e in cui Foucault individuava le radici stesse della malattia mentale (6), ma si condensa piuttosto in una corporeità e in una "presenza d'opera" che moltiplica rimandi e capacità d'incidenza.

1.2. Nel 1985, in occasione dei suoi esordi come artista, Pino Modica realizzò un video della durata di circa 7-8 minuti e intitolato Rilevazioni estetiche (7).
Una domenica, l'artista aveva installato nel prato antistante la torre di Pisa uno strumento da lui concepito che apparentemente sembrava atto a misurarne il grado d'inclinazione. In realtà lo strumento celava al suo interno una telecamera che veniva attivata   da un interruttore a campo elettromagnetico ogni qual volta qualcuno accostava l'occhio all'oculare. Il video Rilevazioni estetiche non era altro che il prodotto della giustapposizione di una serie di riprese effettuate da 'operatori' casuali e del tutto inconsapevoli di quanto stavano facendo.   
Nel 1998, per la realizzazione dell'opera Interni, l'artista è tornato a girare dei video. Ad alcuni nuclei familiari è stato chiesto di ospitare per un periodo di quindici giorni, nelle proprie abitazioni e nella stanza da essi indicata come  maggiormente 'vissuta', una telecamera fissa racchiusa all'interno di un contenitore di plastica. L'attivazione della telecamera - del cui meccanismo di funzionamento gli ospiti non venivano messi al corrente - era regolata da un sensore che avviava riprese della durata di dieci secondi ogni qual volta i rumori ambientali superavano una certa soglia d'intensità. Nella pratica, questo meccanismo di attivazione ha dimostrato una certa autonomia dal parametro sopradescritto, incrementando ulteriormente il carattere a random delle riprese.
Secondo queste modalità sono stati realizzati tre cortometraggi - tanti quanti i nuclei familiari che hanno accettato di ospitare la telecamera - che risultano dal sommarsi automatico delle brevi sequenze di dieci secondi. Tutto il girato è  presentato integralmente, senza operare tagli o manipolazioni  di alcun genere in sede di montaggio.

Nonostante la piena consapevolezza che gli ospiti avevano di poter essere ripresi dalla telecamera, l'incidenza di comportamenti coatti appare in forme molto circoscritte e facilmente identificabili (ad es. una sequenza in cui si vedono due persone di fronte alla telecamera interrogarsi a vicenda sul suo funzionamento). Una rapida rimozione della consapevolezza è legata in parte al fatto che i soggetti vengono ripresi in seno alla rassicurante intimità del proprio ambiente familiare (8) ed in parte alla impossibilità di mantenere un pieno controllo della coscienza sulle proprie azioni ventiquattr'ore su ventiquattro.
Da Rilevazioni estetiche a Interni la ricerca in seno alla sfera del quotidiano dei cosiddetti "comportamenti estetici" - intesi come ridondanze rispetto alla mera economia esecutiva di un compito quale ad esempio apparecchiare la tavola -  evolve verso scenari più complessi di quelli consentiti dalla sia pur problematica interazione con uno strumento apparentemente atto a misurare il grado d'inclinazione della Torre di Pisa. Nel caso di  Interni, l'artista rinuncia del tutto ad introdurre nel reale un qualsivoglia oggetto capace d'indurre comportamenti estetici, limitandosi a rilevare quelli che spontaneamente si manifestano nella ripetizione, solo apparentemente sempre uguale a se stessa, dei nostri rituali quotidiani.

1.3. La manifestazione di comportamenti estetici, secondo l'accezione datane al paragrafo precedente, nella ripetizione delle nostre azioni quotidiane (dal guardarsi negli occhi al rigovernare la cucina) definisce quindi il campo d'indagine che Silent communications e Interni mostrano di condividere.
Entrambe le opere rivelano inoltre il superamento di un assunto quasi dogmatico per la Scuola di Piombino: quello relativo ad una supposta necessarietà d'inconsapevolezza da parte degli autori materiali delle tracce d'espressione che entrano a far parte delle opere, al fine di garantirne l'autenticità. E' da notare che gli accorgimenti impiegati nei due progetti per annullare il potenziale condizionamento esercitato dalla consapevolezza di essere ripresi appaiono, almeno in parte, l'uno l'antitesi dell'altro.
Se infatti, nel caso di Silent communications, è  soprattutto la forte intensità emotiva dell'esperienza di guardare un'altra persona fisso negli occhi a contrastare il condizionamento implicato da tale consapevolezza, nel caso di Interni, è proprio la bassa intensità emotiva implicata dall'esperienza di ripetizione dei  gesti quotidiani a svolgere lo stesso effetto di contrasto.
In entrambi i casi, infine, gli artisti sgombrano del tutto la scena dell'opera dalla presenza equivoca di manufatti - quali potevano essere il Rilevatore estetico o i Pavimenti - a cui possa essere conferito in extremis lo statuto classico di oggetti d'arte. Le dinamiche psichiche e sociali innescate dallo svolgersi di questi progetti nella realtà, che tendono a protrarsi ben al di là del loro compimento, li configurano piuttosto come un nuovo agit prop. A questo modus operandi appartiene infatti la scia di trasformazioni che, come lumache, questi progetti lasciano dietro di sé nell'ambiente in cui si sono svolti. Nello stesso tempo, l'agglutinazione degli eventi che hanno avuto luogo, la loro circoscrizione nell'ambito di un prodotto finito - sia esso la videoistallazione  nel suo insieme o anche il semplice video - per quanto riluttante a subire un processo di mercificazione, ne consentono la persistenza all'interno del sistema dell'arte costituito, annullandone la reazione ad excludendum.
Silent communications e Interni appaiono quindi come opere processuali che 'fissano', senza per questo interromperne il corso, alcune fasi del processo in prodotti stabili.


Note:
 
(1) Salvatore Falci, Silent communications, Studio Casoli, Milano settembre 2000 e Pino Modica, Interni, S.Marco alla Scala, Siena settembre 2000
(2) Un'altra versione di Silent communications è stata realizzata da Falci a Roma agli inizi del 2000, in occasione della mostra Casa Supino, a cura di D.Nardone e M.Rossi Lecce, Roma febbraio 2000. In questo caso le coppie sono state formate dagli individui che costituivano il microambiente sociale degli abitanti e dei frequentatori abituali della casa in questione.  
(3) S.Falci, Effetto Boomerang, Milano 2000.
(4) S.Falci, op.cit.
(5) S.Falci, op.cit.
(6) Cfr. M.Foucault, La follia, l'assenza d'opera in Storia della follia nell'etclassica, Rizzoli Milano 1977, pagg.626-636.
(7) Cfr. P. Modica, Rilevatore estetico, Ediz. Lascala, Roma 1985.
(8) Non altrettanto si può dire del format televisivo The Big Brother, in cui i volontari vengono ripresi per un periodo di tre mesi all'interno di un contesto socioambientale precedentemente a loro del tutto sconosciuto ed artificialmente precostituito. Senza contare il condizionamento incombente esercitato dalle regole del gioco ad eliminazione.

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